Salgo su una macchina del tempo e torno indietro di mezzo secolo. Mi ritrovo studente liceale di destra. Non una destra paretiana, gentiliana, mussoliniana ma una destra tutta particolare, che crede in un ordine gerarchico e spirituale dell’universo e della necessità di lavorare perché tale ordine possa sempre di più inverarsi nella storia. E per ciò mi è necessario credere in una Tradizione primordiale, in un’età dell’oro dalla quale poi l’umanità si sia allontanata disconoscendo progressivamente quei sacri fondamenti.
I miei autori preferiti erano Julius Evola, René Guénon, Oswald Spengler, e pochi altri. Consideravo Elémire Zolla un pallido scimmiottatore di quei maestri della Tradizione che ritenevano essersi conclusa la vera storia con la fine del Medioevo e l’avvento dell’anarchia e dell’individualismo umanistico foriero della barbarie illuministica, della Rivoluzione Francese, del socialismo e della modernità etc. etc.
Se oggi guardo a quelle mie giovanili posizioni vengo percorso da un brivido. Ho corso veramente il rischio di crescere, di diventare adulto credendo in un universo siffatto, ritenendo che le caste fossero proiezione di un ordine divino e che “chi non ha un centro dentro di sé è bene che lo abbia fuori di sé” (che, detto in parole povere, significa: se non sei un capo, un iniziato, è giusto e naturale che qualcuno assuma il controllo della tua vita e possa comandarti per divina elezione).
Veramente avrei potuto diventare un nazifondamentalista ai cui occhi il pianeta terra fosse valutato alla stregua di una mappa di Risiko e l’intera avventura umana un cupo universo simile a quello che Tolkien ha splendidamente immaginato nei suoi libri, un campo di forze che vedesse impegnate razze, stirpi, uomini e deità, tutti intenti a sopraffarsi a vicenda….
Da questo abisso di nocivo, orrido e molto molto provinciale Sturm und Drang mi hanno salvato la filosofia, l’antropologia, la storia delle religioni, Carlo Marx e Antonio Gramsci e, soprattutto, il Vangelo. La prima mi ha nutrito di pensiero critico attraverso Vico, Kant, Hegel, Croce; la seconda e la terza mi hanno fatto comprendere il valore del relativismo culturale e la splendida sfida delle diversità; il quarto e il quinto mi hanno insegnato che sono gli uomini a fare la storia, anche se non sanno di farla; che le idee dominanti sono sempre da ricondurre a una classe dominante che le utilizza e le diffonde per rafforzare il proprio dominio; che tutti gli uomini, anche gli ultimi, hanno il diritto di vivere degnamente e di ricercare la propria felicità; che nella valutazione dei fatti occorre sempre distinguere le ideologie dalla prassi, e giudicare le persone non da ciò che dicono ma da ciò che realmente fanno. Il Vangelo poi mi ha mostrato che se ci sono molte più cose in cielo e in terra di quante ne possano sognare le nostre filosofie, ciò è da ascrivere all’esistenza di un Padre amorevole che ci ha fatti per amore, e per amore ci lascia liberi di tendere o meno a lui.
Bene. Non ho fatto questo, per me imbarazzante outing per vezzo intellettualistico o per facile vanità senile di aver dato alla propria vita un orientamento che si reputa giusto. L’ho fatto perché quella Destra, folle e ingenua, che si alimentava di esoterismi d’accatto, ha subìto una mutazione antropologica. Chi si dice oggi di destra si muove a un livello, per così dire, ancora più basso, più provinciale, più meschino e cialtrone.
Vi è capitato qualche volta di leggere o sentire le dichiarazioni dei fans di Meloni o Salvini, sul web o in interviste video? O avete mai letto un’esternazione di Vittorio Feltri, Lele Mora, Mariastella Gelmini, Luca Zaia, Vittorio Sgarbi, Mario Borghezio, Roberto Fiore, Alessandra Mussolini, tanto per citarne alcuni a caso?
