MESSINA. Chiude definitivamente il teatro Savio di Messina, che già da anni funzionava a singhiozzo e con una gestione “amatoriale” nel senso più genuino del termine, grazie all’interesse di associazioni del territorio per tenerne viva (seppure sporadica) l’attività. La Curia, proprietaria dell’immobile di via Peculio Frumentario (che da sempre era in comodato d’uso da parte dei Salesiani, non più in grado di gestirlo per questione di ordine sacerdotale che ormai a Messina conta pochissimi sacerdoti), ha ripreso possesso della struttura dall’associazione Arb, che ne aveva concessione e da anni organizzava spettacoli. Ultimo capitolo di una storia già compromessa: l’emergenza coronavirus aveva visto a marzo 2020 la brusca chiusura dell’attività, che di fatto non era mai ripresa, perchè alla riapertura i 250 posti della struttura sarebbero diventati 80, con un rapporto tra costi e ricavi insostenibile. Cosa vorrà farne la Curia non è chiaro.

Da sempre al servizio delle attività culturali e ricreative della scuola Domenico Savio, come recite degli alunni, premiazioni e incontri, il teatro ha funzionato per lunghissimo tempo anche come cinema, non soltanto nelle attività di cineforum, ma proiettando anche prime visioni, e come sala da concerti (si esibirono tra gli altri il genio della tromba jazz Chet Baker e anche un giovanissimo e trasgressivo Franco Battiato) e ovviamente teatro, ma anche eventi politici e piece in lingua originale, rappresentando un vero e proprio polo culturale dalle diverse anime.

Dopo l’apertura dell’Arena Savio, nel 1983, il Cine teatro Savio fu ristrutturato e riaprì nel 1986, sotto la gestione di Egidio Bernava, che se ne occupò fino al 2006, quando la gestione passò ai salesiani.
«Il teatro, che negli ultimi tempi ha anche ospitato dei corsi di formazione – spiega Bernava, che anni fa propose di istituire una “rete” dei teatri provinciali (ben 27 quelli agibili) – si trova nelle stesse condizioni in cui l’ho lasciato io ed è tecnologicamente arretrato. Considerando anche gli arredi, per rimetterlo a nuovo servirebbe un investimento di circa 250/300mila euro ma senza dei contributi per un imprenditore è un investimento oneroso, considerando anche l’inagibilità della tribuna, che non è più a norma, e che non è possibile fare un cambio di destinazione d’uso. Del resto – prosegue – sono del tutto cambiati i tempi e lo stesso approccio al cinema. Una soluzione potrebbe essere quella di destinarlo ai film d’essai, con una programmazione di grande livello, perché una monosala “commerciale” è insostenibile».

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