Il mio viaggio in Cile – un mese trascorso a girovagare per il paese a cavallo tra 2018 e 2019 – ebbe in realtà inizio in piena estate 2017 sulla spiaggia di Capo Peloro. Non so quanti di voi ricorderanno i murales realizzati in quel periodo sui massi frangiflutti di quel tratto meraviglioso della nostra costa dall’artista cileno Gonzalo Matiz (se per caso volete rinfrescarvi la memoria, date un’occhiata qui). Ecco, io me ne ricordavo molto bene, mentre ero in procinto di chiudere il mio zaino pronto a partire alla volta di Santiago.
Avevamo anche avuto modo di incontrarci e scambiare quattro chiacchiere, complici amicizie comuni e ruoli istituzionali. Così, sempre attraverso quella rete di contatti che sta alla base di ogni mio spostamento, raggiungo telefonicamente Gonzalo. Uno scambio di messaggi e note vocali su Whatsapp e mi guadagno un invito a trascorrere i miei giorni a Santiago nel suo atelier, situato nel cuore del Barrio Bellavista, il quartiere culturalmente più attivo della capitale cilena.
A distanza di quasi un anno da quei giorni (in totale credo di aver passato poco più di una settimana a Santiago), si mescolano tanti ricordi, a cominciare da quelli personali, bellissimi, di una persona semisconosciuta che ti apre le porte del suo spazio più intimo, quale può essere per un artista il proprio atelier, per condividerlo con te, straniero – quante chiacchierate fino a tarda notte, circondati dagli schizzi delle sue opere e da quelle, terminate, del suo vicino d’atelier. Ma tanti sono anche i ricordi della Santiago che mi ha fatto scoprire, quella dell’arte di strada e della cultura indipendente, per me ben più interessante della ben più famosa (almeno da questo punto di vista) Valparaíso. Un’oasi da attraversare e da preservare, nel processo di turistificazione imperante che miete vittime su tutto il globo terrestre.
Io sono stato fortunato: scoprire Bellavista con el pintor, come lo chiamano da quelle parti, è un privilegio. Perché oltre a raccontarti la storia dei murales che campeggiano in un flusso quasi ininterrotto nelle varie cuadras (isolati) del quartiere, una gran parte dei quali portano la sua firma, tra una cosa e l’altra ti presenta la signora che vive accanto al suo atelier e che ha voluto che dipingesse la facciata della sua casa o il panettiere da cui va a comprare il pane per smangiucchiare qualcosa in una delle brevi pause delle sue lunghe giornate passate a dipingere. È, in sostanza, il racconto vivente di un rapporto forte ed autentico tra artista, arte e territorio. Guardare i murales, fotografarli, confondendosi alle decine di turisti gringos che girano per le strade di Bellavista, è un’esperienza diversa se si riesce a cogliere il significato che queste opere hanno per il quartiere.
Quel che colpisce di questo angolo di Santiago (per lo meno a ovest della calle Pío Nono, dove tutto diventa più commerciale), infatti, non sono solo queste distese di pittura e colore, ma il modo in cui questo viene vissuto dai residenti. Con i soggetti più diversi, da quelli più esplicitamente politici, a quelli che sembrano esserlo meno, ma in realtà lo sono ugualmente: il mural in calle Dardignac della famiglia Parra, da Nicanor a Violeta, è un inno a un certo tipo di cultura, così come fortemente politico, nel senso più alto, è il messaggio che viene dal semplice abbellimento delle case più povere ed essenziali. Nessuna pretesa dal sapore qualunquista, nessuna bellezza che salverà il mondo, ma quantomeno questo serve a dare un tocco di colore, di vita, di piacere alla quotidianità di chi non può permettersi una casa in una zona più chic (e magari nemmeno la vorrebbe, a dirla tutta).
Bellavista è un quartiere da vivere con calma, osservando il modo in cui cambia nel corso della giornata. E quando ci si stanca di guardare le decine di murales, magari qualcuno ancora in corso di realizzazione (capita, anche perché finché non si va in Cile è difficile capire l’importanza dell’arte murale nella cultura di questo popolo), c’è La Chascona, una delle residenze di Pablo Neruda, c’è il Cerro San Cristobal, da cui si gode una vista incredibile su tutta Santiago, smog permettendo. E giusto alle porte del quartiere, appena oltre il fiume Mapocho, c’è Baquedano – Plaza Italia per la gente del posto. Una piazza non bellissima, ma
snodo fondamentale della vita sociale della città. Ricordo che, la prima volta che ci siamo passati, Gonzalo mi disse: questo è il punto cruciale di tutte le più grandi manifestazioni della storia del Cile.
Vedere foto e video di questa piazza mesi dopo, con la storica marcia femminista dello scorso 8 marzo, con le grandi mobilitazioni delle ultime settimane contro il governo di Sebastián Piñera e contro un sistema di potere transitato senza soluzione di continuità dalla dittatura di Pinochet alla democrazia, è davvero emozionante.
Di tutto ciò, Plaza Italia è stata uno dei punti cruciali, lo scenario privilegiato. È lì, a due passi dai murales di Bellavista, che si sta facendo, ancora una volta, la storia del Cile.
Per info e contatti: federico.alagna2@unibo.it