MESSINA. Il Teatro Vittorio Emanuele ospita in questi giorni Rapunzel – Il musical, con Lorella Cuccarini, scritto e diretto da Maurizio Colombi e prodotto da Alessandro Longobardi per Viola Produzioni.

Si tratta della prima trasposizione in forma di musical della fiaba dei fratelli Grimm e mette al centro della scena il personaggio di Gothel, interpretata da un’eccezionale Lorella Cuccarini. Accanto a lei, Silvia Scartozzoni nei panni di Rapunzel e Renato Crudo nel ruolo di Phil, un ladro scanzonato e giocherellone dal cuore generoso, che si innamorerà della principessa della torre.

Nello spettacolo anche diversi messinesi: Carlotta Sibilla nel cast artistico, il direttore di produzione Carlo Buttò, l’assistente di produzione Valeria Serraino ed il capo macchinista Cristian Carcione

Tornato in scena dopo il successo della prima edizione che lo aveva portato a conquistare più di 70.000 spettatori solo al Teatro Brancaccio di Roma e al Teatro Nazionale di Milano, ora il musical sta conquistando anche Messina. Sale piene al Vittorio Emanuele, sia durante la serata di apertura di venerdì, che nella giornata di ieri, con un doppio successo nello spettacolo pomeridiano e in quello serale. Il pienone è assicurato anche per l’ultima esibizione in città, che sarà oggi alle 17:30.

 

Tra un trionfo e l’altro, Lorella Cuccarini parla della sua Gothel.

 

  • Nella vita è madre e ad “Amici” fa anche un po’ da mentore a molti ragazzi. Com’è interpretare qualcuno così all’opposto come Gothel, che si frappone tra Rapunzel e i suoi sogni?
Certo Gothel non è un esempio lampante di ottima madre. È un ruolo sfidante, era un ruolo che mi piaceva per questi suoi colori totalmente distanti da me. D’altronde il teatro è bello anche per questo. Mi ci sono tuffata e anzi secondo me è stato molto più interessante lavorare su un personaggio così lontano proprio perché l’ho costruito e l’ho fatto crescere col passare del tempo. Gothel è tante cose diverse. È sicuramente una donna molto cinica, malvagia, ma è anche una donna che ha avuto un passato che ha influito molto sul suo percorso di vita. E poi c’è anche una sorta di riscatto, di rinascita, che secondo me dà un senso a tutto il percorso del personaggio.
  • Gothel è la prima cattiva che ha interpretato. È più difficile o più divertente? 
È molto difficile, però ti fa misurare con cose distanti da te. Un bravo attore deve poter interpretare ed essere credibile in personaggi molto distanti da sé, altrimenti si continua a interpretare se stessi. Quindi è sicuramente molto difficile, ma anche molto divertente.
  • Era già parte di Rapunzel nel 2014. L’approccio è stato lo stesso o è cambiato qualcosa negli anni?
Sicuramente c’è stato un aspetto fondamentale: abbiamo ricominciato dopo tre anni di pandemia, di chiusure e di grande crisi. Quindi l’idea di tornare a teatro e riempire le sale era qualcosa che purtroppo avevamo dimenticato. È stata una boccata d’ossigeno, un ripartire e far ripartire un altro momento che speriamo sia molto lungo e propizio per tutto il mondo dello spettacolo.
Poi comunque ogni volta che si rimette in scena uno spettacolo con Maurizio Colombi (il regista), non si fa mai una riproposizione perfetta dello spettacolo. Lui è un entusiasta, un creativo. Ha spesso delle idee in corso d’opera. C’è sempre un percorso di crescita.
Anche io con il ruolo di Gothel non mi sono accontentata di rimetterlo in scena come lo avevo interpretato quattro anni prima. È stato come rilavorarci. Devo dire che secondo me ha preso più forza e più spessore con questa riedizione.
  • C’è anche un cast diverso.
Certo, cambiano tanti elementi. Si aggiungono nuovi colori sulla base dei nuovi attori che arrivano. Ed il bello del lavoro del regista è anche quello di cercare di personalizzare, un po’ come se fosse un vestito su misura.
  • Gothel è un personaggio legato alla vanità e al desiderio di restare sempre giovane. Sappiamo che la nostra società tende a imporre degli standard di bellezza inarrivabili, soprattutto per le donne e nel mondo dello spettacolo forse è ancora più dura. Personalmente come combatte questo atteggiamento?
Personalmente non sono una donna che ha mai puntato sulla bellezza. Quando ero molto giovane e ho iniziato a studiare per fare questo mestiere, sapevo che la bellezza non era l’elemento fondamentale, non perché fossi brutta ma non avevo una fisicità e una bellezza che potessero vincere su tutto. Ho sempre lavorato tanto per crescere professionalmente e artisticamente. Poi aiuta anche il fatto di essere una persona piacevole, che ha anche una buona genetica e che si prende cura di sé. Questo l’ho sempre fatto ed è anche un po’ retaggio della disciplina che il mondo della danza ti dà. Però lo faccio con naturalezza. Mi piace l’idea di essere una donna  che porta i segni dell’esperienza sul proprio viso.
  • Cosa consiglia alle ragazze e ai ragazzi che sentono di dover apparire sempre perfetti o temono di non essere abbastanza? 
È sempre difficile dare dei consigli in questo senso, ma quello che penso è che quello che vince di ognuno di noi è la nostra essenza. Siamo unici, nessuno di noi è uguale ad un altro. Quindi ci sono elementi fondamentali che dovremmo andare ad individuare dentro di noi. Credo che ognuno di noi abbia una bellezza interiore che viene spesso nascosta. A volte anche soffocata da quella esteriore. Spesso le persone che sono molto belle pensano di avere solo quello, ma se si scoprissero veramente si renderebbero conto che ci sono tanti altri lati molto più importanti. Mentre le persone che non si sentono come quei modelli proposti, si sentono finite. Invece magari hanno delle carte da giocarsi che sono splendide. È così che sto cercando di crescere i miei figli ed è quello che cerco di far capire ogni volta che ho a che fare con i giovani. Anche perché la bellezza sfiorisce, non si può essere sempre belli come a vent’anni. Ma la bellezza è fatta di tante sfaccettature. Dobbiamo lavorare su tutto ciò che c’è in noi per scoprire che ognuno di noi in realtà è bellissimo anche se spesso non se ne rende conto.
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