MESSINA. C’è tensione fra i genitori della classe 2^ P della scuola elementare “Luigi Capuana” di Castanea e la Preside Maria Concetta D’Amico. Il motivo? La richiesta da parte dei gruppo genitori di dividere la classe composta da venti alunni (di cui tre disabili gravi) che la dirigente dell’Istituto comprensivo “Villa Lina – Ritiro” (quello del villaggio è un plesso distaccato) non asseconda. I bambini in questione, spiegano infatti i genitori, «ogni giorno tornano a casa nervosi e irrequieti» a causa del sovraffollamento dell’aula (ad alunni e docenti si aggiungono gli insegnanti di sostegno), ma d’altro canto la dirigente sostiene di non poter fare nulla nel rispetto della legge.

Ai genitori degli alunni, infatti, la motivazione per cui non avviene lo sdoppiamento non va proprio giù: «Dalla tabella di organico risulta che la classe sarebbe formata da 19 alunni di cui 3 disabili – spiegava la D’Amico – Non ricorrono pertanto le condizioni che, a norma del DPR n 81, consentirebbero di sdoppiare la classe, in presenza di più alunni disabili». Questa era la risposta inviata ai genitori a maggio dello scorso anno scolastico, dove a frequentare la classe erano 19, anche se sul registro di classe la lista era di 20 studenti. Quest’anno anche i frequentanti sono pari a 20. In ogni caso, il decreto menzionato dalla dirigente dice che “Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola”. La classe sarebbe comunque di 20 alunni, quindi rispetterebbe i parametri per rimanere unita. Circostanza riconosciuta anche dal gruppo genitori, che infatti commenta: «Non mettiamo in dubbio che la legge permetta che la classe sia così formata, ma certamente, se si va a considerare la fattispecie specifica, andrebbe diversamente applicata».

La fattispecie a cui fanno riferimento è quella di ben tre disabili, tutti e tre gravi (e la cui disabilità, spiegano sempre i genitori, si è aggravata). Inoltre c’è un’altra interpretazione da tenere conto, ovvero quella fatta dalla circolare ministeriale 63/11, anche se lascia un vuoto: «Si raccomanda la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni disabili, nel senso di limitare, in via generale, in presenza di grave disabilità o di due alunni disabili, la formazione delle stesse con più di 20 alunni». Nel caso specifico, però, gli alunni sono tre.

Ma qual è il contesto che lamentano i genitori? E che era stato spiegato alla dirigenza già lo scorso anno scolastico, quando tramite pec avevano inviato una richiesta formale per lo sdoppiamento della classe, allegando le diverse forme di disabilità certificate. In particolare, evidenziavano il numero degli alunni, aggiungendo che tre di questi «necessitano di particolare attenzione in quanto affetti da disabilità grave e quindi affiancati dalla presenza di figure di supporto che, unitamente agli alunni e al personale docente, determinano un sovraffollamento della classe stessa. Tale affollamento non permette un normale svolgimento delle lezioni. Nella classe si viene a creare, giocoforza, una “confusione” che ha sicuramente una duplice conseguenza negativa: rende particolarmente difficile l’apprendimento per i nostri figli, anche in considerazione del fatto che si tratta bambini che, a causa della pandemia, non hanno potuto effettuare un percorso regolare di scolarizzazione e necessitano di molta più attenzione al fine di colmare il gap che si portano dietro; crea un clima di tensione dovuto ai continui richiami che le insegnanti sono costrette a fare per mantenere alto il livello di attenzione e che non giova sicuramente né ai bambini né tantomeno al personale docente».

In un’altra nota, successiva a quella della preside, inoltre, i genitori facevano presenti alcune situazioni evidenziate dagli specialisti che seguono i ragazzi con disabilità grave. Ad esempio: «…il bambino risente delle stimolazioni ambientali, pertanto si ritiene utile garantire un ambiente attutito a livello sensoriale». O anche: «…Si suggerisce di lavorare in un ambiente il più possibile tranquillo e coerente, in cui le richieste siano il più possibile comprensibili per lei». E ancora: «…affìnchè si possano limitare le occasioni di distraibilità dalle attività scolastiche e frustrazione da parte della bambina, si ritiene opportuno inserirla all’interno di un contesto classe più consono alle sue esigenze, ovvero prestando particolare accortezza al limitazione del carico di stimoli che possano rendere I’ambiente caotico e pertanto interferire con la funzionalità del percorso didattico». Ed è per tali ragioni che al gruppo di genitori la decisione della dirigente D’Amico non è andata giù: «Evidentemente questi certificati non sono stati presi in considerazione con attenzione se, alla luce dei fatti, a causa di una immotivata decisione della dirigente, lo sdoppiamento non è e non sarà concesso, con la conseguente violazione del diritto allo studio, in primis, per i bambini affetti da disabilità, che a causa del forte stress emotivo dovuto dalla grande confusione che si crea in classe, ogni giorno tornano a casa nervosi e irrequieti, ma non di meno accade con tutti gli altri bambini presenti alle lezioni».

«Purtroppo, ad oggi – continuano i genitori – ci troviamo a subire questa condizione dipendente non tanto dalla fattibilità della cosa, visto che organico e classe potrebbero essere facilmente reperibili, quanto dalla volontà della preside che si rifiuta di concederci lo sdoppiamento, senza però una reale motivazione se non quella del fatto che la legge le consente di farlo. Trattandosi di scuola elementare, quindi di bambini, quello che si dovrebbe invece attenzionare dovrebbe essere l’aspetto umano della situazione; bisognerebbe mettersi nei panni di quei genitori che, giornalmente, devono affrontare le problematiche legate alle condizioni dei loro figli “speciali” e capire, anche alla luce dei certificati medici prodotti, che alcune condizioni necessitano di maggiore attenzione e rispetto, perché è frustrante perdere i progressi fatti con sacrificio e terapie solo per un puntiglio».

«Bisognerebbe attenzionare le necessità dei discenti, che si approcciano ad un nuovo percorso dal quale dipenderà tutta la loro formazione di base, ma soprattutto bisognerebbe dare valore alla peculiarità dei bambini speciali, permettendogli di inserirsi in un ambiente sereno che diventa inclusivo. La condizione invece è diventata esasperante e, nonostante la disponibilità del provveditore, non si riesce a trovare una soluzione che permetta la serena prosecuzione del percorso scolastico intrapreso da questi bambini – concludono – La vera domanda è se sia corretto sottostare alla volontà di una Preside che non si è mai degnata di ricevere i genitori per discutere con loro delle problematiche riguardanti i propri figli, ma soprattutto bisogna chiedersi se nella scuola pubblica sia giusto e moralmente corretto violare il diritto allo studio di una classe senza motivazione alcuna».

Fra le contestazioni dei genitori alla preside, inoltre, se ne aggiungono altre due: la prima è che «il Provveditore era favorevole allo sdoppiamento della classe, così come da lui più volte precisato»; la seconda, così come accennato nell’ultima nota, è che l’argomento non sia mai stato realmente trattato, se non in maniera informale a margine di un Consiglio d’Istituto, quindi nemmeno messo a verbale.

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