MESSINA. Sette matrimoni su 10 in Sicilia si celebrano in chiesa, in controtendenza con gran parte dell’Italia, dove a prevalere sono le unioni in comune, con una netta frattura fra il nord e il sud del Paese. È quanto si evince dal report annuale realizzato dall’Istat, che ha analizzato le principali caratteristiche socio-demografiche degli sposi nel corso del 2019.

In base ai dati, in provincia di Messina si sono celebrati in tutto 2286 matrimoni, dei quali 1560 religiosi e 726 civili, il 31% del totale. Una percentuale che cresce al 37% nella città dello Stretto, dove i riti religiosi sono stati 423 e quelli civili 247, su un totale di 670 nozze. Fra i capoluoghi di provincia la città più “laica” è Catania, dove i riti civili rappresentano il 48,5 del totale, mentre ad Agrigento ammontano al 17%.

 

 

In generale, su 22 regioni (comprese le province autonome di Treno e Bolzano) sono solo sette i territori in cui i matrimoni in chiesa continuano a prevalere (Abruzzo, Calabria, Sicilia, Molise, Campania, Puglia e Basilicata), con percentuali del tutto agli antipodi rispetto al Nord Italia.

Netta la spaccatura fra Settentrione e Meridione anche per quanto riguarda i matrimoni fra italiani e stranieri: una circostanza che in Sicilia, ultima in graduatoria, avviene solo nell’8,6 dei casi, a fronte del 23,9 del Nord-Ovest e del 25,1 del Nord Est.

 

 

La Sicilia è anche una delle regioni in cui ci si sposa più giovani: l’età media degli sposi è di 34,2 anni (la seconda più bassa dopo la Campania), mentre quella delle spose è di 31,2 (la seconda più bassa dopo la Calabria).

Nessuna novità di rilievo per i mesi scelti per convolare a nozze: a prevalere, in Sicilia così come nel resto d’Italia, è Settembre, seguito da Luglio, Giugno e Agosto.

Per quanto riguarda invece le unioni fra persone dello stesso sesso, nel 2019 sono state 2.297 in tutta Italia, a fronte delle 2.808 del 2018, che si sommano alle 2.336 celebrate nel corso del secondo semestre 2016 e alle 4.376 del 2017.

Per quanto riguarda il 2018 si conferma la prevalenza di coppie di uomini (1.802 unioni, il 64,2% del totale), anche se in progressivo ridimensionamento (73,6% nel 2016, 67,7% nel 2017). Il 37,2% delle unioni civili è stato costituito nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). In testa si posiziona la Lombardia con il 25%, a seguire Lazio (15,1%), Emilia-Romagna (10,0%) e Toscana (9,4%). Le unioni civili costituite in Italia nel 2018 sono 4,6 per 100 mila abitanti: si va da 7 di Lazio, Lombardia e Toscana a circa 0,5 per 100 mila di Calabria, Basilicata e Molise. Emerge con particolare evidenza il ruolo attrattivo di alcune metropoli. Nel 2018, infatti, nelle grandi città si è concentrato il 32,7% delle unioni civili avvenute in Italia: in cima alla graduatoria si trovano Roma (290 unioni, 10,3%) e Milano (257 unioni, 9,2%); la quota di unioni civili di coppie di uomini risulta particolarmente elevata a Milano (pari al 75,5%) rispetto a Roma (66,9%). Considerando l’incidenza delle unioni civili sul totale della popolazione residente, nel 2018 si sono costituite a Milano 18,7 unioni civili per 100 mila abitanti, a Roma 10,1. Tra le città del Mezzogiorno soltanto Napoli e Palermo mostrano valori superiori all’1 per 100 mila abitanti, analogamente a quanto osservato nel periodo precedente.

 

 

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