MESSINA – Chiuse le indagini per evasione fiscale e riciclaggio nei confronti dei Genovese. La procura contesta a dieci indagati, a vario titolo, i reati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, riciclaggio, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita. L’indagine della procura di Messina, guidata d Maurizio De Lucia, è a carico di Francantonio Genovese, il figlio Luigi, la sorella, Rosalia Genovese, il nipote, Marco Lampuri, il cognato Franco Rinaldi, la moglie, Chiara Schirò, la cognata Elena Schirò, l’altro nipote Daniele Rizzo e il notaio Stefano Paderni.
La procura torna a contestare ai Genovese il riciclaggio, reato che era stato annullato dal Riesame.
L’indagine era, infatti, già nota. Lo scorso novembre il gip Salvatore Mastroeni aveva firmato il sequestro preventivo di 100 milioni di euro, su richiesta dei sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti. In sede di Riesame, il sequestro fu confermato mentre cadde l’ipotesi di riciclaggio, adesso nuovamente contestata dall’accusa a chiusura delle indagini.

Tutto ha inizio quando dalle indagini della Guardia di finanza di Milano era emersa l’esistenza di fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd.: fondi in parte transitati presso un istituto Bancario di Montecarlo ed intestati ad una società panamense (Palmarich Investments) controllata da Francantonio Genovese e dalla moglie Chiara Schirò ; in parte (per oltre 6 milioni ) trasferiti in contanti in Italia direttamente a Genovese attraverso spalloni e resi così irrintracciabili.

Dopo che, a partire dal 2016, erano stati notificati a Genovese alcuni avvisi di accertamento per oltre 20 milioni di euro derivanti dalla conclusione di verifiche fiscali condotte nei suoi confronti, le indagini hanno messo in luce una complessa attività di ulteriore riciclaggio finalizzata anche a frodare il fisco. Era così emerso che gli indagati, anche avvalendosi di alcune società a loro riconducibili, hanno realizzato diverse operazioni immobiliari volte a trasferire ad altri soggetti beni immobili e disponibilità finanziarie in possesso di genovese per eludere il possibile sequestro dei 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle correlative sanzioni amministrative che frattanto venivano ad ammontare a circa 25 milioni di euro.
In tal modo, Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti, si sarebbe spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, in via diretta e/o indiretta, per tramite della società schermo GeFin srl (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva il 99% ed il 45% delle quote sociali, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio.
Manovre che avevano consentito – questa è l’ipotesi dell’accusa – a Genovese, con la complicità del figlio Luigi, di vanificare gli effetti del pignoramento che sulle sue quote era stato effettuato da Riscossione Sicilia. Egli infatti ha partecipato come custode delle quote alle assemblee nelle quali si è deciso di azzerare il valore delle proprie azioni – dell’importo di svariati milioni di euro – e di consentire al figlio Luigi di subentrare – con la sottoscrizione di strumentali aumenti di capitale – nella titolarità piena della società eludendo il pignoramento.
L’ammontare complessivo del valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto ovvero strumento dei reati commessi, supera i 100 milioni di euro.

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