MESSINA. Ha preso avvio il gruppo di lavoroDopoguerra e pandemia. L’influenza «Spagnola» in Sicilia: istituzioni, società, memoria. 1918-1919”, composto da studiosi siciliani provenienti da università e centri di ricerca differenti. Obiettivo: valutare come fu gestita, percepita e raccontata quella tragedia nell’isola. Alla fine delle ricerche previsti una giornata di studio e un libro.

«A cente ni stanno morento più assaie della querra» scrive Vincenzo Rabito (1889-1981), originario di Chiaramonte Gulfi (Ragusa), nel suo ormai celebre memoriale (in parte pubblicato da Einaudi nel 2007 con il titolo di Terra matta), a proposito dellinfluenza pandemica che nel 1918 colpì il mondo intero e che, nel caso italiano, ebbe come prima area di diffusione proprio il Meridione.

A lungo relegato in secondo piano dalla storiografia, il tema dell’influenza “Spagnola”, la prima delle pandemie del XX secolo prodotta dal diffondersi del virus dell’influenza H1N1, è tornato e in taluni casi è opportuno dire è giunto in maniera così rilevante per la prima volta al centro dell’interesse storiografico, non solo italiano, in relazione alle vicende della pandemia da Covid-19. A distanza di un secolo dalla diffusione di quel virus, quando l’umanità si è trovata ad affrontare una nuova, ma non inedita, sfida di sopravvivenza, storici, giornalisti, scrittori si sono interrogati sull’origine, sullo sviluppo e sulla fine della “Spagnola”, valutando anche le modalità con cui quella pandemia fu gestita dalle autorità sanitarie e politiche e operando spesso confronti e paragoni con l’attuale emergenza.

“Inspiegabilmente, sinora, la Spagnola, che pure colpì e fece morire, a livello europeo, anche personalità celebri (come il poeta Guillaume Apollinaire, il sociologo Max Weber o lo scrittore Franz Kafka) – si legge in una nota – era stata vittima di quella che la storica Eugenia Tognotti ha giustamente definito una «congiura del silenzio». Era cioè rimasta a lungo sepolta dall’oblio, considerata ‒ nonostante, in tutto il globo, produsse più morti della stessa Grande guerra ‒ quasi come un’appendice dolorosa del primo conflitto mondiale, una tragedia nella tragedia, presente soltanto nella memoria privata, intima ‒ e quindi non condivisa ‒ delle famiglie delle vittime. A questo silenzio forzato contribuirono anche la censura imposta ai giornali e una generale reticenza da parte dei governi nazionali circa la reale incidenza del morbo, esercitate non solo per non turbare l’opinione pubblica ma anche per non mostrare agli occhi del nemico falle nel sistema sanitario”.

Il gruppo di lavoro Dopoguerra e pandemia. L’influenza «Spagnola» in Sicilia: istituzioni, società, memoria. 1918-1919, che opera sotto gli auspici della Scuola Superiore di Studi Storici dellUniversità della Repubblica di San Marino, vuole indagare come la “Spagnola” fu vissuta in una regione periferica rispetto all’Italia delle trincee ma centrale nell’ambito dell’area mediterranea: la Sicilia. “Risulta infatti di forte interesse valutare come e con quali strumenti, nell’isola ‘lontano dal fronte’ tra le prime regioni italiane a essere colpite, registrando alla fine, subito dopo la Lombardia, in termini assoluti, il più alto numero di morti (quasi 30 mila) la pandemia sia stata gestita dalle autorità politiche, militari e sanitarie, percepita dalla popolazione locale e, non ultimo, decodificata e raccontata dai contemporanei. La ricerca che valorizzerà soprattutto gli archivi e le biblioteche regionali, ma che si svolgerà anche presso altri archivi italiani prenderà in esame l’utilizzo di fonti ufficiali (bollettini medici, resoconti provinciali…), corrispondenza governativa (ad es. i rapporti dei Prefetti), giornali (articoli, ma anche pubblicità e necrologi), opere letterarie e scritture intime (lettere, diari, memorie), per fornire un ampio quadro interpretativo dell’impatto della pandemia sul territorio isolano e sui siciliani, cercando di valutare, in un’ottica che terrà conto dell’attuale vivace dibattito storiografico nazionale e internazionale, e in dialogo con simili progetti di ricerca che si stanno realizzando altrove, le ricadute in ambito sociale, clinico e politico di questa tragedia dimenticata”.

“Il gruppo di lavoro, composto da studiosi siciliani provenienti da università e centri di ricerca differenti, si confronterà con i membri di un comitato scientifico di supervisione. Il gruppo, inoltre, realizzerà, al termine delle ricerche, una giornata di studio rivolta a studiosi e al grande pubblico per la disseminazione dei risultati. È prevista anche la pubblicazione di un volume che raccolga gli esiti della ricerca curata dai membri del gruppo. Nell’ambito dei canoni della public history, il gruppo di ricerca, in base e nei limiti delle proprie possibilità, è disponibile a concordare con docenti di storia degli istituti secondari di secondo grado eventuali incontri seminariali sul tema da rivolgere agli studenti delle classi quinte, in presenza o da remoto. Tutti coloro che nei propri archivi privati dovessero avere del materiale di qualsiasi tipo (come, ad esempio, lettere, brani di diari, fotografie ecc.) inerente allepidemia di Spagnola in Sicilia sono caldamente invitati a condividerlo con il gruppo di ricerca (è possibile contattare il gruppo tramite un’apposita pagina facebook)”.

Il gruppo di ricerca è coordinato da Claudio Staiti (Università di San Marino) e composto da Fabio Milazzo (Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo), Antonio Baglio (Università di Messina), Manoela Patti (Università di Palermo) e Alessia Facineroso (Università di Catania). Del comitato scientifico di supervisione fanno parte gli storici Eugenia Tognotti (Università di Sassari), Giancarlo Poidomani (Università di Catania), Luca Gorgolini (Università di San Marino) e Fabio Montella (Istituto Storico di Modena).

 

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