Leggere per due volte in un giorno un Cateno De Luca autorevole, che impiega correttamente verbi e sostantivi, produce grande impressione. Ci voleva proprio la lettera di novanta donne perché accadesse.

Ma non sempre la forma è sostanza e, alla fine, si rimane ugualmente delusi. Si fa per dire, naturalmente. Che il sindaco non abbia molto confidenza con la articolazioni più avanzate del pensiero contemporaneo sul femminile, non è infatti una sorpresa. Fosse diversamente non avremmo avuto post a base di preservativi e lubrificante, reggiseni e soldi e neanche bisogno di una lettera.

Ma De Luca comprende poco o nulla di quella lettera – per non dire di quelle successive di due studiose messinesi – e scivola come un anguilla, con cadute concettuali vistose.

Per prima cosa – ma sarà un lapsus calami – chiama “egregi” le interlocutrici donne e subito dopo le appella come “suggestionate” perché avrebbero visto un fallo di gomma lì ove questo non ci sarebbe stato. Finisce sin da subito, dunque, con l’assomigliare a un bambino che abbia mangiato tutte le marmellate nella dispensa ma, dinanzi ai rimproveri della mamma, rivendichi orgogliosamente di non avere toccato i pasticcini. Dunque sì, ha postato fazzoletti sporchi di sperma, foto di reggiseni, soldi e preservativi sparsi a ventaglio. Ma i “toy” proprio no… Come dice quello, “ok, Cateno, whatever…”.

No, non c’è verso di spezzare l’uomo che non deve chiedere mai e che può permettersi di non prendere sul serio circa cento cittadine che pongono un problema. Per De Luca, evidentemente, non tutti hanno uguali diritti di rappresentanza e lui rifiuta l’idea di potere essere il sindaco di coloro che non si piegano. È questa la prima lezione che bisogna trarre dalla sua risposta.

La seconda lezione è che i presupposti di base del femminismo De Luca non li ha mai capiti. A digiuno, sembrerebbe, di elementi minimi della cultura contemporanea, il sindaco non può neanche concepire l’idea di una violenza non fisica e fondata sull’uso dei simboli. Tutto ciò che passa tra Freud e Bourdieu, per lui abituato a maneggiare i bilanci e il Testo Unico degli enti locali, semplicemente non esiste.

Non può dunque concepire che i simboli – il denaro, i reggiseni etc. – parlano di corpi e biografie. Tantomeno, dunque, può comprendere che il fatto che i corpi che li hanno indossati non siano visibili al pubblico, nulla leva alla capacità di quegli oggetti di evocarli.

Così che quei reggiseni diventano una donna e, insieme, ogni donna. Oppure che quei soldi sono il “lavoro” di una donna e, contemporaneamente, ricordano che ciò che ogni donna fa per piacere o per amore può essere per altre una fatica che le investe fisicamente e intimamente. 

Che si tratti di “schiave” oppure di donne che hanno scelto di fare quel lavoro costrette dalle contingenze di vita, quegli oggetti parlano per l’appunto di intimità, storie e parole, che nessun “vendicatore della notte” alla ricerca di trofei dovrebbe permettersi di esibire.

La terza lezione è che il sindaco può agevolmente ribaltare il tavolo da gioco senza rispetto per ciò che è scritto nero su bianco. In un passaggio finale, la lettera delle donne dice che  “se, così come afferma l’unica legge valida in materia, la ‘Merlin’, vi è da combattere lo sfruttamento della prostituzione – e non il lavoro sessuale in sé e per sé, che è frutto di “scelte” dettate dalle circostanze di vita di chi lo pratica – ben venga”. 

Nella ricostruzione del sindaco le donne diventano invece pressoché complici dello sfruttamento. In “Mamma Cicciu mi tocca”  (titolo dalla volgarità impressionante dati i contenuti della lettera a cui dovrebbe rispondere), De Luca asserisce che “le mie 70 concittadine vogliano giustificare la prostituzione elevandola al rango della libera espressione della sessualità femminile, come se la mercificazione del corpo sia divenuta una forma elevata e pura di espressione delle libertà civili”. Un attacco che gli servirà poi per parlare di donne irretite nella tratta e sfruttate da uomini, finendo così col ritrarsi come un salvatore di donne.

