MESSINA. Scatterà alle 21 di questa sera la protesta dei titolari di oltre 200 attività commerciali della città, che muniti di guanti e mascherine alzeranno le saracinesce dei loro bar, ristoranti, alberghi e pub, tenendo per 15 minuti le luci accese, mentre domani consegneranno delle chiavi simboliche dei loro locali al sindaco Cateno De Luca.

Nel mirino dei commercianti, che hanno deciso di aderire al “flash mob” promosso in tutta Italia dall’associazione “Movimento Imprese Ospitalità”, sono in particolare le misure previste nella “Fase 2”, in vigore il 4 maggio, e la possibile apertura delle imprese della ristorazione, che potranno riaprire i battenti soltanto dal 1 giugno (inizialmente la data ipotizzata era il 18 maggio). Fra i motivi della protesta anche le incertezze sulla modalità di riapertura e le difficoltà economiche affrontate durante il lockdown, a fronte di un sostegno economico da parte del Governo che non è considerato sufficiente per contenere la crisi.

I ristoratori non sono i soli a contestare le misure previste dal Decreto. A scagliarsi con il nuovo Dpcm sono anche i parrucchieri cittadini, pronti a scendere in piazza con una protesta simbolica.

«Dopo il DPC annunciato in diretta Facebook dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, domenica 26 aprile – si legge in una nota diffusa dal parrucchiere Lillo Valvieri, presidente dell’associazione “Le Vetrine di via Garibaldi” – sono finalmente state chiarite le date per le riaperture dei diversi settori produttivi, e di seguito le speranze di molti lavoratori sono state infrante, sembra proprio questo lo stato d’animo emergente in città, soprattutto tra le categorie di lavoratori la cui ripresa dell’attività è stata posticipata al 1 giugno. In particolar modo nella città di Messina sembra essersi alzata a gran voce la protesta di una delle categorie più messe in ginocchio dalla crisi da Covid 19, quella dei parrucchieri, i quali avevano fermamente sperato che la loro data di ripresa sarebbe stata non oltre il 4 maggio, insomma un duro colpo da digerire. Più di 200 parrucchieri difatti si sono uniti per rivendicare la loro posizione e il loro diritto alla riapertura. Quanto annunciato dal Governo ieri, a detta loro, non corrisponde ad una soluzione adeguata per la ripresa e il contrasto dell’emergenza, proprio perché non contempla le diverse circostanze e grado di emergenza presente sul territorio nazionale, colpito in modo assai differente dalle regioni del nord a quelle del sud, dove l’emergenza ha mantenuto un andamento assai più moderato. Pertanto i parrucchieri in protesta, trovano sproporzionate le misure di cautela rispetto ai benefici ottenuti. I danni economici risultano eccessivi rispetto ai benefici derivanti da una simile decisione, in un territorio dove i numeri dei contagi non si avvicinano neanche lontanamente a quelli delle regioni del nord più colpite.

«Nei nostri saloni – spiegano – potremmo lavorare in tutta sicurezza, con la possibilità di poter sanificare continuamente i locali e le attrezzature del mestiere, cosa che a domicilio non può essere fatta»

Fra i tanti a intervenire sul tema, oltre alle numerose prese di posizione da parte della politica, a partire da Forza Italia, è il presidente di “Missione Messina” Santi Daniele Zuccarello, che si appella al Governatore Nello Musumeci per far valere lo statuto speciale e attivare tutte le procedure necessarie alla riapertura delle attività produttive.

«Hanno deciso di farci morire di fame, questa situazione è insostenibile. La presa di posizione del governo – scrive in una nota – è inaccettabile e la nostra Regione si trova tra quelle più penalizzate. Il nuovo DPCM ha messo il Sud in ginocchio premiando, invece , le lobby del Nord e la loro economia. Noi invece, che ci reggiamo prevalentemente sulle piccole e medie imprese, come le aziende turistiche, gli artigiani, i ristoratori, gli albergatori e tante altre piccole realtà; restiamo chiusi; anche se la nostra attuale situazione è ben diversa da quella del Nord Italia. Siamo una regione a statuto speciale? E facciamola valere questa autonomia! Oppure l’autonomia è servita solo a concedere lo status di onorevoli ai nostri politici regionali e dare indennizzi e stipendi più alti ai nostri burocrati regionali? Adesso è il momento di avere uno scatto di orgoglio e garantire la sopravvivenza del popolo Siciliano mortificato dai provvedimenti del Governo Nazionale. Così si rischia una rivoluzione che non potremo più contenere. Fino ad oggi abbiamo agito responsabilmente, ma adesso basta! Non vogliamo diventare martiri di un sistema distorto. Abbiamo dimostrato rispetto delle regole, siamo difatti la Regione che ha il minor numero di contagiati ed abbiamo aspettato con ansia e fiducia la Fase 2 per un immediato ritorno al lavoro, alle nostre abitudini, alla nostra libertà. E tutto questo per cosa?

