MESSINA. «Chiede che si proceda penalmente nei confronti del signor Cateno De Luca, accertando la sussistenza dei reati sopra indicati, e di tutti gli eventuali reati configurati dai fatti sopra prospettati o successivamente accertati dalla P.G., punendoli con la relativa sanzione». Firmato Ivan tripodi, segretario generale della Uil di Messina, che stamattina ha depositato presso il tribunale la querela ai danni del sindaco Cateno De Luca.

Il motivo del contendere è il preambolo alla prima edizione del SalvaMessina intitolato “Riflessioni a cuore aperto: a rischio la mia vita di sindaco di Messina perché dai tradizionali annunci sono passato ai fatti”, scritto da Cateno De Luca come introduzione al documento e introdotto da una frase di padre Annibale Maria di Francia. «Nella premessa del documento sopra indicato, il sindaco Cateno De Luca proferiva frasi dal contenuto altamente diffamatorio indirizzate tanto all’organizzazione sindacale di cui sono segretario quanto alla mia persona», lamenta Tripodi. Nel documento, De Luca parla di difesa “oltre il consentito” di posizioni di privilegio, di pizzo legalizzato, malaffare e illiceità contabile che i sindacati avrebbero difeso, senza entrare troppo nello specifico. E’ il 12 ottobre.

Il giorno successivo, secondo Tripodi, De Luca torna alla carica, stavolta dal suo profilo Facebook, circostanziando le accuse, rivolgendosi direttamente alla Uil (e alla Cgil) scrivendo «avete trovato pane per i vostri denti», e «Durante il comizio di domani spiegherò alla città perché siete nocivi per la società”, in un post, e «si confermano nemici della città e difensori dello sfascio e del pressappochismo» in un altro, di qualche ora successivo.

Passa un mese, spiega Tripodi, ed il 6 novembre arriva un altro post in cui i due sindacati sono tacciati di essere stati «complici silenti dell’azione di un sistema di potere che ha utilizzato come un bancomat le casse municipali e delle partecipate», più altre accuse colorite.

Per questo, molto sommariamente, Ivan Tripodi ha querelato Cateno De Luca per diffamazione, ai sensi dell’articolo 595 del codice penale, ipotizzando l’aggravante dell’aver proceduto “a mezzo stampa”. «Nessun dubbio sorge sulla portata altamente diffamatoria delle frasi scritte, volte a descrivere la Uil Messina e la sua dirigenza quale espressione di illegalità e, ancora peggio, difesa degli interessi personali dei rappresentanti della stessa a discapito dei lavoratori!», scrive Tripodi.

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