LA ZAMPOGNA

Scendevano dalle colline sovrastanti la città di Messina per recarsi nelle case dei nobili e suonare brani religiosi a tema natalizio fino alla notte in cui nasce il Bambin Gesù. Erano gli zampognari, e fino a qualche anno fa accompagnavano le festività natalizie con una melodia che invadeva le strade e che profumava di Natale. Quella che oggi rappresenta una realtà sconosciuta ai molti, era una tradizione molto sentita e segnava, insieme alle luci, al freddo e alla convinzione che “siamo tutti più buoni”, l’inizio delle feste.

La zampogna, in Sicilia, è senza dubbio uno degli oggetti che meglio rappresenta la tradizione nel periodo natalizio. Si tratta di uno strumento musicale che appare nelle leggende e nei racconti della tradizione, nei canti popolari, nelle poesie dialettali, nei proverbi, nell’iconografia e nelle tradizioni religiose, che si lega alla storia del popolo siciliano, ed in particolare peloritano, in maniera indissolubile. La tradizione più nota è quella delle Novene, ovvero quel rituale religioso della durata di nove giorni, durante i quali gli zampognari (chiamati per questo “novenatori”) effettuano i cosiddetti “giri natalizi” andando di casa in casa e suonando appunto la Novena, un brano musicale detto anche Pastorale.

Anticamente gli zampognari, per la gran parte provenienti dai Casali messinesi di Mezzogiorno (posti a sud della città) e di Tramontata (ricadenti a nord), durante il periodo dell’Avvento venivano ingaggiati dalle famiglie più ricche per godere delle loro esibizioni; in cambio lasciavano come pegno un santino raffigurante Gesù Bambino, andando a suggellare una sorta di patto in base al quale lo zampognaro si impegnava a tornare presso la stessa famiglia, per i nove giorni necessari alla celebrazione della Novena.

La novena della zampogna, però, veniva anche suonata davanti ai presepi. Questa era divisa in quattro tempi, chiamati “caddozzi” e durava circa 40 minuti: nel primo tempo c’era un canto popolare a Sant’Antonio, nel secondo si cantava in onore di San Giuseppe, nel terzo c’erano le invocazioni alla Madonna e ai Santi e,  l’ultima parte, era espletata a piacimento dello zampognaro o del proprietario della casa o del presepe.

Allo zampognaro si riconosceva, inoltre, un ruolo quasi istituzionale, quasi essenziale e imprescindibile nella dinamica fenomenologica religiosa del dialogo diretto con le figure del Sacro: interpretare e, quindi, mediare le istanze di devozione dei fedeli. Loro d’altra parte detenevano la conoscenza esclusiva dei repertori sacri e delle modalità esecutive connesse, costituendo così il tramite necessario per attivare il canale di comunicazione verbale e musicale con le figure del Sacro. Nella cultura popolare di tradizione orale, infatti, la professione di fede cristiana si rendeva tangibile tramite le orazioni, canti e novene che potevano assumere anche un registro narrativo.

 


 

IL PRESEPE

Una volta si cominciava l’8 dicembre. Era il giorno in cui si spolveravano gli scatoloni nascosti nei ripostigli con tutti i personaggi che avrebbero svolto un ruolo in quel quadro immobile che raffigura la nascita del Bambin Gesù. Adesso già a fine novembre si sente l’aria natalizia per le strade, con le luci stroboscopiche che illuminano la città, frutto di una società più frettolosa e moderna che però non ha abbandonato del tutto le vecchie tradizioni. Il presepe, infatti, rappresenta ancora il momento che riunisce le famiglie nei preparativi di Natale, con i soliti e piacevoli battibecchi su dove posizionare la capanna, i re Magi e il pastore con le pecore.

Dalla raccolta del muschio con il papà alla gara del presepe più bello che le catechiste, girando casa per casa, votano. Tradizione ancora più antica dell’albero, la cui idea nasce nei Paesi nordici e che è arrivata sin qui nel ‘900. A Messina, però, il presepe non è solo quel quadretto statico con pastorelli di plastica: in molti villaggi sono nati i presepi viventi, dove un gruppo di cittadini partecipano attivamente a rappresentare il Natale cristiano, dalla nascita del Bambin Gesù alla consegna dei doni da parte dei Magi.

Il più famoso è quello di Castanea, che a cavallo fra il 2019 e il 2020 aveva raggiunto la sua trentesima edizione ma che a causa del Coronavirus è stato annullato l’anno successivo, così come anche quest’anno.

