MESSINA. «Noi raccontiamo un’altra verità, forse più scomoda, che parla di come la nostra libertà è stata sepolta e sottomessa e di come sia giunto il momento di riprendercela». Si è svolta ieri pomeriggio, a Piazza Unione Europea, la manifestazione in sostegno della legge contro l’omotransfobia “Restiamo liber* davvero”, organizzata dalla neonata associazione “Liberazione Queer+ Messina”, a cui hanno aderito tanti ragazzi e tante ragazze che hanno rivendicato il loro diritto a vivere liberamente la loro esistenza, senza più odio e discriminazioni basate sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale. L’iniziativa ha preso il via alle 18 con gli interventi degli organizzatori ed è proseguita poi con le testimonianze dei partecipanti, fra musica, canti e cartelli colorati.

Obiettivo del sit-in è quello di ribadire la necessità di un intervento normativo contro l’omobitransfobia e di far chiarezza sui contenuti della legge in discussione alla Camera, molto contestata nelle scorse settimane dalla Cei, da parte della destra e da varie associazioni “anti-lgbtqi”. Giusto qualche giorno fa, il 19 luglio, sempre davanti a Palazzo Zanca, si era svolta la manifestazione “#RestiamoLiberi”, a cui hanno preso parte circa un centinaio di persone che hanno espresso la loro contrarietà al testo unificato del deputato Alessandro Zan, che aggiunge le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere alla già prevista legislazione contro i crimini d’odio (cd. Legge Mancino).

A spiegare le ragioni dei manifestanti, nel video sottostante, è la 20enne Giovanna Letizia:

 

 

«Sappiamo bene che non basta una legge per porre fine alla violenza che subiamo, ma una tutela del genere è la base per cominciare una lotta per tutt* noi, una lotta giusta, fica, vitale che non possiamo combattere da sol*: insieme possiamo cambiare il mondo, anche e soprattutto partendo dalla nostra città», si legge nel comunicato diffuso nei giorni scorsi dagli organizzatori per presentare l’iniziativa (qui il testo completo).

«Noi capiamo bene che questa non è una piazza facile: non vi viene chiesto di portare le vostre bandiere, non vi viene chiesto di essere protagonisti. Questa piazza vi chiede un passo indietro per farne due avanti: lasciate la comunità LGBTQ+ al centro di questo momento, interrogatevi sulle cose che diremo, infine fate vostro quel messaggio e costruiamo insieme una città diversa. Sentirete parlare della violenza che abbiamo subito, degli sguardi di odio, delle passeggiate con le chiavi in mano. Per molti di voi l’impressione sarà che non viviamo la stessa città: ed è così. La città che abbiamo vissuto noi, la città che ci ha fatto venire voglia di fuggire, la città che ci ha fatto venire voglia di combattere, voi dovrete avere la pazienza di scoprirla dalle nostre parole, di camminare dietro di noi mentre ci riprendiamo un pezzo della nostra vita».

«A tutte le persone della nostra comunità, nascoste in ogni angolo di questa città, noi diciamo: questa è la piazza che vi spetta, questa è la vita che dovremmo vivere, alla luce del sole e con le vostre froce di quartiere. Costruiamo insieme una comunità forte, sicura, fiera, che cammina a tacchi alti e trucco favoloso attraverso le strade del centro senza temere di essere giudicati o picchiati, che cammina tra le strade della periferia per parlare a chi come noi vive la vita ai margini. Questi margini oggi vi dicono: domani la città sarà più sicura, perché per un paio d’ore almeno sarà nostra».

 

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