MESSINA. Una vita segnata dall’orrore che è una continua lotta per la sopravvivenza, a partire dalla prima volta in cui sfuggì alla morte, durante la “notte dei cristalli”, quando sua madre la salvò da una pietra che avrebbe potuto spaccarle la testa.  A raccontare la sua lunga odissea, all’Ainis di Messina, è Inge Auerbacher, una delle poche testimoni viventi nel campo di concentramento di Terezìn, in Repubblica Ceca, accompagnata della traduttrice Teresa Lazzaro, la donna che ha contribuito in questi anni alla diffusione del tour dell’amica negli istituti italiani. Perché “chi incontra un testimone ha a sua volta il compito di essere testimone”.

 “Essere ebrei non è una razza, è una religione”, spiega Inge agli studenti nel corso dell’incontro dello scorso venerdì, raccontando della sua infanzia nella spazzatura del campo di Terezìn, dove viveva con la speranza di trovare delle corde per giocare o avanzi di bucce di patate. I suoi pranzi e le sue cene consistevano in brodaglie che sapevano di cianuro, e talvolta la fame era così forte che erano costretti a mangiare persino carne umana. Non andava meglio durante la notte, dato che dormivano in stanze piccole, uno sopra l’altro, e lei divideva il letto con una bambina lussemburghese, circondate da topi e scarafaggi, mentre le docce erano consentite, se tutto andava bene, ogni due anni.

Il giorno più brutto della sua vita, tuttavia, fu quando furono condotti in un enorme campo per fare l’appello, dato che pensavano che qualcuno fosse scappato.  In quell’occasione morirono in tanti. Inge invece riuscì a salvarsi ancora una volta e, dopo qualche anno, uscì sana e salva da Terezìn insieme ai suoi genitori. Dopo tante peripezie, divenne una scienziata, ma anche l’autrice del libro “I am a star”, tradotto in otto lingue, un resoconto di quella drammatica esperienza. Negli Stati Uniti e in Germania la donna ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti e due dottorati ad honorem.

Di seguito il video con un estratto del suo racconto:

 

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