A Messina ventidue scosse di terremoto in diciannove giorni, dall’inizio dell’anno. A Catania, stamattina, un microsciame sismico localizzato a Linguaglossa. In centro Italia, la terra trema ininterrottamente da almeno sei mesi, con eventi distruttivi ripetuti nel tempo. Non sono che coincidenze, ma è segno che l’inquietudine della Sicilia orientale non è mai realmente sopita. A spiegare perché è Massimiliano Silvestro, geologo messinese in servizio per dodici anni all’Assessorato regionale Territorio e Ambiente.
Ventidue scosse solo nel messinese, dobbiamo preoccuparci?
“Dipende dalla localizzazione degli ipocentri, che può indicarci se si riferiscono alla stessa struttura sismogenetica e quale, oppure se sono riferibili a diverse strutture sismogenetiche. Nel caso siano riferibili alla struttura (faglia o sistema di faglie sismogenetiche) è importante capire se si tratta di quella più temibile, cioè quella con caratteristiche tali da provocare forti terremoti, come quella responsabile dell’evento del 1908 dello Stretto di Messina.
Osservando la mappa cosa si nota? Si riscontrano eventi di queste 22 scosse che riguardano la faglia?
“La mappa è relativa agli epicentri ed è importante conoscere anche la profondità. Anche il confronto con la più recente zonazione sismogetica ZS9 ci dice che le ventidue scosse sono molto probabilmente riferibili a tre diverse strutture sismogenetiche. Pertanto, non mi inquietano. Al momento mi inquieta più il fatto che non sia ancora sorto l’osservatorio geofisico dell’area dello Stretto di Messina, programmato tanto anni fa dall’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia)”.
E perché non è stato ancora realizzato?
“Da quel che ne so per mancanza di fondi e burocrazia, doveva sorgere su un’area limitrofa all’istituto Ignatianum, donata in eredità al Comune per il solo scopo di ricerca.”.