MESSINAIeri sera si è concluso “Accussì – Festival per gli Occhi 2025”, il primo Festival di Cortometraggi interamente organizzato a Giampilieri (Messina) e che nasce con molteplici scopi, primo fra tutti il racconto del cosiddetto “Piccolo Mondo”, ovvero le realtà locali, le periferie, i borghi, i villaggi e i paesini, e con essi valori e elementi identitari degli stessi.

Il Festival è stato organizzato da tre residenti del luogo, Donatella Manganaro, Antonio Micali e Marco Minutoli, con il supporto di Sara Urso per la visual identity e Chiara De Luca per la selezione della Categoria “Animazione”. Tutti residenti di Giampilieri, tutti già attivi da anni sul territorio attraverso l’Associazione Giampilieri 2.0 (nata nel 2017 per combattere le nefaste conseguenze dell’alluvione del 2009).

Nei due giorni di Festival, Giampilieri si è riempito di appassionati di cinema (residenti e non) che hanno potuto godere della visione di 8 cortometraggi al giorno, selezionati dall’organizzazione e proiettati direttamente sulla parete esterna e laterale della splendida Chiesa di San Nicola, fulcro e spazio di aggregazione del paese. Anche quest’anno Giampilieri si è dimostrato il teatro ideale per questa tipologia di esperienza: durante ogni singola proiezione regnava un silenzio intriso di interesse e concentrazione, il silenzio del pubblico che sapeva di avere la sua parte di responsabilità nella riuscita delle serate.

Infatti anche i cittadini hanno avuto un ruolo: era il pubblico presente in piazza a decidere il vincitore della Categoria “Comedy”, inaugurata quest’anno.

Ma in questa edizione “Accussì” non è stato solo “Festival di Cortometraggi”: è stata anche l’occasione per “estendere” il racconto del territorio attraverso altre forme d’arte, fotografia e street art in primis.

Sul fronte fotografia, “Accussì” ha presentato la prima Mostra Fotografica di Giampilieri, nata dal contest social “Fotografa Accussì”: 10 residenti si sono sfidati nel mese di giugno “uno scatto alla volta”, per raccontare il territorio partendo da parole chiave suggerite dall’organizzazione (Generazioni, Comunità, Paesaggi). Il risultato è stato una raccolta di 20 fotografie che sono state esposte nel corso delle due serate in piazza e che a fine manifestazione sono state donate alla sede dell’Associazione “Giampilieri 2.0”, affinché la mostra diventasse permanente e sempre a portata di sguardo.

Sul fronte street art invece, “Accussì” ha presentato le opere realizzate dallo street artist Demetrio Di Grado: due splendide rappresentazioni del territorio che l’artista siciliano (col suo stile unico e inconfondibile) ha realizzato per l’organizzazione e che il team di Accussì ha deciso di donare al territorio. Nelle prossime settimane “Accussì” si impegnerà ad installarle tra le “vanedde” del paese. Di seguito i dettagli sulle due opere:

RIPARATO – Collage digitale, 2025

Un bambino siede tranquillo, le gambe penzoloni, il sorriso appena accennato. Dietro di lui, una chiesa, un campanile, la Chiesa della Madonna delle Grazie. Luoghi che parlano di protezione, di appartenenza. La scritta sugli occhi – “RIPARATO” – copre ma non nasconde: racconta. È la condizione di chi, anche se attraversato dal dolore, ha trovato rifugio.

È una scena silenziosa, che sa di infanzia e di paesi piccoli, dove tutto sembra restare fermo ma in realtà continua a battere. L’opera parla di comunità, di memoria e di quella forza invisibile che tiene insieme le cose quando sembrano crollare.

CAREZZA TESTARDA – Collage digitale, 2025

Una bambina ride, allunga la mano verso un grappolo di limoni come se fosse un gioco, come se fosse tutto semplice. Intorno, foglie d’ulivo, colonne antiche, frutti colorati. Un immaginario tutto siciliano, che profuma di estate, di fatica e bellezza.

