MESSINA. Dal “coprifuoco” alla libertà vigilata. Dopo la lunga battaglia contro Governo e Regione per chiedere misure più restrittive, e un mese e mezzo di provvedimenti draconiani, tutte più restrittive in confronto a quanto imposto da Roma e Palermo il sindaco di Messina Cateno De Luca passa nel giro di due giorni all'”apriamo tutto”, seppure con molti accorgimenti.

Distributori automatici di mascherine e dispencer per la sanificazione della mani obbligatori in ogni locale commerciale, un database con i dati delle attività economiche per gestire le prenotazioni, bagni chimici fuori dai locali, utilizzo gratuito del suolo pubblico, un’app per disciplinare le attività commerciali e “libertà vigilata”. Sono alcune delle proposte avanzate daDe Luca per gestire la “Fase 2” in città dopo l’emanazione del decreto nazionale del Premier Conte che ha destato parecchi malumori fra commercianti e politici.

Il primo cittadino ha annunciato una specifica ordinanza che verrà poi inviata al Prefetto, “in modo da scongiurare che scoppi la rivoluzione in tutto il Meridione, perché essere trattati così, come carne da porco non è giusto”.

«Non sono disponibile a essere trattato così, né da Conte né da Musumeci. Se serve, sono pronto anche a rischiare di essere dichiarato decaduto  dalla carica di Sindaco, ma comunque, visto che non lo fa Musumeci, chiederò a Conte di rimangiarsi la porcheria che ha servito agli italiani il 26 di Aprile, non differenziando le misure per le varie regioni, in relazione soprattutto a quelle del meridione. Questa guerra non è finita, se ci rilassiamo, il virus ci ammazza. Con il buon senso saremo noi a prevalere», commenta De Luca, che in una lunga nota ha espresso le sue opinioni sulle disposizioni che entreranno in vigore a partire dal prossimo 4 maggio.

«Il nuovo provvedimento governativo – scrive – ha fatto scalpore perché è figlio del vorrei ma non posso, grazie a una decisione non presa. Proprio in relazione a questo, noi del Comune di Messina abbiamo invece deciso di decidere, perché non è pensabile continuare così, senza coraggio e senza tenere conto delle necessità oggettive riguardo agli elementi che consentono un’apertura seppure in libertà vigilata. A Conte dico che non ci stiamo. Non accetto il Dpcm entrato in vigore con queste scadenze scriteriate. Certo, non basta dire non sono d’accordo. Bisogna anche motivare il perché. Cosa farei io se fossi nei panni del presidente Giuseppe Conte alla luce di quello che si è verificato in Italia? Parto dalle precondizioni per ripartire, ovvero prendere atto della diffusione epidemiologica su tutto il territorio nazionale – il 70% è concentrato su quattro regioni del Nord. C’è una chiara distinzione territoriale che deve essere presa in considerazione.  Quindi, alla luce di ciò, occorrono norme restrittive al centro-nord (in particolare Lombardia e Piemonte) e più flessibili per le regioni del sud, in cui il contagio è sotto la media nazionale, stabilendo comunque il criterio di libertà vigilata.  In seguito – continua il primo cittadino –  darei mandato a ogni regione e comune di definire il dettaglio amministrativo di tali norme generali, stabilendo a monte i principi dispositivi, fermo restando che le macro aree sono definite. Altro punto che toccherei è la data di ripartenza. Darei una data certa agli italiani, affinché tutte le attività commerciali seguano dei protocolli di adeguamenti strutturali propedeutici alla riapertura. Andiamo nel dettaglio. Per le zone del centro-nord c’è da fare un chiarimento. Lì il sistema imprenditoriale ha continuato a lavorare in deroga, al contrario del meridione in cui tutte le attività principali si sono fermate. Il meridione e la Sicilia, fatta di Pmi hanno chiuso perché non avevano la possibilità di lavorare in deroga. Ecco perché parlo di chiarezza nello stabilire le condizioni: questo è mancato nel nuovo dpcm. Se infatti fossi io il Presidente del Consiglio autorizzerei i Sindaci a fare accordi con i commercianti affinché non solo sia dato gratuitamente il suolo pubblico ma consentirei anche l’istallazione di bagni chimici uomo/donna in modo tale che si possano garantire le condizioni igienico-sanitarie, in deroga alle norme previste dai regolamenti. Darei quindi questo potere ai sindaci, non per 15 giorni, ma per un arco temporale ben preciso e più dilatato: sino al 31 ottobre».

