Arresti, condanne, processi in corso, battaglie giudiziarie pendenti e cambi di casacca. C’è di tutto nei numeri dell’attuale consiglio comunale di Messina. E disegnano una storia che appare perlomeno paradossale. Da Palazzo Zanca a Palazzo Piacentini, sede giudiziaria, il percorso finora è apparso brevissimo. Ben più lungo quello verso casa: solo tre dimissioni finora (due di queste paradossali a loro modo) e nessun’altra all’orizzonte.  Mentre è ormai sancita la già evidente delegittimazione politica.

Quando lo scorso febbraio l’aula bocciò la decadenza del sindaco Renato Accorinti fu, infatti, chiaro il clamoroso autogol politico dei consiglieri, il tentativo di detronizzare il sindaco veniva infatti da un’assemblea cittadina tormentata da indagini e arresti, che non godeva dell’aplomb morale e politico necessario per azzerare la giunta.

Adesso, l’ultima sentenza della prima sezione penale del Tribunale di Messina conferma la debolezza politica dell’aula dei record.

Il riassunto di quattro anni tra i più incredibili della storia cittadina inizia dall’evento più recente: 16 consiglieri comunali condannati  – pesantemente – per truffa e falso, per avere intascato gettoni di presenza senza aver partecipato, o troppo brevemente alle commissioni. Il diciassettesimo condannato è invece un ex consigliere: Paolo David. Eletto nel Pd, poi eletto capogruppo consiliare dei democratici, passato poi in Forza Italia, David viene arrestato nell’ambito dell’inchiesta Matassa sullo scambio politico-elettorale. È il maggio del 2016. Al suo posto, a seguito dell’arresto, il primo dei non eletti è Giovanni Cocivera. Peccato però che neanche lui possa subentrare perché arrestato pochi giorni prima per lo scandalo degli aborti clandestini. Paolo David, poi scarcerato, è stato rinviato a giudizio: ora a processo per corruzione elettorale e con una condanna per gettonopoli, David ha però presentato le dimissioni dal consiglio dopo il rinvio a giudizio per Matassa.

Cocivera invece lo scorso febbraio è stato condannato a sei anni e sei mesi in primo grado per la vicenda degli aborti illegali, tra i reati a lui contestati anche il peculato, perciò Cocivera che nel frattempo non aveva presentato dimissioni dal consiglio nel quale non era mai subentrato per via delle misure cautelari, dopo la condanna per peculato ha detto definitivamente addio all’aula consiliare in forza della Severino.

Intanto nelle aule giudiziarie è in corso un altro processo – l’ultima udienza fissata il giorno dopo le sentenze di Gettonopoli – che vede tra gli imputati altri due consiglieri, si tratta del processo sui bilanci “truccati” dal 2010 al 2012, tra gli imputati due ex assessori, oggi consiglieri comunali: Elvira Amata e Franco Mondello.

Sotto processo dunque 19 dei 40 consiglieri eletti nel 2013, più il primo dei non eletti, in quattro distinti giudizi. 

Ma c’è un’altra questione che ha tenuto sospesa l’aula, ovvero la vexata quaestio – stavolta non penale – sull’eleggibilità di Donatella Sindoni.

Il Tribunale di Messina lo scorso febbraio ha dichiarato Sindoni ineleggibile. La sentenza del tribunale è stata però appellata: il giudizio pende adesso presso la Corte d’Appello, condizione che ha sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado. La questione deriva dal fatto che la consigliera era responsabile legale di uno studio di analisi convenzionato con l’Asp, condizione di ineleggibilità per il tribunale. Ma non solo, sul merito in realtà si sono espressi pure: l’assessorato regionali enti locali, l’ufficio legislativo e legale della Regione siciliana, il segretario generale, Antonio Le Donne, la procura, il tribunale e la procura generale presso la Corte d’appello. A pensarla diversamente invece il consiglio comunale di Messina che ha votato contro la decadenza di Sindoni in due occasioni, ad agosto del 2016 e febbraio 2017, di fatto salvando la collega.

Dal 2013 ad oggi poi ci sono stati 17 cambi di casacca, cioè 17 consiglieri sono stati eletti in una lista salvo poi cambiare orientamento una volta in aula. Migrazione di massa dovuta in gran parte all’abbandono di Francantonio Genovese del Partito democratico per abbracciare il partito di Silvio Berlusconi. Due dei 17 consiglieri transfughi hanno in seguito presentato le dimissioni. Si tratta di Gino Sturniolo e Nina Lo Presti eletti nella lista del sindaco e migrati pochi mesi dopo nel Gruppo misto. Due consiglieri che segnano un altro paradosso, stavolta controbilanciando: hanno abbandonato Palazzo Zanca poco dopo lo scandalo sul voto di scambio emerso dall’operazione Matassa. I due consiglieri lasciavano l’aula sostenendo fosse ormai del tutto delegittimata politicamente. Era maggio del 2016. Oggi dopo le pesanti condanne per Gettonopoli non sembra ci siano dimissioni all’orizzonte. Inconsistente politicamente o meno, questo è il consiglio comunale che porterà la città alle elezioni. Così pare finora almeno. L’unica incognita sarà definita ancora da Palazzo Piacentini, dove la Corte d’appello, presumibilmente a settembre, deciderà sull’ineleggibiltà della Sindoni. In attesa delle elezioni, in definitiva, Renato Accorinti che partiva con 4 consiglieri su 40 sembrerebbe non avere adesso nessuna opposizione. Anche questo, un paradosso. 

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