Si tratta evidentemente di uno stratagemma retorico che attribuisce all’interlocutore cose che non sono mai state dette e che gli consente di evitare un confronto con il proprio immaginario di maschio nato e cresciuto nel patriarcato. Con tutto quello, in altri termini, che lo guida a immaginare forme ed estetiche della propria presenza nello spazio pubblico. 

De Luca, insomma, rifiuta di soffermarsi su ciò che lo spinge a immaginare che fotografare e postare reggiseni, soldi ed altri “corpi del reato” sia una buona idea. E su perché questa azione – per lui giusta, innocente e, parole sue, “di trasparenza” – possa indignare ben più delle novanta donne che hanno firmato il documento (sentendosi peraltro apostrofare in modi terribili dalla fan-base del Sindaco che non ha ritenuto di censurare i propri sostenitori. In pure stile salviniano).

La quarta lezione è che, oltre a essere un semplificatore seriale della realtà, De Luca non sa davvero molto della complessità sociale che è chiamato ad amministrare. Già la storia dell’ordinanza anti-accattoni e l’ingloriosa scena del Palacultura ce lo aveva suggerito. Ma nell’attimo in cui De Luca chiede alle sue interlocutrici “come ritengano possibile che tutte queste donne straniere che di volta in volta vengono rinvenute negli appartamenti, possano avere scelto, dopo essere giunte in Italia, di trarre il proprio sostentamento dalla pratica sessuale a pagamento”, ne abbiamo la definitiva certezza. 

Sì, sindaco, viene da rispondere! E possibile crederlo e, ancora prima, averlo dimostrato attraverso una mole sconfinata di ricerche sociologiche e antropologiche sulle migrazioni, sulle migrazioni pendolari e su quelle economiche orientate alla rapida accumulazione di capitali.

Ma se è plausibile che De Luca non sappia pressoché nulla di Freud, Foucault e Bourdieu – ossia di pilastri della cultura novecentesca che costituiscono il patrimonio culturale minimo di chi abbia ricevuto una educazione anche soltanto discreta a cavallo tra il secolo passato e quello presente – come fare a pretendere che conosca i nomi di Douglas Massey, Laura Agùstin, Sophie Day, Ronald Weitzer, Teela Sanders e le centinaia di altri che farebbero sembrare quest’articolo un elenco del telefono e che hanno risposto da tempo ai suoi dilemmi, spiegando come prostituirsi possa essere una scelta contemplabile per donne e uomini – migranti e non – che a un certo punto hanno fatto delle valutazioni? E come fare a spiegare a quest’uomo dalle letture umanistiche limitate, che parrebbe avere Charles Bronson come massimo nume tutelare, accanto naturalmente a Maria Vergine, che le relazioni tra sfruttatore e lavoratrice sessuale, e quella tra lavoratrice e clienti, sono complessi? Ben più complessi di quello che i codici o le pruderie lasciano immaginare?

Tempo perso. Solo tempo perso.  

 

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santi
santi
14 Novembre 2019 10:06

Sig. Sindaco lei e’il contraltare di quella ipocrita e bigotta società messinese che crede di essere superiore ad ogni cosa e che in barba a qualsiasi regola sociale hanno la presunzione di dare sentenze.
Lei è chiamato ad un compito pesantissimo ,quello di risanare in tutte le sue sfaccettature una città che è stata abbandonata al proprio destino. Non si curi di loro e vada avanti

Pieteo
Pieteo
14 Novembre 2019 10:58
Reply to  santi

E lei, Santi, si iscriva con il sig. Sindaco a un corso universitario, che contempli magari un insegnamento di storia della sessualità. Dopo, magari, cambierete il mondo per meglio…

Agata
Agata
15 Novembre 2019 14:57
Reply to  Pieteo

Il sindaco ha solo la passione delle telecamere,oggi è andato dal bambino malato,c”era bisogno che parlasse la televisione? Lui fa tutto davanti alle telecamere e la fascetta. È un buffone montato, A me non è mai piaciuto e continua a non piacermi. Spero di ricredermi.

Agata
Agata
15 Novembre 2019 14:50

Che sindaco efficente!forse troppo, chissà tra un bliz e l’altro qualche regista lo ingaggi.Io lo trovo un bravo attore, ha fatto il sindaco nel suo “paesello”ma purtroppo le telecamere non si scomodavano a intervistarlo solo in certe occasioni. Ora della serie “qui comando io”il nostro padreterno dei poveri (con tutto il rispetto per il Padreterno) lo troviamo da per tutto. BASTAAAA