MESSINA. Il prossimo sindaco? Dipenderà da…Beppe Picciolo. E Totò Cardinale. Il numero uno regionale di Sicilia futura, ed il dirigente messinese, si incontreranno martedi per decidere se rimanere coi mal di pancia nel centrosinistra, o accasarsi nell’affollato schieramento di centrodestra. Il che vorrà dire, a Messina, diventare l’ago della bilancia e determinare se il sindaco sarà eletto al primo turno o meno.

Per gli “esperti” di cose amministrative messinesi, lo scenario è questo: il centrodestra con i Dr (o come si chiamerà la formazione che da centrosinistra varcherà il Rubicone) è dato al 40%, quindi elezione diretta del candidato sindaco che esprimerà la coalizione. Senza, si fermerebbe prima e si andrebbe al ballottaggio. Ipotesi in relazione alla quale, ad esprimere un parere non si cimenta nessuno, tanta sarebbe l’incertezza che regna.

Che sindaco schiererà la coalizione di centrodestra? Dino Bramanti è tutt’altro che sicuro: proposto da Elvira Amata di Fratelli D’Italia, e gradito a Nino Germanà e Francantonio Genovese di Forza Italia, al resto della coalizione (forze comunque minoritarie) non è andato giù. Da Carmelo Lo Monte per la Lega, all’ala avversaria della Amata di Fratelli d’Italia che fa capo al coordinatore provinciale Giuseppe Sottile), ad Emilia Barrile, che ha iniziato a battere i pugni a fine gennaio, prima delle politiche, reclamando luci della ribalta che ritiene gli spettino, la nomina del direttore scientifico dell’Irccs Neurolesi è stata fino ad oggi digerita dagli alleati solo con l’aiuto di abbondanti dosi di Maalox.

Chi sembra non averne bisogno è Pippo Trischitta, che continua imperterrito per la sua strada: e un Palacultura pieno (senza nessuno dei consiglieri comunali ai quali aveva mandato inviti, tranne Daniela Faranda) lo ha gasato ancora di più, dandogli conferma di quello che pensava a dicembre, quando si è candidato rompendo gli equilibri senza attendere le decisioni del partito e della coalizione. Più o meno come Cateno De Luca, che da due mesi sta puntando sulla “guerriglia” a suon di numeri e comunicati, e di pattugliamento palmo a palmo del territorio: De Luca, tra l’altro, già a fine ottobre dichiarava di avere pronte le sette liste a supporto della sua candidatura.

Lavoro nel quale si sta cimentando Renato Accorinti, sindaco uscente che di liste sicure ne ha già due, quella di Cambiamo Messina dal basso e quella “del sindaco”, ma ce ne sarà sicuramente un’altra (e probabilmente ancora qualcuna): l’esatto contrario del Movimento 5 stelle, che le liste ce le hanno ben chiare (una al Comune, ma presenze in tutti i quartieri, diversamente dal 2013), ma non il candidato sindaco. Il più gettonato, Gaetano Sciacca, ha smentito un mese fa, ma la vittoria clamorosa dei pentastellati gli ha fornito la spinta necessaria a superare le perplessità: e quindim, in settimana ci sarà l’ufficializzazione.

Poi c’è Daniele Zuccarello, che una settimana fa ha rotto gli indugi per la prima volta dopo mesi di manifesti che parlavano di amministrative e mai di candidatura a sindaco. “Mi candido”, ha spiegato, facendo immediatamente un passo di lato. La sensazione è che alla fine Zuccarello contribuirà con la sua lista Missione Messina al candidato del centrodestra, vista anche l’avvicinamento a Germanà (che infatti era presente in sala). Alla sua presentazione c’era anche il presidente dei commercialisti Enrico Spicuzza, nome che spunta da un anno e mezzo come candidato di qualcosa, ma ancora non si è mai concretizzata.

Alla fine c’è il centrosinistra. Uscito a pezzi dalle politiche, con la spada di Damocle dell’abbandono di una componente numericamente importante, Pd e alleati sono in clamoroso ritardo e si guardano attorno. Quasi completamente annullata la componente centrista, e con consiglieri che dopo vent’anni probabilmente hanno detto basta e non si ricandideranno (Mario Rizzo e l’ex vicesindaco Franco Mondello), ai democratici non sembra restare alternativa che non siano le primarie. A meno che non si decida di puntare di nuovo su Antonio Saitta (il più gettonato al momento)o  Felice Calabrò, che scalpita, rompere gli schemi con Maria Flavia Timbro o addirittura cercare ancora nel mondo accademico e tirare fuori dal cilindro la candidatura di Gustavo Barresi. Che al momento non è nemmeno un’ipotesi, ma giusto un’idea. Il che la dice lunga sul clamoroso ritardo dei democratici.

 

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