MESSINA. Approdo dei migranti in fuga, in questi anni, mercato di servitori domestici tra Seicento e Settecento per la Sicilia e la Calabria. A Messina, nei secoli XVII e XVIII secolo, complice il suo essere snodo marittimo, imperversava la moda degli “schiavi di colore”, come si desume dai documenti rintracciati da Giovanni Molonia nellʼarchivio di San Nicolò allʼArcivescovado, il cui registro dei battesimi è stato esposto al Wien Museum in occasione della mostra “Angelo Soliman. Un africano a Vienna”, allestita alla fine del 2011. Negli atti, i sacramenti erano contrassegnati come impartiti ai servus turcarum generi. Un vezzo che non risparmiava nessuno, come dimostra un documento da cui risulta che anche una monaca del mostastero di San Gregorio era in possesso di un piccolo servitore. Per comprendere il fenomeno, basta solo dire che, scorrendo il registro, in circa venti anni i battesimi di schiavi, a Messina, furono una cinquantina.

IL CASO SOLIMAN. A passare alla storia, legando la città a Vienna, fu proprio Angelo Soliman. Chi era? Nato presumibilmente nel 1721 e rapito quando era bambino, viene venduto come schiavo allʼetà di sette anni. A Messina va a servizio dai Sollima e nel 1731 viene battezzato, prendendo il nome che porterà per tutta la vita. Quindi, va in dono al governatore Lobkowitz, che accompagna in battaglia (dopo la partenza dalla città dello Stretto) in Lombardia,Transilvania, Boemia e Ungheria. Dopo la morte di Lobkowitz, diventa proprietà del Principe Wenzel von Liechtenstein, che nel 1755 lo porta a Vienna. È questa la fase dellʼistruzione per Soliman, che, da valletto di camera, diventa quel “Moro principesco” che nel 1760 è a Parma nella delegazione della corte che va a prendere la sposa dellʼimperatore Giuseppe. Il 6 Febbraio 1768, con dispensa del cardinale Migazzi, si sposa, entrando in conflitto con il principe. Dopo un periodo ai margini, e la morte del vecchio principe, Soliman abbandona la periferia per rientrare a Corte. Il principe Franz, infatti, lo riammette nel 1773 e lo nomina precettore del figlio. Pochi anni prima, però, cʼera stato anche lʼingresso nella massoneria (altro suggestivo legame tra Messina e Vienna). Angelo Soliman muore il 21 novembre 1796, alle due pomeridiane, durante una passeggiata lungo il fiume.

 

LE QUATTRO FASI. La storia di Soliman fa parte della mitologia della città di Vienna, anche a causa della profanazione del suo cadavere, tirato fuori dalla sepoltura per ricavarne lʼimmagine del selvaggio vestito solo di piume e conchiglie da esporre nel Gabinetto Imperiale di Storia Naturale. Ma questa è solo lʼultima delle quattro fasi (il “Moro mummificato) in cui viene suddivisa la vicenda di questʼuomo, probabilmente proveniente al gruppo etnico Kanuri (il suo nome originale, che si ipotizza sia stato Mmadi Fai, legato a una famiglia principesca) dello Stato di Sokoto, nellʼodierna Nigeria. Il primo degli aspetti di Soliman è quello del “Re Moro”, al quale seguono il “Moro nobile”, il “Moro fisionomico” e, appunto, il “Moro mummificato”. Il primo si riferisce alla moda dei servi di colore nelle classi altolocate europee, che consideravano la loro presenza un vero e proprio status symbol. Il “Moro nobile”, invece, è legato alla sua ascesa sociale, determinata dallo “scandaloso” matrimonio con una donna aristocratica viennese e la sua iscrizione alla massoneria. Per quanto riguarda il “moro fisionomico”, invece, non è che il preludio del destino di Soliman, studiato dagli etnologi viennesi in vita con susseguenti teorie sulla “razza africana”.

LA VITA A MESSINA. Ma come fu la vita di Soliman in città? Secondo Molonia, dalla consegna al Governatore fino alla sua partenza, nel 1735, il ragazzo passò molto tempo nella Cittadella, visti i rapporti non buoni tra il suo padrone e i messinesi. Il cognome Soliman è una trasformazione di Sollima, mentre il nome Angelo probabilmente derivava dalla sua bellezza. Quella dei Sollima era una famiglia nobile, con qualche esponente di rilievo nella storia della città, che si estinse a causa della peste del 1743.

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Lucia Contino
Lucia Contino
18 Ottobre 2022 13:27

I Sollima non si estinsero nel 1743. Sopravvisse Giuseppe Sollima Tranfo, figlio di Litterio Sollima . Le figlie si sposarono a Castroreale(Me). Franca Majmone nata Sollima e Teresa Perroni nata Sollima ,mia quadrisavola. Distinti saluti

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