MESSINA. L’ex boss del villaggio Cep e collaboratore di Giustizia Iano Ferrara ieri ha deciso di registrare un video per dire la sua a proposito di due aggettivi: “pentiti” (secondo lui non ce ne sono) e “boss” (nei giorni d’oggi ritenuti da lui “ruba galline”).

«I collaboratori di giustizia spesso vengono chiamati pentiti. Intanto, io dico che non sono pentiti, io compreso – afferma Ferrara – Nessuno di chi ha scelto di collaborare con la giustizia si è pentito. Pentirsi significa tutt’altro: io magari mi pento di quello che ho fatto, mi pento davanti a Dio, conduca una vita diversa e mi dedico a quella di Dio e lì mostro tutto il mio pentimento. Credo che nessuno dei collaboratori di giustizia si sia pentito. Sicuramente hanno accettato di collaborare e poi nel tempo hanno cambiato modo di vivere. Per questo non penso che pentiti sia l’aggettivo corretto: gli errori che abbiamo commesso stono stati commessi in piena coscienza. Lo Stato ha applicato una legge e noi abbiamo valutato l’opportunità, facendo la nostra scelta».

«L’altra precisazione riguarda i cosiddetti boss. Spesso c’è l’abitudine da parte di forze dell’ordine e giornalisti di applicare questo aggettivo a qualunque ruba galline che magari è accompagnato da altri due ruba galline come lui – asserisce – E poi vengono arrestati per delle estorsioni a piccola gente indifese o perché spacciano. Perché creare questa situazione a persone che fino a ieri erano ruba galline e che poi tutto ad un tratto diventano boss? Questo è un guaio pure alla società stessa, perché questi quando escono dalla galera si sentono pure importanti. La gente ha paura di queste persone perché sanno già che quello è un boss. Allo stesso tempo, questi cosiddetti boss ne approfittano e non hanno la logica giusta: tutto ad un tratto diventano boss, vanno a bussare alla porta di un disgraziato che butta sangue per portare un piatto di pasta a casa e pretendono che quel piatto di pasta lo diano a loro perché comandano».

«L’epoca dei boss è finita. Una volta magari ci stavano delle organizzazioni, i boss, e ognuno si sceglieva il suo orticello e comandava. Ognuno a modo suo. Oggi è cambiato il mondo: l’unica cosa che dispiace è la criminalità minorile, che va controllata. Ma non do tanta colpa a questi ragazzi, che purtroppo vengono da un’educazione sbagliata. Inoltre c’è un errore da parte dello Stato che non ha creato le basi per questi ragazzi per poterli inserire in una società diversa. E allora sono costretti a spacciare, a drogarsi e a fare casini. Se non si fanno delle strutture per questi ragazzi, sarà un problema. E qui torniamo al problema dei boss: questi possono anche approfittarsene», conclude.

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