MESSINA. Da questa settimana, e per ogni domenica, Lettera Emme pubblicherà una rubrica che spiegherà ai messinesi perché il rione, il quartiere o la via in cui vivono si chiama come si chiama: un tuffo nel passato della città alla ricerca di radici linguistiche, storiche, sociali e culturali, che racconta chi siamo oggi e perché.

RINGO. Scalinata che collega il viale della Libertà a via Principessa Mafalda, è anche il nome dell’antico rione marinaro sorto intorno alla chiesa di Gesù e Maria del Buon Viaggio.

Dal latino Ringus; siciliano Rringu; etnico – Rringotu-i, è un antico toponimo messinese a settentrione della città storica, un lunghissimo borgo, un’ampia via al margine del porto in lungo estesa e adorna di casini, ville, giardini e villaggi che indica il tratto di riviera tra la chiesa di S. Maria dell’Arco e il Museo Regionale, sovrapponibile al tratto di strada litoranea compreso, nella lettura dei luoghi anteriore al sisma del 1908, tra la chiesa di S. Francesco di Paola e il monastero del SS. Salvatore dei Greci.

Il commento del nome rimanda al termine arringo, antico francesismo che palesa l’atto dell’allinearsi, dello schierarsi, giusto dell’arringarsi dei cavalieri nei tornei, semantica estesa alla spazialità dell’azione e che, in tale accezione, ricalca e rafforza la lettura dell’attiguo storico toponimo Giostra.

 

 

La conforme astrazione di linea, fila, riga è spiegata negli storici glossari siciliani, da quello di Cristofaro Lucio Scobar (1519), a quello di Miche Pasqualino (1785). Preme segnalare lo studio di Giuseppe Gioeni (1885) che commenta le radici germaniche prima ancora che franco-provenzali del vocabolo, di diffuso utilizzo in aree di lingua anglo-sassone (Ring, struttura urbanistica o stradale ad anello).  

Identifica pertanto il Ringo, (u’ Rringu), tra Cinquecento e Seicento, una pista in terra battuta lunga quasi due miglia che dalla contrada Ritiro, più anticamente intesa Bagnicelli, oltre la Giostra e le Fornaci, fino alla marina di S. Francesco di Paola, curvava a settentrione oltre il torrente San Nicandro fino al convento dei padri basiliani, già lunghissimo borgo anche nella descrizione di Camillo Camilliani del maggio 1584 (M. Scarlata 1993). Più tardi il toponimo si limitò a indicare di questa pista soltanto il tratto rivierasco. 

Insistevano in quella riviera le cosiddette Case Pinte di proprietà della nobile famiglia Marullo, dove talora soggiornavano i vicerè di Sicilia prima del loro formale ingresso nella città di Messina. Annessa alle Case Pinte, così dette per i dipinti che ornavano le mura esterne, vi era una chiesa – oratorio dedicata a San Giuseppe. Tutto il complesso, assieme alle modeste dimore della servitù e dei pescatori, fu distrutto dal terremoto del 1783.        

Ringo non è esclusivo nome di luogo messinese poiché si rintraccia nel Comune di Villafranca Tirrena (presso il castello dei conti Pettini e la chiesa madre) e nel catanzarese, in prossimità di Petilia Policastro.

Una diversa spiegazione del toponimo è stata proposta da Benedetto Chiarello e da Giuseppe Vinci, colti filologi del settecento messinese, che pur ribadendo l’immagine di linea, fila, riga, hanno tuttavia puntualizzato l’elemento architettonico della armonica sequenza spaziale degli edifici che distingueva, senza soluzione di continuità, il lungomare tra il convento di San Francesco di Paola e il monastero dei padri basiliani del SS. Salvatore dei Greci. Il giovane architetto Filippo Juvarra aveva, a proposito, tracciato, nei rapidi schizzi di un suo noto disegno (1705 circa), l’utopia architettonica di un singolare unicum di palazzi che potesse continuare a settentrione, fino a Santa Maria della Grotta, il Teatro Marittimo iniziato da Simone Gullì.

 

 

Pubblicato per concessione della testata Messina Medica 2.0.

A cura di Carmelo Micalizzi, medico e scrittore. Classe 1953, ha pubblicato un centinaio di saggi, articoli e contributi sul territorio dello Stretto. Particolare riguardo ha dedicato alla Toponomastica storica peloritana e alla Storia della Fotografia messinese (dalle origini al 1908). Ha dato alle stampe due monografie su Antonello da Messina (2016, 2018). Cura la rubrica “Questioni di Lingua” per «Messina Medica 2.0», rivista on line dell’Ordine dei Medici della Provincia di Messina.

 

 

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Gaetana
Gaetana
22 Settembre 2019 9:26

Complimenti per questa nuova rubrica molto interessante ed approfondita nella spiegazione. 👍👍

Ines di Nardo
Ines di Nardo
22 Settembre 2019 9:30

è molto interessante scoprire la storia dei luoghi della nostra bella Messina. grazie per questa iniziativa.

Giancarlo Rizzo
Giancarlo Rizzo
22 Settembre 2019 12:09

Sarebbe interessante riportare nomi di vie e piazze distorti e cambiati alla loro forma originaria, vedi il Viale Sammartino o i Colli Sarrizzo.