Nell’estate del 2010 mi diplomo presso l’istituto “Felice Bisazza”, dopo due anni da rappresentante d’istituto, che in qualche modo sono stati per me una piccola finestra nel mondo della politica giovanile. Ho conosciuto i rappresentanti delle altre scuole, con loro ho condiviso riunioni, manifestazioni e anche la frustrazione di chi ha così tanta energia ma non ha l’esperienza e, spesso, gli strumenti per canalizzarla nella maniera più efficace. Diciamo che ho finito le scuole superiori abbastanza confuso, ma con una grande certezza: sapevo perfettamente chi 15-20 anni dopo avrebbe avuto un ruolo rilevante nel panorama politico cittadino. Magari sbaglierò qualche previsione, ma di molti ne ho già la certezza e sono contento di questo. Perché, a prescindere dalle bandiere e dagli ideali che sostengono, c’è sempre bisogno di uno stemperamento generazionale (specialmente di questi tempi) con la grande sfida di portare modelli nuovi e di ringiovanire i toni, avendo, però, la sensibilità e l’umiltà di sapere aspettare il proprio momento, facendo un passo alla volta.
Ma il mio articolo non è incentrato su di loro, a cui auguro di dare il meglio per la comunità messinese, bensì su tutti quelli che si credono fuori dalla discussione politica. Io credo fortemente che esistano due livelli di politica: il primo deriva dal significato etimologico di questa parola, cioè l’arte nel governare, fatta di dibattitto, di empatia, di visione e di compromessi; il secondo, invece, è l’impegno giornaliero di chiunque creda in qualcosa che possa dare un contributo alla società, una sorta di responsabilità sociale individuale.
Sfortunatamente, sempre più spesso si sente dire nei media, nei social network (strumento ormai rilevante per il business dei voti) e nelle discussioni da bar queste parole: “La politica lasciala fare ai politici, tu pensa a fare il tuo”. Lungi da me affermare il contrario e pensare che chiunque possa avere le capacità e le competenze per governare. Ritengo, però, che il messaggio sia sbagliato, principalmente per due motivi: da una parte lo status attuale di ”politico” è decisamente inflazionato da personaggi alquanto bizzarri e dall’altra penso che l’interazione tra i due livelli di politica sia necessaria per garantire solidità e stabilità a una comunità.
In questo senso ciascuno, volente o nolente, gioca un ruolo. Porto il mio piccolo esempio, solo per semplicità, nell’ambito cibo. Lavoro per un’associazione che tutela e promuove la biodiversità vegetale, animale e alimentare presente in natura. Faccio parte di un network internazionale di giovani che affronta le tematiche dello spreco alimentare in maniera fresca e innovativa (Google: Disco Soup) e vedo ogni giorno l’impatto reale di queste tematiche, che mi hanno portato a cambiare i miei comportamenti individuali. Adesso faccio la spesa al mercato dei contadini dove compro frutta e verdura locale e di stagione, evitando il più possibile l’uso di imballaggi plastici. Lo faccio perché ci credo, anche se questo mi ha portato a riorganizzare completamente i miei orari settimanali e le mie priorità.
L’immagine della mia vita dista anni luce dalle ambizioni degli influencer di Instagram, però chi mi conosce sa il fuoco che mi brucia dentro quando si parla di cibo. Dobbiamo tornare a far ardere la voglia di partecipazione, contro le ingiustizie sociali e praticando la virtù dell’ascolto per non cadere negli estremismi.
Morale della favola: è davvero importante votare alle prossime elezioni regionali, ma dobbiamo essere coscienti che votiamo ogni giorno nelle decisioni quotidiane, dallo scaffale del supermercato alle riunioni nelle scuole dei nostri figli, fino alla scelta del cassonetto giusto per la spazzatura.