Di Alessio Caspanello e Marino Rinaldi
MESSINA. È stata la più grande tragedia mai subita da Messina dal terremoto del 1908 e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Questo già farebbe dell’alluvione del primo ottobre 2009, tra Giampilieri e Scaletta, una ferita ancora aperta e mai rimarginata nella carne della città. Ma Giampilieri è molto di più.
È una “tragedia annunciata”, frase spesso abusata, ma che mai come in questo caso è vera. Perché che prima o poi a Giampilieri sarebbe successa una catastrofe, che quella montagna si sarebbe sbriciolata, precipitando sul paese, si sapeva da almeno due anni: dal 2007, dalla prima alluvione, dalla prima frana, dalle prime avvisaglie dell’apocalisse che sarebbe successa nella notte tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 2009.
È una strage senza colpevoli: il processo che si è trascinato per dieci anni per stabilire di chi fossero le responsabilità, si è concluso a marzo con la Corte di cassazione che rende definitiva la sentenza di assoluzione per i sindaci di Messina e Scaletta Giuseppe Buzzanca e Mario Briguglio, per tecnici e dirigenti della Protezione civile regionale, e nega le richieste di risarcimento.
È, strano ma vero, un esempio di ricostruzione efficace ed efficiente, nei tempi previsti e senza aver sprecato un centesimo. Lo ha certificato la Corte dei conti, che nel “rendiconto della contabilità speciale istituita per l’emergenza” di Messina spiega come sono stati impiegati i 227 milioni di euro delle varie ordinanze speciali dal 2009 al 2016, e ne conclude che “hanno alleviato significativamente i disagi delle popolazioni colpite e portato a termine numerose opere”. Anche se in paese c’è chi storce il muso, e lamenta disagi su disagi.
Ma è anche, e soprattutto, una comunità che è riuscita a rialzarsi, che ha rifiutato di arrendersi, e oggi guarda a quella montagna che incombe, ancora pericolosa, e alle case inagibili da quella terrificante notte, che hanno ancora dentro quel fango che ormai si è solidificato, come una cicatrice che non andrà mai via.