Sullo sguardo, le parole: “CAREZZA TESTARDA”. Un ossimoro che diventa ritratto di un popolo: gentile ma forte, dolce ma caparbio. Questa composizione è un omaggio alla natura del Sud, a quella vitalità che nasce nonostante tutto, anche quando non dovrebbe. È un piccolo inno alla vita.

Accussì, è stato sicuramente un momento di “visione”. Ma è stato anche un momento di “condivisione”, uno spazio di confronto con gli ospiti.

Durante le due serate, sono stati presenti ospiti e giudici impegnati nella votazione delle categorie del Festival e coi quali si sono affrontati, attraverso brevi interviste, i temi del racconto del territorio, ma anche dell’arte e della sua capacità di creare connessioni e nuove prospettive.

Nel dettaglio, il Festival ha avuto tra i suoi giudici professionisti del mondo dell’arte e della comunicazione come Daniele Mircuda (attivista impegnato nella tutela e promozione sociale e culturale del territorio messinese), Federica Urso (focus puller che ha lavorato a progetti italiani come “La Stranezza” e “C’è ancora domani” e internazionali come “Zoolander 2”), NessuNettuno (street artist messinese impegnato in numerosi progetti sociali e culturali), Carmelo Chillè (fumettista professionista) e Amalia Caratozzolo (illustratrice e scrittrice). Inoltre, il Festival ha avuto modo di accogliere nella serata di lunedì 4 agosto Mariagrazia La Fauci, direttrice artistica del progetto Trinacria Theatre di Pezzolo, dove attualmente si sta svolgendo una residenza d’artista che giungerà al suo apice il 7, 8 e 9 agosto 2025.

Il progetto “Accussì ha ricevuto anche un importante supporto istituzionale, grazie agli interventi dell’Assessore ai Grandi e Eventi Massimo Finocchiaro e l’Assessora alle Politiche Giovanili, Pari Opportunità e Formazione Liana Cannata.

Un evento, quello di “Accussì” che parte come “Festival di Cortometraggi”, ma che sin da subito si pone obiettivi tanto chiari quanto ambiziosi: “Vogliamo combattere la triste realtà dello spopolamento locale, un fenomeno che riguarda il nostro paese e più in generale tanti paesi come il nostro” sostengono gli organizzatori dell’evento. E poi aggiungono “per questo motivo abbiamo deciso di chiamarlo Festival per gli Occhi: vogliamo che “Accussì” diventi un evento di arti performative, un evento che parta dal cinema ma che sfoci poi nella danza, nel teatro, nelle arti visive. Quest’anno possiamo dire che abbiamo mosso un passo in questa direzione!”
Accussì – Festival per gli Occhi si è svolto il 3 e il 4 agosto 2025 nella Piazza della Chiesa di San Nicola a Giampilieri, ha proiettato in piazza 16 cortometraggi e si è concluso con la comunicazione dei vincitori: “Bacialè” di Chiara de Angelis per la categoria “Du Paisi” (premiato dalla Giuria di Qualità), “Novavita” di Francesco Bruno Sorrentino e Antonio Genovese per la categoria “Animazione” (premiato dalla Giuria di Tecnica) e “Solo un Crodino” di Matteo Fischietti per la categoria “Comedy” (premiato dal Pubblico).

Il Festival è stato realizzato con il supporto di “Caronte & Tourist” e le partnership di “Giampilieri 2.0, “Corto di Sera”, “Messina Film Commission” e “Questo non è un microfono”.
Un’ultima cosa: prima dell’inizio di entrambe le serate, l’organizzazione ha letto due “lettere” al territorio, parole profonde che vogliono essere un motore di cambiamento e un tentativo di spiegare le motivazioni più intime che spingono questo gruppo a raccontare e raccontarsi attraverso un Festival di questo tipo.

Di seguito le lettere delle due serate:

Lettera del 3 agosto 2025

Quando avevo 18 anni me ne sono andato.

