MESSINA. Era il 2001 quando l’allora presidente della Regione Totò Cuffaro, con un codazzo di una cinquantina di politici di vario rango, dai più altolocati ai più insignificanti, annunciava un luminoso futuro per la disastrata zona falcata di Messina, sulle rovine inquinate della quale camminava, inseguito da politici, taccuini e telecamere. Cosa è successo in questi diciassette anni? Niente

Perchè è solo oggi, nel 2018, che l’Autorità portuale ha emanato un “avviso esplorativo per manifestazione d’interesse per l’affidamento delle indagini propedeutiche alla realizzazione del piano di caratterizzazione ambientale finalizzato alla bonifica delle aree demaniali della zona falcata” da trentottomila euro.

E siccome la burocrazia ha l’ormai affinata carattaristica di incasinare le cose semplici, forse è il caso di scandire cronologicamente quello che accadrà. E quindi, un soggetto deve manifestare interesse, poi essere scelto, poi avviare le indagini propedeutiche alla redazione del piano di caratterizzazione ambientale, poi redarre materialmente il piano. Qui l’avviso si ferma. Perchè poi il piano andrà approvato, si farà una gara d’appalto, qualcuno la vincerà e, se non interverranno ulteriori ma probabili complicazioni, si potrà procedere con la bonifica. Non c’è da trattenere il respiro, insomma

Tempi? Lunghi, molto: il termine per la manifestazione d’interesse è il 13 febbraio, ma l’Autorità portuale si affretta a sottolineare come l’avviso non sia “impegnativo per l’amministrazione, a quale si riserva, in ogni caso ed in qualsiasi momento, il diritto di sospendere, interrompere, modificare o cessare la presente indagine conoscitiva“.

Non che negli anni non siano fioccati i progetti sulla zona falcata: c’erano gli 11 milioni di euro di fondi ordinari stanziati nel 2000 per la realizzazione del Museo della Real Cittadella. C’è stato il protocollo d’intesa firmato proprio da Cuffaro nel 2001 per l’istituzione del Centro di documentazione d’arte contemporanea. Finiti nel nulla, tutt’e due. Ci sono stati i mai intercettati i fondi europei dedicati al recupero ambientale e la ventennale guerra tra Autorità Portuale ed Ente Porto per stabilire chi dovesse decidere i destini dell’area. In mezzo, la demolizione dell’inceneritore. Coi detriti rimasti a fare bella mostra di sè. E dopo tutti questi anni, si ricomincia. Da una manifestazione d’interesse.

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