MESSINA. La Sicilia si mette in regola coi tagli ai vitalizi dei parlamentari, e scopre che il suo parlamento, l’Assemblea regionale Siciliana, ha seminato negli anni 310 pensioni dorate, pagate con una media di cinquemila euro di assegno mensile ciascuno. Agli ex deputati, ovviamente, ma anche agli eredi. Di seconda generazione.

Secondo gli uffici dell’Assemblea regionale siciliana l’elenco, aggiornato a dicembre 2016, conta 163 vitalizi diretti erogati agli ex deputati, quindi integralmente maturati precedentemente al 1° gennaio 2012 con il sistema retributivo, per una somma mensile da 801mila euro, ai quali si aggiungono 127 assegni di reversibilità erogati ad altri aventi titolo, quindi vedove (tutte donne, non c’è un uomo) e figli che ogni mese percepiscono oltre 572mila euro. Poi ci sono diciassette pensioni dirette erogate col sistema “pro-rata” (maturate in diversa percentuale con il sistema retributivo e l’attuale sistema contributivo), da poco meno di centomila euro al mese, e tre di reversibilità, quasi 9800 euro in totale al mese a beneficio delle vedove di tre parlamentari.

Pur senza vellicare gli istinti anticasta, qualche curiosità la si trova, ed è ghiotta: tipo i deputati messinesi che pur con una sola legislatura alle spalle (in alcuni casi metà legislatura, o anche meno), hanno lasciato a vedove e figli un vitalizio che va avanti da decenni.

Il più celebre è il caso di Natale Cacciola, nato ad Itala nel 1904 e deputato durante la prima legislatura dell’Ars nelle file del partito Monarchico, nel primissimo dopoguerra, ma non dall’inizio: Cacciola, infatti, è subentrato a Francesco Alliata. Per lui, tre anni e rotti sui banchi dell’Ars, vitalizio e alla sua morte pensione di reversibilità. Che oggi è arrivata alla figlia.

Ovviamente Cacciola non è il solo. C’è Giovanni Barbera, nato nel 1927 a Messina ed eletto a Ragusa nel partito Socialista italiano: una sola legislatura, la quinta, che oggi frutta la pensione di reversibilità alla vedova. Ma anche Franco Antonio Bisignano, deputato regionale con una storia alle spalle davvero emblematica: primo dei non eletti nel 1976, entra all’Ars grazie ad una sentenza del 1985, con la quale il Tribunale di Palermo lo proclama deputato regionale in sostituzione di Antonio Fede. Senonchè la conferma della sentenza arriva undici anni dopo, in Cassazione nel 1996, e quindi Bisignano in realtà all’Ars non ci entra mai. Il suo diritto riconosciuto in tre gradi di giudizio comunque gli assicura un vitalizio che, alla sua morte, passa alla vedova, che ne usufruisce ancora oggi.

C’è anche Antonino Interdonato, classe 1923, presentatosi alle elezioni per la sesta legislatura in una lista che vedeva unificati Psi-Psdi e Pri, e subentrato nel 1970 a Santi Recupero, nel frattempo morto. Per lui permanenza all’Ars fino al 1971, pensione e alla sua morte vitalizio di reversibilità a favore della moglie.

Subentrato anche Aldo Miceli, nato nel 1931, comunista ed entrato all’ars nell’ottava legislatura subentrando a Pancrazio De Pasquale nel 1980: la VIII legislatura era iniziata nel 1976 e si sarebbe conclusa nel 1981, quindi Miceli a palazzo dei Normanni c’è rimasto solo per un anno e qualcosa, guadagnando pensione per se e assegno vitalizio di reversibilità per la vedova.

E a legislatura in corso, l’undicesima, si è accomodato sugli scranni dell’Ars anche Giovanni Pollicino, democristiano succeduto ad Antonino Galipò: pensione e vitalizio alla vedova, anche per lui, così come per Achille Merendino, classi 1921, missino, che almeno la settima legislatura se l’è fatta tutta.

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