Ho fatto le valigie e me ne sono andato.

Anzi, a dire la verità, mia madre mi ha fatto la valigia. Ed io me ne sono andato.

Che dovevo fare in Paese?

Niente. Non avevo più nulla da fare. Nel mio paese io non dovevo fare più niente. E poi diciamocelo: perché dovevo restare? Cosa aveva fatto Giampilieri per me? Cosa? Niente… a parte regalarmi la più bella infanzia che si possa desiderare!

Mi ha dato solo tanti amici con cui giocare o palluni o Chianu Chiesa.

Mi ha dato solo una campagna da esplorare e il mare tutto l’anno.

Mi ha dato solo Flora per comprarmi le figurine dei calciatori, Don Giacomino per prendermi i panini al burro e Ina a Petrolia per prendermi… praticamente qualsiasi cosa fosse mai stata inventata!

Mi ha dato una Ciumara Stotta d’inverno e un campo da calcio a 7 di forma pentagonale durante l’estate.

Mi ha dato ginocchia sbucciate, una frattura al braccio in due punti e si è preso anche un pezzo di incisivo.

Mi ha dato la libertà: quella di esplorare le strade, una vanedda alla volta, col piacere di scoprire che, cercando cercando, una viuzza che non avevo ancora percorso era sempre stata lì, pronta per essere trovata.

Mi ha dato l’irruenza, quella giampulurota, quella intrisa di mastodontico orgoglio, un attaccamento alla terra e alla territorialità che manco i Romani che quando gli chiedi “ma tu sei proprio romano romano?” quelli rispondono “Io so’ Romano da Sette Generazioni, Roma Caput Mundi, Sacro Romano Impero!”. Ecco il pro-pro-pro-pro-pro-nipote Romano di Giulio Cesare non sarebbe orgoglioso di essere Romano quanto un Giampuluroto di essere Giampuluroto!

Diciamocelo: a conti fatti che cosa mi ha dato Giampilieri? Mi ha dato solo tanto tanto amore.

Quello della mia famiglia. Di mio padre, mia madre e mia sorella.

E poi quello della mia famiglia più grande. I miei zii, i miei cugini, i miei nonni.

E poi quello della mia famiglia ancora più grande. I miei amici e i miei compagni partite a pallone e ginocchia sbucciate.

E poi quello della mia famiglia più grande ancora. Quello di chiunque viva a Giampilieri, dei vecchietti che ti vedono correre lungo la via e urlano “alleggiu!!!”o delle signore che ti incrociano mentre cammini e ti dicono “ma si u figghiu i Gabriele!? No picchi CCA si u stissu” (e CCA è sempre un punto diverso del corpo: tra le sopracciglia e il naso, tra il naso e la bocca, tra il gomito e il polso, tra il ginocchio e la caviglia).

Perché un paese è questo: è una comunità composta da individui che condividono lo stesso luogo e che improvvisamente diventano membri della tua famiglia. Un villaggio come il nostro fa esattamente questo: ti festeggia quando nasci, ti mette addosso una piccola inciuria (ma non per prenderti in giro, giusto per tenerti d’occhio), e a quel punto sta lì, sta sempre lì, e ti guarda crescere mentre tu, con quell’ineluttabile egoismo che fa parte dei giovani, diventi sempre più grande, più ribelle e improvvisamente sogni di partire e di andare a cercare chissà cosa altrove.

Ma io tutto questo non potevo saperlo a 18 anni, perché a 18 anni sei solo un muccuso che a voglia di andarsene e che non si sa fare nemmeno la valigia da solo.

Sono dovuto diventare più grandicello, più stempiato e con la barba un po’ più bianca per comprendere una semplice verità dei piccoli mondi come Giampilieri:

che loro sono sempre lì.

Anche quando tu non sei più lì.

Non se ne vanno mai.

E ti aspettano.

D’altra parte è esattamente questo quello che fa una famiglia…

Lettera del 4 agosto 2025

I giovani sono il nostro futuro, e già che ci sono, il nostro presente.