Un’altra forma di presepe era la “Cona” (dal termine “icona”): per le strade si realizzava la grotta con dei vegetali, come foglie di alloro o di arancio, e si posizionava al centro il Bambin Gesù realizzato con i materiali di cui si disponeva, come il gesso, la cera, la terracotta, ecc. A fare da contorno, la frutta di stagione.

 


 

“U CANNISTRU”

Non tutti possono permettersi i cenoni la vigilia di Natale, e una volta queste famiglie erano molte di più, dislocate maggiormente nei villaggi collinari, dove però lo spirito natalizio non veniva meno. Ci si accontentava di poco: bastava un mazzo di carte, una tombola e… un cesto pieno di viveri. “U canistru” rappresentava la cena di quella notte, prima di recarsi in Chiesa per “vegliare” sulla nascita del Bambin Gesù.

Un cesto pieno, soprattutto, di frutta secca, ma anche di agrumi come arance, mandarini, limoni, clementini e altri viveri (se si era un po’ più facoltosi, si poteva aggiungere nel mezzo anche qualche formaggio, primo fra tutti la ricotta fresca). Ci si riuniva, si metteva a centro tavola quanto si aveva e la serata passava mangiando, condividendo e giocando a carte o a tombola.

La serata passava nella maniera più semplice possibile, e andava bene in quel modo. Era una tradizione che è durata fino agli anni ’70 e che terminava alle 23, quando si faceva l’ora di recarsi in Chiesa e dare inizio alla celebrazione.

 


 

LA PROCESSIONE DI NATALE

I festeggiamenti religiosi, però, non terminano nelle mura di casa. Nella tradizione cattolica del Natale i fedeli, la notte fra il 24 e il 25, la passano in Chiesa. Una volta era più ricorrente anche la processione del Bambin Gesù, oggi invece ci si limita al santuario e a partecipare alla Messa. L’unica novena che resiste al passare degli anni nel comune di Messina è quella organizzata dalla “Confraternita della Madonna della luce” che percorre le strade principali fra la chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata.

Un’altra che è stata ripristinata da appena qualche anno è quella dei “Cavalieri della Stella”, istituito nel ‘500 e poi sciolto con la rivolta antispagnola. Il gruppo storico oggi svolge una processione il 6 gennaio, in occasione dell’Epifania, quando i Re Magi si recarono, guidati dalla Stella Cometa, dal Bambin Gesù per portargli in dono oro, incenso e mirra.

Varie era però le novene a cui si partecipava una volta, e avevano tutte caratteristiche diverse. A Castanea, infatti, per esempio, ci si recava in Chiesa intorno alle 23, dopo la lettura del Vangelo, che coincideva con la mezzanotte, si annunciava che Gesù era nato e si usciva per una breve processione con una statua del Bambin Gesù durante la quale si cantavano brani religiosi a tema natalizio (primo fra tutti “Tu scendi dalle stelle”). Poi si tornava al santuario per continuare la celebrazione normalmente. Tradizione, questa, persa negli anni.

 


 

LE GIOCATE A CARTE

L’addobbo del presepe, dell’albero di Natale, i cenoni e mega pranzi sono il momento in cui le famiglie a Natale si riuniscono, ma il momento sociale più atteso di tutti è quando dal pomeriggio alla sera il tavolo del salotto di casa si riempie di zii, cugini, nonni e amici che a cerchio cominciano a giocare a carte, pronti a puntare anche il contratto di casa se necessario.

Da “cucù” a “sette e mezzo”, passando per “trentuno” e “piatto”. Con un mazzo di carte siciliane sul tavolo le serate proseguono per ore senza che nessuno se ne accorga. Non senza qualche protesta contro il fortunato di turno che riesce a vincere con tutte e tre le monete da 20 centesimi ancora sul tavolo, con la sensazione che si stiano per rovinare rapporti familiari o amicizie, anche se in realtà poi tutto termina con delle risate (e pochi sipiccioli in tasca).

Ma non solo carte, anche giochi da tavola come “Mercante in fiera” e, il più famoso di tutti, “Tombola”, con il “simpaticone” del gruppo dedito a girare la ruota e lanciare cifre a caso, e con tutti gli altri che sperano di coprire tutti i numeri della propria casella con ceci o lenticchie (e attenzione a non muovere il tavolo).

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