Per chi ha passato a mollo il weekend e deve tornare a lavorare serve qualcosa di speciale, ne sono consapevole, quindi oggi ho deciso di regalarvi una playlist con una sorpresina finale, gradita o meno sta a voi deciderlo. In ogni caso le premesse sono sempre quelle, ci spariamo cinque brani per provare a indirizzare al meglio le nostre sudaticce esistenze di luglio, e oggi la musica la sceglie Netflix o qualcosa di simile, dato che la playlist di oggi contiene cinque bellissime canzoni che ho scoperto attraverso le serie tv.

 

Darling Violetta – The Sanctuary

Sui Darling Violetta so onestamente poco o nulla, se non che qualche anno fa la loro The Sanctuary era suonata parecchio a casa mia, perché mia sorella adorava Buffy e il suo spinoff, Angel, serie di cui appunto i Darling Violetta composero la sigla. Cupa, tetra e perfettamente adatta allo stile dell’opera che contribuì a lanciare definitivamente la carriera di David Boreanaz, straordinario protagonista che poi ho personalmente adorato in Bones insieme a Emily Deschanel.

 

 

Mama Cass Elliot – Make your own kind of music

La passione per la serialità me l’ha passata Lost, che poi ha contaminato in modo più o meno volontario quasi tutto quello che è venuto dopo. La particolarità di Lost era avere una OST di tutto rispetto, con un Michael Giacchino in forma smagliantissima, e anche un gusto particolare nel trovare i momenti adatti per introdurre musica e personaggi—e chi l’ha visto sa bene a chi legare Make your own kind of music, canzone storica che a me, personalmente, fa pensare sempre a Desmond, uno dei personaggi più magnetici mai scritti per una serie tv. See ya in another life, brotha.

 

 

The Shins – Simple song

La vita è fatta di attese che non sempre vengono soddisfatte nel momento in cui si ottiene ciò che si è a lungo desiderato; ne sanno qualcosa i fan di How I met your mother, che però di Simple song sicuramente avranno un bel ricordo, perché è il perfetto sottofondo musicale per una delle scene madri di tutta la serie, una di quelle passate alla storia a prescindere dal giudizio finale sull’intera opera. Gli Shins comunque sono veramente fichi, mi dispiace averli scoperti solo nel 2012 ma, ehi, c’è sempre tempo per approfondire che mica siamo su un treno per Farhampton.

 

 

The Rubens – I’ll surely die

Dei The Rubens mi sono innamorato tempo zero quando, in un episodio random di Supernatural, mi pare uno degli innumerevoli filler di metà stagione, partì questa I’ll surely die, una canzone dal retrogusto polveroso, sporco e cupo. Era il 2013 e il debut album del gruppo australiano aveva già ottenuto un buon riscontro di critica, e tra le altre cose è fuori da un paio di settimane anche il loro terzo disco, Lo La Ru, un po’ più sperimentale ma sempre ipnotico. Ah, se cercate una serie con colonne sonore rockeggianti scegliete pure Supernatural, la migliore su piazza da questo punto di vista.

 

 

The 88 – At least it was here

Mi trovo sempre in difficoltà quando parlo di At least it was here, perché temo di non sapere esprimere bene la grandezza della serie di cui è stata la sigla per sei stagioni (ma non un film); nonostante la NBC, Community ha rappresentato un’isola felicissima per chi cerca un umorismo diverso da quello classico da sitcom, e l’opera di Dan Harmon in questo è stata straordinaria nella costruzione dei personaggi e di storyline a volte semplicemente buffe, spesso intelligentissime, in qualche caso persino molto dark. Lo ha fatto nonostante una rete televisiva che non capiva, lo ha fatto con il cuore, concludendo su Yahoo! con un’ultima puntata che ho rivisto in preparazione di questo pezzo che mi ha spaccato nuovamente il cuore a metà. Ah, e la sigla è bellissima, ma questo lo potete capire da soli mettendo play.

 

BONUS TRACK
Rovazzi – Faccio quello che voglio

C’è una sorpresa, quasi casuale: oggi i brani della playlist sono sei, perché avevo in testa da qualche settimana questa cosa delle serie tv e una decina di giorni fa Rovazzi ha pubblicato una nuova canzone accompagnata da un video che è più che altro un cortometraggio, quindi è quasi a tema (anche perché, citando il brano, “sono contrario a tutti gli spoiler”). Curiosa storia, quella di Rovazzi, uno condannato a sentirsi dire che non ha talento, ma con la giusta autoironia da usare queste parole per fare successo. Faccio quello che voglio è uno dei video più belli mai fatto in Italia, la canzone è la classica rovazzata con l’ausilio di Danti, fresca abbastanza per essere un tormentone estivo. Nota di merito per la scarcerazione di Rovazzi nel finale con l’urlo di un altro detenuto “allora sei tu Liberato!”.

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