«Se fossi il presidente del Consiglio – prosegue –  farei una norma per i comuni, ovvero tutti quelli che hanno la possibilità di sostenere le riduzioni o meglio le esenzioni di tutti i tributi locali lo possono fare, anche subito. Cosa che adesso non può essere fatto perché manca una norma dispositiva che ci svincola dalla possibile contestazione di danno erariale. Farei un bel decreto legge che va in deroga a tutta una serie di norme – comprese quelle per gli Enti locali – che quindi agevola l’iter burocratico e tributario. Altra cosa che farei per tutto il meridione è: si apre tutto a condizione che sia istituito un database nel quale inseriamo tutti i dati delle attività economiche, grazie al quale introduciamo disciplina, anche con il sistema delle prenotazioni. In base ai limiti che ogni attività dispone, si potrà stabilire quante persone possono prenotare contemporaneamente, pur garantendo le distanze di sicurezza. Chiunque vuole riaprire la propria attività può farlo a queste condizioni. Per gli esercenti che trasgrediscono si corre il rischio di sospensione dell’attività. Quindi le prenotazioni diventano una precauzione imprescindibile per la ripartenza. Le mascherine per me devono essere obbligatorie, specie nel momento in cui si entra in luoghi chiusi. Per tale motivo imporrei dei distributori automatici all’interno delle attività commerciali, che permettano il rilascio di mascherine al costo di 50 centesimi, nella considerazione che è stata abbattuta l’Iva. Così come permetterei l’introduzione obbligatoria del dispenser in ogni locale commerciale, per permettere la sanificazione della mani. Certo, occorre il tempo per organizzarsi, ma avremmo il tempo per ripartire tutti: bar, pasticcerie, ristoranti, centri bellezza, barbieri, abbigliamento, cimiteri, chiese, tutti. Il principio è quello delle entrate contingentate, con orari prestabiliti e proporzionate alle superfici dei locali, per evitare assembramenti ingiustificati. Qualora per la prenotazione non ci sia posto, il richiedente avrà la priorità per la volta successiva. Dunque protocolli specifici che comunque garantiscano le aperture, avendo chiaro in mente che per un periodo preciso queste saranno le precondizioni per continuare a lavorare, ma almeno si avvia la macchina economica attualmente ingolfata».

Dopo Conte, a finire nel mirino del sindaco è il Governatore Nello Musumeci: «Rammento che se sto avanzando tali proposte è anche per colpa delle omissioni del Presidente Musumeci, il quale non riesce a imporre i nostri diritti a Roma. Al contrario di altri governatori d’Italia – vedi quello della Regione Liguria – che con proprie ordinanze hanno aperto mercati, cimiteri, hanno aperto tutto, noi siamo in una sorta di limbo che sta uccidendo la nostra economia. Cosi come altri governatori – vedi quello della Sardegna – hanno utilizzato l’idea della nostra banca dati, grazie alla quale chi vuole entrare si deve prenotare 48 ore prima. Magari il Presidente Musumeci di me non si vuole occupare, ma almeno si occupasse di cose serie per tutelare l’economia siciliana. Già da domani dunque porterò avanti il lavoro che non è stato fatto né dal Presidente Conte né dal Presidente Musumeci, mediante un’ordinanza sotto il profilo dell’ordine pubblico».

 

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messinese stanco
messinese stanco
28 Aprile 2020 14:22

Praticamente sta smentendo sè stesso… Passi tutto, ma ora mi sa che sta esagerando. Faremo la fine del nord Italia, della Spagna e della Germania così.