Ha riservato più di un colpo di scena il processo per la morte di Mustapha Mandili, 35 anni, un marocchino pestato a sangue con calci pugni e colpi di casco la sera del 29 luglio 2015 nei pressi della Stazione Marittima. L’uomo morì in ospedale il 9 agosto, una decina di giorni dopo. Il processo, in Corte d’Assise, è nei confronti di un giovane messinese, Giovanni Raffone, arrestato dai carabinieri poco tempo dopo e di Bogdan Carare, un romeno che invece aveva fatto perdere le tracce. Stamattina, invece, il romeno è comparso in aula quando il processo è quasi arrivato alla fine. L’uomo è stato rintracciato nei giorni scorsi in Spagna dall’Interpol e subito estradato in Italia. Ai giudici ha detto di essere andato in Spagna per lavoro, di aver saputo solo in un secondo momento dell’accusa per la morte del marocchino e di aver avuto paura di tornare in Italia. Ricostruendo l’episodio del pestaggio ha sostenuto di non aver fatto nulla. Intanto il pubblico ministero Piero Vinci, che inizialmente contestava l’omicidio preterintenzionale, la scorsa udienza ha modificato il capo d’imputazione in omicidio volontario aggravato. L’accusa contesta anche la violenza privata nei confronti di un amico della vittima al quale sarebbe stato impedito di intervenire. A questo punto gli avvocati Salvatore Silvestro, Marinella Ottanà, Giuseppe Romeo e Rosa Nastasi hanno chiesto ed ottenuto per i loro assistiti il giudizio con rito abbreviato. Quella sera ci fu un diverbio con i due marocchini, forse a causa di una donna , all’interno di un locale vicino alla stazione. La discussione proseguì anche fuori dove il marocchino fu accerchiato da un gruppo di persone, gettato per terra e picchiato a calci, pugni e colpi di casco. L’uomo fu soccorso e trasportato in ospedale ma il 9 agosto morì per i gravi traumi riportati. I carabinieri ricostruirono l’episodio attraverso testimonianze ed anche le telecamere di sorveglianza puntate sul piazzale della stazione marittima che ripresero l’aggressione.
