MESSINA. Si è concluso con 9 condanne e 10 assoluzioni il processo d’appello dell’operazione “Alexander”. La Corte d’Appello ha disposto anche due prescrizione ed un non luogo a procedere per morte del reo. Il processo ruota attorno ad episodi estorsione e tentata estorsione ai danni di imprese edili e detenzione di droga. Una parte del processo riguardava cinque appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria accusati di falsità ideologica che sono stati assolti con formula piena.

Questa la sentenza: condanne per Maurizio Lucà a 12 anni, Stefano Celona a 6 anni e 6 mesi, Leonardo Parisi 3 anni e 6 mesi, Gaetano Li Mura e Giuseppe Stancampiano Pizzo a 2 anni e 6 mesi  ciascuno, Vittorio Carnazza 7 anni, Orazio Famulari 7 anni, infine Nunzio Lascari e Antonino Bonanno 4 anni.

I giudici hanno poi riqualificato il reato in ricettazione assolvendo “per non aver commesso il fatto” Antonino Spartà, Roberto Enzo Maria Pizzino, Giovanni Bontempo, Egidio Comodo e Salvatore Musumeci.

Infine assoluzione con formula piena per gli appartenenti alla Polizia penitenziaria Carmelo Scilipoti, Salvatore Strazzeri, Francesco Giunta, Carmelo Cutropia e Domenico Pantò. La Corte d’Appello li ha assolti con la formula “perché il fatto non sussiste”. Non luogo a procedere per prescrizione per Stefano Murgo e Letterio Morgana. I giudici hanno accolto quasi del tutto le richieste del sostituto pg Adriana Costabile. A sostenere le ragioni della difesa gli avvocati Antonello Scordo, Salvatore Silvestro, Alessandro Trovato, Tommaso Calderone, Silvana Messina, Giovambattista Freni, Anna Smedile, Alessandro Pruiti Ciarello, Daniela Garufi, Giuseppe Perichizzi, Alessio Mento, Salvatore Sorbello, Privitera, Giuseppe Tortora. La parte civile è stata rappresentata dall’avvocato Danilo Santoro. Il processo di primo grado si era concluso a maggio 2017 con 22 condanne e 3 assoluzioni.

L’indagine ha preso il via da accertamenti già avviati dai carabinieri ai quali si sono aggiunte le denunce di atti intimidatori da parte di imprenditori impegnati nei lavori di ristrutturazione del complesso Arcobaleno e nella realizzazione di una scuola elementare a Santa Lucia sopra Contesse. Gli accertamenti, nel dicembre 2014, sfociarono  nell’operazione “Alexander” dal nome di un locale davanti al quale si ritrovavano gli indagati. Nell’inchiesta finirono anche alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria  accusati di falsità ideologica per i controlli sui detenuti dopo i colloqui con i parenti nel carcere di Gazzi. L’indagine scaturisce da un filone dell’operazione “Richiesta” del 2006 che face fallire un progetto per uccidere Antonino, fratello del boss Giacomo Spartà, l’ordine sarebbe partito dal carcere di Gazzi.

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