MESSINA. L’appuntamento è fissato alle 17 di sabato 17 ottobre, a Piazza Unione Europea, giorno in cui è calendarizzata in Parlamento la discussione sul cosiddetto “D.D.L. Zan”, ovvero il dibattito per l’approvazione di una legge per il contrasto all’omibitransfobia e la misogina. Ad aderire alla manifestazione a sostegno della legge, indetta in tutta Italia, anche Arcigay Makwan Messina.

«Così come avvenne per le unioni civili, mutilate alla fine della stepchild adoption – si legge in una nota – il nostro timore è che anche questa proposta, già insoddisfacente dal principio e non risolutiva dei problemi che la comunitá LGBT+ è giornalmente costretta a fronteggiare, possa essere oggetto di mediazione ulteriormente al ribasso in sede di dibattito parlamentare e diventare solo uno slogan per speculazioni politiche, senza tenere conto di quante persone potrebbero beneficiarne. Già in un recente convegno che il comitato territoriale di Arcigay Messina  ha tenuto sul tema, alla presenza di due deputati ed una senatrice sostenitori del provvedimento, sono stati evidenziati almeno 10 punti critici, a parere nostro, che ancora oggi persistono e sui quali non ci risulta alcun perfezionamento. Da decenni insieme ad associazioni, comitati, collettivi, sindacati e partiti della sinistra extraparlamentare e non (seppur pochi si siano rivelati negli anni autenticamente interessati alla causa) ci siamo fatti promotori di svariate proposte in materia di diritti civili ed oggi continuiamo a batterci per una legge che sia all’altezza delle nostre aspettative, nonché da tempo obbligata. Per queste ed altre ragioni il 17 ottobre anche Arcigay Makwan Messina scenderà in piazza e non lo farà per plaudire ad un D.D.L. che, così come proposto, non ci soddisfa affatto, ma per chiederne un sostanziale miglioramento, almeno sui punti che riteniamo possano davvero influire positivamente sulla vita della persone LGBT+. Non concordiamo con chi abbraccia l’idea del “meglio niente”; non siamo stati d’accordo al tempo della discussione sulle unioni civili e non lo siamo neanche adesso. Si lotta da troppi anni per aver riconosciuto il semplice diritto ad esistere liberamente ed a perseguire la propria felicitá nei modi che ognun* ritiene opportuni, ed una parte di questo percorso si puó e si deve concretizzare adesso, non disertando le piazze e provando a tutelarci tutt* dall’omobitransfobia e la misoginia. L’approvazione di una legge, anche se imperfetta e sicuramente migliorabile – prosegue il testo – è motivo di soddisfazione (seppur moderata) per quant* da anni sono impegnat* in questa battaglia, proprio perché finalmente si è riuscit* ad orientare chi é chiamat* a rappresentarci a discutere ed affrontare un tema che riguarda la vita e la sicurezza delle persone LGBT+. Invitiamo tutt* quindi a scendere in piazza con noi, con le organizzazioni che hanno aderito e che aderiranno, con le vostre bandiere o simboli per chiedere una legge che sia valida ed esaustiva. Se vogliamo che qualcosa cambi, dobbiamo essere in tant* e siamo ormai allenat* a rispettare tutte le norme anti-Covid: ci allargheremo a macchia d’olio!»

Numerose le realtà territoriali che parteciperanno alla manifestazione: Da Voce al Rispetto, Volt Messina, Arci Thomas Sankara, OMD, Grilli dello Stretto, SharmOfficine, Cirs, Cedav, C.Antiviolenza Frida, Ed. Masher, Ass. Migralab A.Sayad, Uil Messina, ANPI sez. Aldo Natoli,  ANPI Prov. Messina, Federazione PRC Messina, AssoPace Palestina gruppo Messina, Art. Uno Messina, CGIL Messina, Cambiamo Messina dal basso, Cittadinanza Attiva Sicilia.

Non prenderanno invece parte alla giornata di mobilitazione i membri del collettivo LiberazioneQueer+Messina, che espongono le loro ragioni in un post: «Abbiamo deciso di non prendere parte alla giornata di mobilitazione del 17 Ottobre in sostegno alla Legge Zan in quanto questa legge ha assunto dei connotati ambigui: non costituirebbe più una reale tutela per la comunità lgbtq+, ma al contrario estenderebbe a “libertà d’opinione” l’uso di frasi omobitransfobiche. La legge scatterebbe solo nel momento in cui la frase venisse accompagnata da un incitamento esplicito alla violenza. Il Ddl Zan è un disegno di legge volta a tutelare la comunità LGBTQ+ da discriminazioni. Prevede l’aggiunta dell’aggravante del movente del crimine d’odio legato al genere, all’orientamento sessuale o all’identità di genere (con pena dai 6 mesi ai 4 anni di reclusione) e l’istituzione di misure di prevenzione per contrastare la discriminazione, anche attraverso l’aumento di fondi da destinare alle vittime di violenza e alle politiche di prevenzione, per l’appunto. La destra italiana, schierandosi contro il Ddl e praticando il solito ostruzionismo, propone un totale di 1017 emendamenti, di cui 975 proposte solo da Fratelli d’Italia e Lega. La destra chiede, in summa, di non considerare fonte di discriminazione tutte quelle associazioni o religiose o che operano con finalità di promozione della famiglia; chiede di escludere il movente omobitransfobico “se il fatto avviene nell’ambito di relazioni familiari o parentali”; chiede che, ai sensi della presente legge, la “libera espressione di opinioni” non costituisca discriminazione o istigazione alla discriminazione. Tale emendamento è stato infine votato dal PD insieme a Lega, FI, FdI e Italia Viva. Questo riposizionamento del PD ci spinge ad alcune riflessioni. Se la nostra posizione finora è stata #MoltoPiùCheZan, oggi diventa #NoMoreZanRainbowashing: l’emendamento, per come si presenta ora, rischia di annullarsi in sé stesso, perché si legalizza l’omobitransfobia come legittima manifestazione del pensiero (tutelata dall’articolo 21 della nostra Costituzione), generando così un cortocircuito che non possiamo accettare. Ci siamo stancat* di riconoscimenti parziali, insufficienti e talvolta anche lesivi, in una società che si rifiuta di riconoscere per com’è la violenza sistematica che subiamo. Pretendiamo che quell’emendamento venga cancellato.Pretendiamo che il diritto pubblico di vivere in una società libera dalla violenza omobitransfobica sia riconosciuto come superiore al diritto privato di essere un aggressore, anche verbalmente. Pretendiamo che sia istituito un percorso formativo sull’educazione sessuale e all’affettività a partire almeno dalla scuola secondaria di primo grado: l’omobitransfobia è un problema culturale e sociale che non si sconfigge con la mera sanzione».
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