Ma se facciamo anche un piccolo sforzo di condivisione, possono diventare testimoni del nostro passato.

È banale. Sembra semplice. Quasi automatico. Ed invece non è così.

Ogni tanto, anzi troppo spesso, il meccanismo di costruzione che interconnette passato, presente e futuro si inceppa. Come quei vecchi ingranaggi all’interno dei quali butti un sassolino: sembra un pietruzza insignificante, eppure basta quella e la complessa rete di ruote dentellate smette di girare.

Qui a Giampilieri, lo dico con profonda onestà intellettuale e senza polemica, siamo stati spesso sia l’ingranaggio rotante che il sassolino.

Alle volte ci siamo dimostrati una squadra performante e straordinaria che nemmeno gli Harlem Globe Trotters nel loro periodo migliore, altre volte siamo stati dei terribili sabotatori di noi stessi come quelle coppie tossiche che trovano normale controllarsi il telefonino a vicenda perché “se non hai nulla da nascondere, che problema c’è?”.

Siamo stati ingranaggi perfettamente rotanti subito dopo l’alluvione, quando il senso di appartenenza e comunità ci ha unito contro un nemico comune.

Ma siamo stati “sassolino” quando abbiamo lasciato che il nostro ego surclassasse il nostro desiderio di costruire. Quando per chissà cosa, si sono scatenati conflitti in puro stile “Guelfi e Ghibellini”: quel “noi” contro di “loro” che non vede mai né vincitori né vinti. E’ bello vedere però che abbiamo superato tutto questo. Che siamo andati avanti. Si certo: siamo stati a un passo dal dover partecipare a un G8 per discutere le controversie che affliggevano il nostro territorio, ma l’abbiamo superata. Macron era già pronto a dire la sua, ma l’abbiamo superata. Avevamo un dito sull’interfono e l’altro sull’atomica, ma l’abbiamo superata! Forse abbiamo iniziato a capire quanto sia importante, in situazioni come le nostre, restare concentrati e tenere, come dicono nel gergo sportivo, “gli occhi sulla palla”.

Perché “la palla” non è una piazza, una vanedda o un’ammacia in particolare di Giampilieri.

La “palla”, signori, è il futuro.

La “palla” ad esempio è Marta, la figlia di Marco e Laura: quella patatedda che è appena arrivata e ha già la faccia di chi dice: “ma a mmia focaccia, nenti?”

La “palla”, se ci siamo spiegati, è il piccolo Felice, il figlio di Peppe e Alda, che non importa quanto alzerai il volume della cassa durante una serata: lui urlerà sempre un po’ più forte.

E questo è l’atteggiamento che noi di Accussì preferiamo. Perché è il mood di chi ha qualcosa da dire!

E la “palla” sono anche Emma Ilacqua, Sofia Alfano, Alessandra Guadagno e Giorgia Guadagno, ragazze sempre propositive, piene di entusiasmo e voglia di fare, che si mettono in gioco, che giocano, che costruiscono, e che quest’anno al Contest “Fotografa Accussì” si sono meritate una menzione speciale per uno dei loro scatti, andate a vederla dopo: un esempio di “vita” difficile da immortalare…

La “palla” signori, sono loro. Loro sono l’obiettivo. Perché saranno loro quelli con la forza, con l’interesse e con l’amore necessario per portare avanti quello che stiamo cercando di costruire tutti noi oggi.

Loro sono quelli che porteranno con sé nuove idee, riascoltando quelle vecchie.

Loro sono quelli che trasformeranno le nostre innovazioni nelle loro tradizioni.

Siamo nelle loro mani.

Ma attenzione: sono ancora mani piccole e insicure.

Quindi non dobbiamo agitarci. Dobbiamo restare calmi. Per loro. Per la loro “presa”.

E allora facciamolo: lasciamoci prendere.

Perché, se li mettiamo nella condizione di fare, alla fine saranno loro ad avere cura di noi…

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