MESSINA. In arrivo in città due eventi legati al libro, uscito lo scorso 3 novembre, “E adesso dormi” , della scrittrice Valeria Ancione. L’autrice, nata a Palermo ma cresciuta a Messina e trasferita a Roma (dove è anche giornalista per il Corriere dello Sport), è in città per incontrare i lettori e firmare il suo nuovo romanzo: oggi, 13 dicembre, dalle ore 17 sarà alla libreria Ciofalo – Mondadori Bookstore di via Consolato del mare; mentre venerdì 15 sarà al Malatino concept store di Ganzirri.

Quello di oggi, però, non sarà un semplice firmacopie. Alle 19, infatti, ad Ancione si affiancherà lo scrittore Mario Falcone per un dialogo che partirà dalla trama del libro per analizzarla e andare oltre, creando un confronto più intimo e particolare, che sia più di una semplice presentazione.

 

Sin da subito, facendo riferimento alla presentazione di oggi, hai parlato di un evento speciale. In che modo sarà diverso e com’è nata l’idea?

“Ho pensato di fare qualcosa di diverso perché comunque c’è già stata una presentazione a Messina, anche quella molto divertente. All’inizio avevamo addirittura pensato di fare qualcosa che durasse tutta la giornata, tanto io da Viviana (Montalto, libraia del mondadori bookstore ndr) mi sento a casa. Per la mia esperienza, se in libreria ti senti a casa tua, quello è il luogo ideale. Non è un negozio, è casa. Da Ciofalo ci sono tutti i miei libri, credo sia l’unica che vende ancora “La dittatura dell’inverno”, quindi ho la possibilità di firmare anche quelli. Ma la particolarità è che verso le sette subentra Mario (Falcone) e faremo qualcosa di divertente. Faremo “le confessioni”, sarà un momento di apertura.”

 

Da dove arriva, invece, l’ispirazione per “E adesso dormi”?

“L’ispirazione principale è Francesco, il figlio disabile di una mia amica. Sentivo proprio il bisogno di raccontare una storia in cui inserire questo bambino e la forza che una madre trova per il proprio figlio. Tutto il resto è venuto dopo. Ho complicato le cose aggiungendoci una relazione negativa e un mistero. Quindi ho introdotto la figura di Raffaele, questo marito violento che scompare e viene ritrovato morto.”

 

Il mistero legato alla sua morte resta fino alla fine del libro, ma attorno a questo si sviluppano tante altre cose.

“Sì. Per tutto il romanzo è come se si arrivasse sempre sul bordo del burrone per poi restare bloccati. Questo bordo diventa la metafora di quello che non si vuole affrontare, per tutti i personaggi. È il punto fino al quale arriviamo a vedere noi stessi, poi ci ritraiamo per non fare i conti con le nostre decisioni. Questo è quello che succede un po’ a tutte e tre le donne di questa storia, ognuna ha il suo ciglio del burrone. La protagonista è Gina, ma anche le altre lo diventano. Anche Mara e Lola hanno le loro storie, hanno dei segreti. Certe volte un cambiamento diventa segreto e ci si porta avanti negli anni una cosa non detta. È una scelta di cui per qualche motivo pensi di doverti vergognare, solo quando la dici scopri che è coraggiosa e si alleggerisce la pesantezza che ti sei portato addosso.”

 

Si può dire che le protagoniste siano le donne e l’amicizia?

“È un romanzo di donne ma anche di uomini, c’è anche il vicino Oreste, che è come una figura paterna per Gina, e ci sono anche due poliziotti carinissimi e accudenti. Però sì, è soprattutto un romanzo sull’amicizia e alla fine risultano centrali queste tre donne: Gina, l’amica storica e vicina di casa Lola e l’avvocata Mara. In un’amicizia spesso il tre risulta essere un numero imperfetto, perché magari si creano gelosie, ma tra loro è come un cerchio magico, una pluriamicizia.”

 

Come ti sei preparata per affrontare una tematica importante e delicata come quella della violenza domestica?

“Partendo dalla morte di Raffaele, la violenza domestica non è raccontata in maniera così evidente, questo non vuole essere un libro sulla violenza. Volevo, però, raccontare la parte più sottile e nascosta.

Faccio parte di una generazione in cui certa violenza era la normalità, anche se non in casa mia. La violenza, anche se non ci appartiene, comunque ci riguarda. Io lo vedevo tramite altre persone che la subivano dal padre. Infatti Gina viene da una famiglia così, con un padre violento e una madre succube. Pensa di fuggire da questa situazione lasciando la sua casa e il suo paese, l’America, con Raffaele. Invece cade nella stessa padella… che è una cosa purtroppo frequentissima. Gina è così perché il padre la sminuiva, le faceva sentire di non valere niente. Se non vali niente come ti ribelli? Solo quando diventa madre si scatena tutta la sua forza.”

 

Come mai una protagonista americana?

“Al giornale c’era una donna delle pulizie con cui mi sorridevo sempre. All’inizio ero convinta che fosse calabrese. Un giorno la incontro in bagno, la saluto e mi risponde con un accento strano. Subito le ho chiesto “non è italiana?” e lei mi ha detto di essere americana. Un’americana che fa le pulizie a Roma sembra strano. Allora mi è venuto in mente un discorso sui pregiudizi, che infatti poi ho inserito. Proprio da questo incontro ho preso ispirazione per scrivere l’incontro tra Gina e Mara.”

 

La figura di Mara è interessante, anche perché arriva dopo rispetto a Lola, ma Gina si fida immediatamente di lei. Il loro è un rapporto nato dai sorrisi di cortesia sul luogo di lavoro e sviluppato velocemente ma naturalmente. È stato difficile da scrivere?

“Mi è venuto naturale proprio perché con questa donna delle pulizie c’era questa cosa tenerissima ma quando ci siamo trovate vicine lei è stata molto timida.

Molti rapporti nascono da uno sguardo, da una relazione inesistente, a pelle. Gina vede questa avvocata e le sembra subito una persona meravigliosa, allegra, elegante… quindi per lei era ovvio che sarebbe stata lei la sua avvocata.

Poi diventano subito amiche proprio perché è una persona nuova. Con le amicizie vecchie abbiamo già dei codici. Con le amicizie nuove fai tabula rasa, puoi essere “nuova”, non quella che ci si aspetta ma quella che vuoi essere.”

 

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