L’abbraccio che ridicolizza le polemiche

 

 

A chi l’ultimo anno lo ha trascorso su Marte potrà apparire perlomeno curioso, eppure, per quanto strano possa sembrare, per mesi interi, a Messina, si è parlato quasi ed esclusivamente del Dalai Lama. Per strada, nell’aula di consiglio, sui giornali, ai tavolini dei bar davanti a una granita e soprattutto sui social, dove si è scatenata una guerra santa virtuale fra due fazioni opposte e agguerrite, con tanto di bufale, insulti, polemiche (persino sulla quantità di una pignolata), strali di integralisti e indignazione un tanto al chilo.

Il motivo? La visita a Messina di un leader spirituale, Premio Nobel per la Pace, considerato come una delle personalità più influenti al mondo. Il tutto proprio in quella stessa città che appena qualche anno prima accolse Marina la Rosa a Palazzo dei Leoni come un Capo di Stato.

Il giorno tanto atteso arriva finalmente il 17 settembre, in un Teatro Vittorio Emanuele gremito. Tenzin Gyatso, seduto su un divanetto, tiene la sua lezione come se parlasse ad un gruppo di amici: voce rilassata, tono intimista, nessuna enfasi accademica. Parla di pace, amore universale, comprensione e unità, raccontando aneddoti della sua infanzia e della sua allergia ai protocolli.

Il momento più bello dell’incontro si svolge tuttavia all’inizio, quando in piedi al centro del palco il leader tibetano abbraccia il suo “fratello spirituale” Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina. Un piccolo gesto d’affetto che nella sua semplicità ridicolizza in un’istate tutte le polemiche, prima ancora che i numeri le consegnino per sempre all’oblio (e al regno delle figuracce).

 

Perché lo abbiamo scelto: perché testimonia la potenza simbolica di una semplice stretta di mano, mostrando come il confronto, l’accettazione della diversità e il rispetto del prossimo possano e debbano avere il sopravvento su qualsiasi divergenza

 

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