Tutti costoro sono “di destra”. Da quanto esprimono, a parole e con la prassi, emerge una visione egoistica della società. Ad esempio, i ricchi sono ricchi e hanno tutto il diritto di esserlo anche se la loro ricchezza si è costruita sullo sfruttamento di altri. I potenti hanno il diritto di calpestare le leggi, di evadere le tasse, di non accettare tutte le regole della democrazia perché tali regole ledono la loro libertà d’azione. In tale prospettiva uno dei poteri dello Stato, la Magistratura, diventa “comunista” allorché inizia a perseguire reati connessi alla violazione di tali regole. Anche il Parlamento viene visto come “aula sorda e grigia”, buona solo se composta da gregari e onorevoli adoranti piuttosto che da politici liberi e attenti al rispetto del bene comune.
Visioni molto circoscritte, provinciali, meschine, come si vede. Da piccoli borghesi attaccati ai propri interessi, per nulla amanti di quella “Patria” da essi continuamente sbandierata insieme a “Dio”, continuamente negato nel più rozzo Darwinismo sociale, e alla “Famiglia”, che va bene come vessillo agitato da leaders che in realtà di famiglie ne hanno più d’una e che assai sovente contraddicono ogni dichiarazione di principio con comportamenti a dir poco vergognosi.
Idee balorde dunque, che diventano follie e paranoie allorché dalla politica interna si passa a un quadro planetario. Qui emergono i più turpi razzismi, il disprezzo totale per tutti i Sud del mondo, nell’ignoranza completa e imbarazzante di quante e quali siano le responsabilità passate e presenti dell’opulento Occidente nei mali che affliggono da secoli i popoli resi subalterni da una spietata prassi coloniale, proseguita con le armi e i mercati anche dopo la presunta fine del colonialismo.
Mi chiedo dunque, e chiedo a chi mi legge: che razza di vita grama è quella di chi si nutre quotidianamente di egoismo, odio, diffidenza, aggressività nei confronti di nove decimi del proprio prossimo?
Ho seguito sgomento i due recenti, fintoceanici, raduni di Matteo Salvini, il primo con i suoi leghisti il secondo con l’intera compagine di destra. Erano parimenti palpabili l’ignoranza, la violenza verbale, l’intolleranza e una notevole ottusità sociale che rendeva quelle persone, imbevute di pochi vuoti slogan, incapaci di leggere la storia, e perciò destinati ahimé a crogiolarsi nel loro misero particulare. Incapaci di gettare uno sguardo sulla vita pulsante del pianeta e degli uomini e donne che lo abitano. Incapaci di vivere nella gioia, senza un nemico che li facesse sentire superiori.
Nei confronti di una tale realtà, prima ancora che la rabbia e l’indignazione, scatta dapprima l’incredulità che si possa giungere a tanto, e poi la pena per una società imbarbarita. Non più quella, pur fasulla, degli eroismi titanici della destra di un tempo (anche i sovranismi eurasiatici di Alexandr Dugin si rivelano, sotto sotto, meri puntelli alle logiche imperialistiche di Putin), ma una società in cui la barbarie è d’accatto, ancora impantanata nelle contraddizioni di un capitalismo feroce che necessita della ferocia per poter continuare a imporsi. Un provincialismo “padano” che si nutre al contempo di becere mitologie e di edonismi da discoteca, celando di fatto la difesa meschina di interessi piccoloborghesi. Una miseria civile e psicologica rispetto alla quale non sai decidere se ad occuparsene sia più indicato l’antropologo o lo psichiatra.
Intanto il nostro Paese va a rotoli. Un Paese che ha espresso persone come Einaudi, La Pira, Pertini, Olivetti, Pasolini, Sciascia, Rodari, Don Milani…..
Che il futuro che ci apprestiamo a vivere sia meno oscuro di quanto il nostro oscuro presente lascia oggi presagire!