𝐐𝐮𝐚𝐬𝐢 𝟐𝟓 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐟𝐚.
Ricordo perfettamente, eravamo a Messina sui gradini del campo di atletica Santamaria (conosciuto come ExGil) e con Renato Accorinti ci siamo messi a disegnare su carta ciò che sarebbe diventato il logo, la bandiera No al Ponte.

𝐐𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐨𝐜𝐚𝐥𝐞 𝐎, 𝐬𝐭𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐬𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐜𝐞, non è solo una fissazione pacifista ma è stato esattamente lo spirito che ha accompagnato – da sempre – migliaia e migliaia di manifestanti gioiosi; fiumi umani colorati, onde di striscioni, bandiere e cori, esplosioni di energia e speranza per una terra che chiede tutto tranne che l’opera più inutile, devastante e costosa d’Europa.

Mosaici di voci e ideali che hanno sempre convissuto tra loro sulle strade, per le piazze volti sorridenti di tutte le età. 𝐒𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐢 𝐝𝐞𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐨𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐟𝐞𝐥𝐢𝐜𝐢. Strade trasformate in un palcoscenico di colori vivaci, gioia diffusa e contagiosa; un abbraccio collettivo, compatto, simbolo di forza e unità che – ad oggi – ha certamente contribuito a fermare la distruzione.

𝐎𝐠𝐠𝐢 – lo ammetto pubblicamente – 𝐥’𝐚𝐫𝐠𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐏𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐦𝐢 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐍𝐎𝐈𝐀.
È un argomento stra-superato, no sense, fuori dal tempo, lontano dalla vita reale e anche dall’immaginario collettivo.
Dopo decenni è davvero imbarazzante sentir parlare politici, con scopi esclusivamente elettorali e propagandistici, di collegamento stabile dello Stretto quando l’isola siciliana (e la penisola calabrese) presentano carenze e necessità di ben altro e più importante spessore.

È l’Italia tutta che chiede altro, chiede di più, in un mondo iper connesso ed eco-sociologico che guarda alle energie rinnovabili, agli spostamenti super veloci, ecco che torna puntualmente la grande e originale idea di 2mila anni fa dell’impero romano di collegare con un ponte la sponda siciliana con quella calabrese.

Mi porta un pochino noia anche il No al Ponte.
Un tedio che pervade l’anima, lo dico davvero senza alcun distacco dalla causa né dalle manifestazioni a cui, alcune, ho partecipato anche nell’ultimo periodo.

È sempre stata una gran festa di abbracci e revival ritrovarci in piazza sotto la bandiera No al Ponte. Nessuna altezzosità. Sinceramente è noioso sentire sempre gli stessi slogan, sempre le stesse modalità o – peggio ancora – provare a rimodellarsi politicamente dividendosi in più comitati per trovare un proprio spazio, una propria dimensione cittadina, sfruttando il No al Ponte.
In venticinque anni il mondo è completamente cambiato per non cambiare, i linguaggi, la comunicazione, i giovani, la percezione e lo scandire del tempo, probabilmente anche lo stare in piazza: la solita “vena gonfia che urla dentro al megafono” non basta più, ma davvero il massimo dell’originalità e creatività antagonista (e le successive discussioni scatenate) sono le scritte sui muri o qualche scaramuccia di qualche minuto tra forze dell’ordine e “manifestanti” nell’ultima “pseudo passeggiata no ponte”?

𝐒𝐞… 𝐞 𝐝𝐢𝐜𝐨 𝐒𝐄… 𝐚𝐩𝐫𝐢𝐫𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐦𝐚𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐢𝐞𝐫𝐞, 𝐬𝐚𝐫𝐚̀ 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐚, 𝐫𝐢𝐯𝐨𝐥𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐨𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐥𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐦𝐚 𝐥𝐨 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐚 𝐞 𝐥𝐨 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐚, 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐥𝐚 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐞𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐥’𝐨𝐩𝐢𝐧𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐚.

“𝑆𝑢𝑐𝑐ℎ𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑑𝑜𝑙𝑙𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑜𝑧𝑧𝑎𝑟𝑠𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑙’𝑜𝑠𝑠𝑜: 𝑐’𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑒 𝑢𝑛 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑢𝑡𝑒𝑙𝑎. 𝐸 𝑖𝑙 𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑠𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑔𝑢𝑒𝑟𝑙𝑖.”

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