MESSINA. La fase di transizione tra Messinambiente e MessinaServizi bene Comune, il passato e il futuro dei servizi ambientali del comune di Messina, si sta rivelando più lunga e complicata del previsto. Perché è il presente che si sta rivelando problematico e complicato.
Sul fronte MessinaServizi Bene Comune lo scenario non è al momento roseo. Oggi in consiglio comunale si deciderà (forse) dell’affidamento del servizio di igiene ambientale, ma a preoccupare è non cosa farà la nuova società, ma chi lo farà. In una delle prime ricognizioni del personale, l’amministratore unico Beniamino Ginatempo ha chiaramente espresso il suo giudizio sul personale che da Messinambiente e dall’Ato dovrebbe transitare dentro la nuova partecipata: sono troppi. Di riduzione di personale, a qualsiasi livello, però, sia Signorino che l’assessore all’Ambiente Daniele Ialacqua non vogliono sentirne parlare, e questo potrebbe causare le prime frizioni.
Anche i sindacati sull’argomento sono sul chi vive. La Fit Cisl, che aveva chiesto un incontro a Ginatempo all’indomani della riunione in cui erano emerse le perplessità sul personale, non ha ancora ricevuto risposta.
Sul fronte Messinambiente, l’incendio di Pace di una settimana fa ha esacerbato il rapporto già non idilliaco tra l’amministrazione e i vertici della partecipata, oggi rappresentati dal liquidatore Giovanni Calabrò. Che ce la sta mettendo tutta per tentare di non far fallire Messinambiente, società che tra una settimana dovrà presentare il concordato che il giudice delegato Giuseppe Micali gli ha accordato, e sperare che alla sezione fallimentare del tribunale di Messina vada bene.
I dettagli del concordato sono stati messi a punto quasi un mese fa: trenta milioni per chiudere la transazione in cinque anni, divisi in partite da cinque milioni ciascuno per il Tfr dei dipendenti, per i debiti previdenziali con l’Inpdap e per altri debiti, soprattutto coi fornitori. I restanti quindici milioni dovrebbero estinguere il debito con l’Agenzia delle entrate, che di Messinambiente aveva chiesto il fallimento. Il Comune di Messina, quindi, dovrebbe garantire sei milioni all’anno per i prossimi cinque anni.
Senonchè è qui che sorge il primo problema. A inizio aprile, tra Calabrò e l’assessore alle Partecipate Guido Signorino è sorto un “malinteso”: Calabrò, in ossequio a quanto stabilito nella stesura del concordato, chiedeva sei milioni, Signorino ne offriva tre. In un frenetico giro di email, Calabrò non se l’è tenuta, chiedendo se Signorino avesse capito (o scritto) male, o se davvero intenzione del Comune fosse quella di dare metà di quanto era stato faticosamente elaborato per un mese.