Dalla fine del mese di Marzo i nostri imprenditori non possono contare più sui ricavi delle proprie aziende, i famosi 600 euro non sono stati percepiti da tutti ed   ottenere il finanziamento del decreto liquidità è una vera impresa. Oggi, per noi Siciliani l’emergenza economica cammina di pari passo a quella sanitaria. Siamo stati abbandonati dalle istituzioni con finti aiuti e supporti, adesso vogliamo solo rialzarci con le nostre gambe come siamo abituati a fare e pertanto, chiediamo al Governo Regionale di battersi contro questa ingiustizia e di attivare tutte le procedure per non attendere più oltre la riapertura di tutte le nostre attività produttive».

Dello stesso avviso la coordinatrice dell’associazione politico-culturale “Autonomi e Partite IVA”, Cristina Puglisi Rossitto, che si si rivolge a Nello Musumeci, a Gianfranco Miccichè a a tutti i deputati dell’Ars: «Nei limiti di quelle che sono le competenze della Regione Sicilia, nel rispetto delle norme e dei regolamenti costituzionali, la sottoscritta evidenzia l’improcrastinabile necessità di un intervento a favore delle aziende siciliane attraverso una azione governativa locale forte e coraggiosa che possa in qualche modo supplire le evidenti carenze dell’azione governativa centrale. Abbiamo anche la forza di essere una Regione a Statuto Speciale con autonomia. Non possiamo esimerci dall’osservare una ingiustificata incongruenza nel provvedimento di riapertura di intere filiali economiche appartenenti al mondo della produzione industriale che, come è ben risaputo, sono quasi tutte allocate nei territori del nord Italia rinviando ingiustificatamente l’apertura delle attività economiche più presenti nel Sud Italia: turismo e ristorazione. Si è coraggiosamente deciso di riaprire le attività economiche nel Nord Italia e si è deciso di rinviare, senza alcun logico motivo, la riapertura delle attività economiche nei territori del Sud Italia dove fortunatamente i contagi sono stati considerevolmente inferiori. La Sicilia come è noto, vive e sopravvive per tramite di aziende appartenenti al settore del turismo, dell’agricoltura e della ricezione. Le filiere economiche ad esse collegate creano un indotto economico considerevole con tutti gli annessi e connessi e con produzione di reddito per innumerevoli cittadini siciliani. È necessario che la Regione Sicilia con tutte le opportune procedure di protocolli e garanzie del caso, con coraggio e con orgoglio, provveda a valutare in modo adeguato una strategia di riapertura delle attività economiche siciliane al fine di scongiurare l’acuirsi di ulteriori difficoltà economiche nella nostra Regione tali da scavare ancor più quel solco che pone l’economia del Sud Italia fanalino di coda del nostro Paese.   A supporto di tali provvedimenti coraggiosi, la Regione Sicilia, a salvaguardia degli interessi economici delle Aziende, autonomi e piccoli imprenditori, dovrà provvedere per un periodo temporale considerevole e cioè sino al 31 dicembre 2021, ad eliminare le imposte afferenti alle “addizionali regionali”; alle “addizionali comunali” (di concerto con i Sindaci delle varie Provincie Siciliane). Dovranno necessariamente essere eliminate, non sospese, le imposte regionali, comunali, quali a titolo di esempio, le imposte sull’occupazione del suolo (con la concessione di maggiori spazi esterni al fine di garantire il “distanziamento sociale”), come quelle delle insegne, come tutte le imposte comunali (IMU, TARI, COSAP, ecc.) così da sostenere le attività economiche in generale.  Dovranno necessariamente essere eliminate, quanto meno fortemente ridotte, le aliquote di imposta IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) sino al 31 dicembre 2021. Ciò garantirà alle aziende una maggiore disponibilità di flussi finanziari necessari ad affrontare il pagamento dei costi correnti. Codesta Regione Sicilia – conclude – dovrà farsi promotrice, dinanzi agli organi Istituzionali Centrali, della richiesta di azzeramento dei contributi previdenziali e fiscali relativi ai dipendenti per un periodo sufficiente, quanto meno sino al 31 dicembre 2021. Dobbiamo evitare che gli imprenditori debbano procedere al licenziamento del personale poiché impossibilitati a pagarne anche gli oneri fiscali e contributivi. Altrettanto dicasi per ciò che riguarda tutti i canoni di Concessione Demaniale a salvaguardia di tutte le attività stagionali e non. Quanto sopra evidenziato e sottolineato, la sottoscritta è certa che potrà rappresentare un importante traguardo per la nostra Regione così da scongiurare un fallimento totale dell’economia siciliana con le inevitabili conseguenze in ambito di sicurezza sociale».

 

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