MESSINA. Venerdi 3 ottobre è morto Mario Falcone, scrittore e sceneggiatore messinese. Tra i tanti messaggi di cordoglio che i suoi amici messinesi gli hanno dedicato, pubblichiamo quello che abbiamo ricevuto da parte della scrittrice Nadia Terranova.

 

Non posso credere che Mario Falcone non ci sia più.

Rileggo l’ultimo scambio di messaggi, “Mariuzzo, siamo con te”, gli avevo scritto – io da sola, utilizzando con naturalezza un plurale, perché con Mario eravamo tutti, dalla parte sua, a incrociare le dita, fare il tifo, occuparci di come stava, tutta la comunità di amici che aveva creato all’interno del piccolo mondo letterario dello Stretto e di cui sono onorata di aver fatto parte da subito e fino all’ultimo istante.

Mario era, innanzitutto, un creatore di comunità: subito, quando aveva deciso di rientrare a Messina, dopo una vita da sceneggiatore a Roma, aveva messo in atto il suo progetto: chiamare in cerchio gli artisti della sua città e lasciar formare una rete dove tutti noi potessimo sentirci a casa, sia gli spatriati sia i residenti. Ci sono persone capaci di fondare un universo intero: Mario era tra questi. Oggi il suo universo messinese e romano, la sua famiglia di libri gatti e amici, è incredula: tra noi, messi e tenuti in rete da lui, ci mandiamo messaggi al limite dell’afasico, dello sconcerto.

Cosa faremo senza Mario? Senza la sua voce sempre affettuosa e gioviale, le mitiche carbonare, l’immancabile mezza con panna con cui ci immortalavamo a ogni incontro. “Sono acciaccato, ma ce la metto tutta” mi aveva risposto nell’ultimo messaggio, e giù un profluvio di cuori, affinché mi fosse chiaro che il suo affetto non sarebbe mancato, mai.

Mario Falcone è stato uno dei più sinceri e leali amici che a una persona potesse capitare di incontrare in questo mondo – in questo mondo tout court, e in questo piccolo mondo letterario. Era una persona generosa e del tutto priva di invidie, capace di mettersi in gioco, di imparare da colleghi anche più giovani e che avevano la metà della sua esperienza, era scevro da ogni forma di arrivismo e di opportunismo in un mondo che andava nella direzione opposta – questo lui non lo sopportava, non sopportava i tradimenti, gli sfruttamenti, la corruzione della parola amicizia nel senso più nobile del termine. Solo in questi casi lo vedevo infuriato con qualcuno, di una rabbia incandescente, quasi infantile: perché tutto ciò che sporcava i sogni, la bellezza della scrittura e il piacere di stare insieme, Mario lo odiava. E lo respingeva al mittente.

Così, bisogna dirti addio. Addio amico carissimo con cui abbiamo diviso tutto, dalla narrazione della Messina post-terremoto (e quanto abbiamo parlato, insieme, dell’essere arrivati entrambi ad averci scritto un libro su – senza nessuna gara, nessuna competizione, solo con il piacere di metterci a confronto) fino ai prossimi progetti che stavamo costruendo, per il cinema e per le nostre parole. Amico carissimo che mi hai affidato solo poche settimane fa l’ultima delle tue creazioni, ti prometto che manterrò la promessa, e che la vedrai pubblicata, da quel posto dove ti sei momentaneamente nascosto, appena accanto alla nostra stanza.  

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