MESSINA. La stagione turistica della Sicilia è già avviata, e si traduce frequentemente in soggiorni presso strutture private e ricettive. Tra le soluzioni più gettonate spiccano le proposte di Airbnb, la piattaforma online che consente di affittare alloggi privati in tutto il mondo. Prenotare un appartamento è semplice, così come diventare host: basta registrarsi sul sito e creare un annuncio.
A Messina esistono solo 488 annunci in tutta la città, di questi 317 sono appartamenti interi. Eppure, la città dello Stretto si presenta essere più cara per notte rispetto Catania e Palermo: 278 dollari in media per dormire nello Stretto. Il punto è che si dorme poco: ventisette notti l’anno è il dato medio. E, secondo InsideAirbnb, il guadagno medio si ferma a 1.942 dollari (meno di 1.650 euro). A differenza del dato delle altre città, si registra un’anomalia: solo il 63% degli annunci consente soggiorni brevi, e meno della metà degli host ha più di un annuncio. Una fotografia in controtendenza: mentre altrove si moltiplicano le mini-imprese turistiche, Messina resta ferma su un’offerta limitata, con dinamiche ancora domestiche.
Dove invece Airbnb diventa un vero e proprio pilastro dell’economia locale è nelle località a vocazione turistica consolidata. A Taormina si contano oltre 1.200 annunci, con una prevalenza schiacciante di appartamenti interi: più di 1.000. I prezzi raccontano da soli il livello del mercato: 340 dollari a notte, per cinquantuno notti l’anno. In soldoni: 8.242 dollari annui (quasi 7.000 euro). È tra le città più redditizie dell’Isola per gli host. A Palermo gli annunci su Airbnb sfiorano quota 7.000, un numero che da solo rappresenta oltre il 13% dell’intera offerta siciliana. A Palermo, chi vuole soggiornare trova quasi sempre un appartamento tutto per sé: oltre 5.300 sono gli “interi alloggi” messi in affitto, spesso gestiti da host che possiedono più di una struttura. Il turista medio paga 146 dollari a notte, per una permanenza media di quarantadue notti l’anno: fanno quasi 2.900 euro di entrate annue per ogni host, ma il dato reale è molto più polarizzato. Quasi due terzi degli annunci sono pubblicati da chi ha più di una proprietà sulla piattaforma. E anche qui la tendenza è chiara: quasi 5.000 annunci prevedono una permanenza minima di una o due notti. Segue Catania, ma con tratti diversi. Gli annunci sono meno — poco più di 4.100 — ma si alza il prezzo medio: 210 dollari a notte. Ciononostante, il boom degli affitti brevi è visibile nei numeri: l’84% delle inserzioni riguarda soggiorni brevi, e quasi due terzi sono pubblicati da host seriali. Il guadagno? Più alto che altrove, almeno in media: quasi 2,752 dollari l’anno, con trentasei notti prenotate.
Cefalù segue il trend, con 924 annunci, tariffe medie da 233 dollari a notte e 43 notti prenotate in media. Il guadagno supera i 5.600 dollari annui (circa 4.800 euro). Siracusa conferma il boom. Oltre 3.500 annunci attivi, di cui l’86% sono appartamenti interi. Prezzi alti: 286 dollari a notte, trentadue notti prenotate in media. Infine, Lipari, con i suoi 1.160 annunci spalmati su tutto l’arcipelago eoliano (esclusa Salina). Il prezzo medio si aggira attorno ai 192 dollari a notte, con 28 notti prenotate. Il dato interessante è che, rispetto ad altre città, qui la permanenza media è più lunga: gran parte degli host richiede almeno tre notti.
Qual è quindi l’impatto concreto di Airbnb in Sicilia? Una risposta univoca è difficile, poiché i cambiamenti urbani dipendono da numerosi fattori. Tuttavia, grazie ai dati del progetto Inside Airbnb, aggiornati al 26 marzo 2025, è possibile avere un’idea più precisa delle dimensioni del fenomeno. Attualmente, nell’Isola sono attivi oltre 52.472 annunci sulla piattaforma. Di questi, 42.183 (80,4%) offrono interi appartamenti, mentre quasi 10.000 (19%) sono stanze private. Inoltre, il 76,5% delle inserzioni riguarda affitti brevi: in particolare, quasi 16.000 annunci consentono una permanenza minima di una sola notte, oltre 10.000 richiedono almeno due notti, e solo 1.300 prevedono una permanenza di almeno una settimana. In media, un host siciliano affitta la propria struttura per 28 notti all’anno, con un guadagno medio di 313 dollari a notte, pari a un’entrata annua di circa 3.000 dollari (ovvero 2.573 euro). Naturalmente, questi valori rappresentano una media regionale: l’indotto varia sensibilmente tra una città e l’altra. Inoltre, oltre il 65% degli host possiede più di un annuncio sulla piattaforma, il che suggerisce una significativa presenza di investitori immobiliari o gestori professionali. Gli host con un solo annuncio rappresentano invece il 34% del totale (quasi 18.000 utenti).
E’ stato sollevato, in molte città italiane, un ampio dibattito sulla trasformazione degli immobili destinati all’affitto a lungo termine in alloggi per locazioni brevi, da un giorno a qualche mese. Da un lato, la stessa società americana ha presentato a novembre 2024 uno studio, realizzato da Nomisma, che stima in circa 3,3 miliardi di euro il valore aggiunto prodotto da Airbnb sul turismo italiano. Dall’altro lato, però, la società civile ha iniziato a organizzarsi per difendere interi quartieri e centri storici dalla turistificazione: gli spazi pubblici rispondono sempre meno alle esigenze dei residenti e sempre più a quelle dei visitatori. Le botteghe storiche diventano locali per aperitivi, i supermercati cambiano dimensione e target, mentre gli affitti a lungo termine diminuiscono o diventano economicamente insostenibili.
In molte città il dibattito pubblico si sta concentrando sulla regolamentazione degli affitti brevi per limitare la trasformazione dei centri storici e dei quartieri in veri e proprio sobborghi turistici. A livello nazionale, la norma che regola gli affitti brevi è il decreto legge n.50 del 2017 che prevede soggiorni non superiori ai trenta giorni e la disciplina fiscale da applicare. Poi si rimanda alla normativa regionale e locale. E proprio la competenza regionale e in parte locale della materia ha portato vari movimenti e collettivi a chiedere una maggiore regolamentazione del fenomeno sia in ottica qualitativa sia in ottica quantitativa. Recentemente, il comune di Firenze ha emesso un regolamento per limitare le locazioni turistiche specialmente nel centro storico. Innanzitutto, nella città gigliata si prevedono norme di genere qualitativo come una metratura minima per le stanze e gli immobili in affitto per evitare locazioni di qualsiasi locale. Poi, Firenze richiede un’autorizzazione quinquennale del locatore e il divieto di istallazione delle keybox. In Sicilia, invece, le norme attuali non introducono limiti qualitativi e quantitativi alle forme degli affitti brevi: esiste una normativa generica che prevede il codice identificativo regionale e la comunicazione dei flussi. A gennaio, il comune di Palermo ha emesso un breve regolamento che prevede il divieto di keybox su suolo pubblico, l’obbligo di comunicazione trimestrale e le varie modalità di versamento delle imposte.