MESSINA. “Non dobbiamo inventare nulla”, anche perché di risorse economiche da investire non ce ne sono. È stato molto onesto, quasi disarmante, il nuovo assessore alla Cultura del comune di Messina Enzo Caruso, introdotto da un brano dei Queen e da un robottino che per l’occasione parla in dialetto (“Tinitivi Cateno e non vi lamentati troppu”). Terminati, da decenni, i tempi di vacche grasse, agli enti locali non resta che arrangiarsi, e i primi settori a subire la mannaia sono stati quelli relativi a cultura e turismo, il secondo abbandonato a se stesso, la prima totalmente ignorata.

Gli “stati generali” della cultura messinese, in due parole, sono questi, efficacemente introdotti dall’intervento del sindaco Cateno De Luca, che dopo aver ringraziato i partecipanti per aver risposto al suo appello “simpatico e sbarazzino”, ha candidamente ammesso che, nell’agenda della politica, per una mera questione matematica, la cultura viene alla fine, soldi (e tempo) permettendo.

Come se ne esce? Enzo Caruso (che ha il grandissimo pregio di non prendersi troppo sul serio, tant’è che su Facebook la sua pagina si chiama “assessore Karuso”) lo ha ripetuto più volte: non c’è molto da inventare, semmai da reinventare. E quindi, numeri alla mano, far sì che i turisti che sbarcano dalle navi da crociera restino in città e non vadano via. Un tema, questo, sul quale c’è parecchia confusione, condivisa anche dal sindaco durante il suo intervento: la percentuale di croceristi che scelgono di non rimanere a Messina per andare a Taormina, Savoca o Tindari, è attualmente del solo 20%. Il problema è cosa fargli trovare una volta che rimangono.

Anche qui, Caruso (che saggiamente non si sbilancia sui numeri), punta il dito sull’abbandono al quale il crocerista è destinato una volta sceso dalla nave. Non solo per la difficoltà di raggiungere monumenti, musei e siti di interesse, ma anche da una città che fa di tutto per repellere chi sarebbe anche disposto a spendere qualcosa(nemmeno poco: una media di cento euro, secondo l’autorità portuale), dai negozi chiusi alla sparuta percentuale di chi parla inglese, ma anche le “porte chiuse” delle attività dipendenti dalle istituzioni.

Per fortuna, i turisti non sono solo quelli che scendono dalle navi. Qui Caruso ammette che c’è un grosso problema: Messina, oggi, non è attrattiva, e lo testimoniano gli alberghi chiusi in serie negli ultimi dieci anni (ma con una grossa crescita di bed and breakfast): quindi turismo mordi e fuggi che, secondo l’assessore alla Cultura, andrebbe trattenuto per più tempo (qui la situazione fotografata al 2018). Grandi eventi, concerti da 40mila persone, convegni, ma anche inviti “a tema” a tour operators e bloggers, che possano far conoscere gli attrattori della città: spiagge, clima, storia millenaria, ma anche teatro e università, il restyling di piazza Municipio “per tornare ai fasti del teatro dei dodicimila”, ha spiegato, da studiare con una serie di tavoli tematici. In questa prima occasione senza formalizzarsi troppo sulla differenza fra cultura, turismo, intrattenimento, tradizioni, commercio e tutta la carne sul fuoco, messa in un unico grande calderone. 

Fra le proposte niente di nuovo (anzi, molte idee sono quelle già lanciate a più riprese negli anni da Nino Principato e da associazioni varie), ma a favore di Caruso, molto onesto al limite del brutale, nessuna soluzione fantascientifica, ma solo il desiderio di “mappare” e condividere chi in città fa o aspira a fare cultura, e chi promuove, o ha velleità di farlo, turismo.

La buona notizia è che il comune di Messina ha intenzione di far rivivere il forte Ogliastri, una incredibilmente bistrattata struttura che sembra fatta apposta per ospitare un polo culturale, che che Palazzo Zanca ha intenzione di dedicare alla musica.

Alla fine dell’esposizione dell’assessore alla Cultura, parte il dibattito. Anche qui, non troppa fantasia, non troppe proposte, uno stato di costante sindrome di abbandono da parte degli enti pubblici, parecchia autoreferenzialità da parte degli intervenuti e talvolta un totale scollamento dalla realtà (si parla anche di Shahespeare e delle sue “origini” messinesi”). L’incontro si chiude senza che il problema si sia spostato di una virgola. Ma probabilmente non era nemmeno questo l’intento della manifestazione. “Messina ha bisogno di te”, spiegava la locandina, con De Luca vestito da zio Sam. Intanto ci si è conosciuti. Poi si vedrà.

 

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Simone Barbaro
Simone Barbaro
28 Novembre 2019 0:18

Tutti per ridere, una scadente Americanata di bassa cultura messa in scena al palacultura.