“Ci danno il pesce ma non la canna da pesca perché devono creare dipendenza”. Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro parla ad una platea gremita che lo ha accolto nell’aula magna dell’Università per presentare il suo libro “Padrini e padroni” scritto insieme ad Antonio Nicaso, giornalista e studioso dei fenomeni criminali di stampo mafioso. Spiega come semplici “ladri di polli” si sono evoluti diventando ‘ndranghetisti. Rivela che il professore Nicaso, aveva studiato nell’università di Messina.  “Prima di questo libro  – spiega Gratteri – ne abbiamo scritti dieci ma ci mancava un anello, l’origine della mafia perché dopo l’unità d’Italia i ladri di polli sono diventati mafia”. Per le nostre ricerche partiamo sempre dagli archivi di Stato, sono una miniera di informazioni, di storia che deve ancora essere scritta”. Lo studio parte dalle elezioni di Reggio Calabria del 1869. “Furono tali e tanti i brogli – racconta Gratteri –  che il prefetto dell’epoca fu costretto a sciogliere il consiglio comunale. È accaduto che questo sistema ha partorito un “mostro” ed ha dato una credibilità ai ladri di polli. Il picciotto si interpone nelle controversie, così si comincia a dare legittimazione alla picciotteria. Poi, subito dopo il terremoto del 1908 il governo centrale delega le famiglie che controllano il potere a gestire 180miliardi di lire per la ricostruzione dopo il terremoto. Ci danno il pesce  – afferma Gratteri – ma non la canna da pesca perché devono creare dipendenza”.

L’incontro è anche l’occasione per parlare di ‘ndrangheta ed Europa. “La ‘ndrangheta ormai da 40 anni è radicata nel centro e nord Italia, in Europa ed altrove”. “Se un giorno sparissero le mafie, la prima sarebbe la camorra che per prima cosa è criminalità organizzata, in Campania si uccidono per vendere dieci bustine di droga. La ndrangheta invece per far entrare un giovane nell’organizzazione, impiega un anno e mezzo di tirocinio, viene messo alla prova altrimenti viene scartato, quella calabrese è una struttura molto più dura e asciutta”. Gratteri ha anche parlato di Europa: “quello che è  accaduto con il terrorismo non mi ha sorpreso per niente, giro il mondo e faccio indagini anche con paesi diversi, siamo abituati a parlare male di noi vi assicuro che l’élite della polizia giudiziaria italiana è molto più avanti, non siamo secondi a nessuno, in Europa le magistrature europee non hanno la cultura del controllo del territorio, la vedo come una prateria dove ognuno può andare a pascolare. Noi abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo”. Il procuratore capo facente funzioni Vincenzo Barbaro che ha parlato di come la ndrangheta si è diffusa anche al nord. ““Questa associazione criminale – ha detto –  ha esportato il suo modello in tutto il mondo. Se si guardano i decreti di scioglimento dei consigli comunali emerge come in tanti c’è una influenza della ndrangheta. Questa infiltrazione ha una peculiarità sembra infiltrarsi nei piccoli comuni, perché sembra che sia più facile”. “Una vittoria in trasferta – ha detto – alcuni spiegano il fenomeno con il soggiorno obbligatorio del mafioso al nord mentre altri parlano di flussi migratori. Io non penso che queste siano le ragioni del perché la mafia ha attecchito al nord , penso che al nord vi è una sorta di permeabilità ambientale, una convenienza ad accogliere le istanze di chi si andava ad infiltrare”. A colloquiare con Gratteri anche Emanuele Crescenti, procuratore capo di Barcellona Pozzo di Gotto “credo – ha detto –  che ci sia stato un fenomeno di sottovalutazione della ndrangheta”, e l’onorevole Gianpiero D’Alia , presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali: “La ndrangheta ha fatto un salto di qualità ed ha bisogno di misure eccezionali ed internazionali. Ci sono tante cose che possono essere fatte ma se questo non si associa un livello di consapevolezza sociale sarà difficile”. Interessante anche l’intervento di Vincenzo Ciraolo, Presidente Ordine degli Avvocati. Ha moderato i lavori il giornalista Emilio Pintaldi.

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