MESSINA. Dopo la vicenda (ancora irrisolta) del capodoglio, rimasto incastrato in una rete da pesca a Salina, viene resa nota dal WWF l’analisi della pesca illegale nazionale, che vede la città dello stretto spiccare tra i primi posti per sequestri di tonno rosso pescato e commercializzato illegalmente. Infatti, su 43 operazioni effettuate in tutto il territorio nazionale, che hanno svelato un totale di 10 tonnellate di tonno rosso pescato illegalmente, 32 sono state eseguite tra Messina, Catania e Palermo.

I dati analizzati dal WWF riguardanti il periodo che va dal primo gennaio al 17 giugno 2019 e 2020, mostrano che oltre l’80% della pesca illegale avviene tra maggio e giugno e per la maggior parte viene effettuata in Sicilia. Le regioni delegate al commercio invece, sono principalmente Calabria, Campania e Puglia.

Nel 40% dei casi, il tonno sequestrato è stato rilevato non idoneo al consumo, probabilmente a causa di irregolarità nella conservazione, inoltre spesso viene pescato da non professionisti che commettono una doppia illegalità: pescano il tonno con il palangaro (il cui utilizzo a questo scopo è vietato per la pesca ricreativa) e lo introducono sul mercato, creando una concorrenza sleale con i pescatori professionisti.

“La pesca illegale di tonno rosso continua ad essere una piaga del nostro Paese -ha affermato dice Giulia Prato, Marine Officer del WWF Italia-  I dati raccolti dai sequestri rappresentano probabilmente solo una minima parte della illegalità totale che continua a minacciare il recupero dello stock ittico più pregiato del Mar Mediterraneo, a lungo in via di estinzione. Occorrono più controlli, soprattutto in mare, e sanzioni più severe contro chi froda, danneggiando i pescatori che rispettano le regole e i consumatori”

 

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