Materia degenere 1
(Joe 1, Federica Bellomi, Elena Pagiani, Monica Rossi, Fumetti brutti; Diablo edizioni; 2018)
Dal sito dell’editore: Cosa succede se si chiede a cinque fra le più talentuose e dirompenti autrici del fumetto italiano di raccontare cinque storie di genere? Dal western surreale di Joe1 alla distopia melò di Federica Bellomi, dal grottesco body-horror di Elena Pagliani al gotico slapstick di Monica Rossi, fino alla fantascienza erotica di Fumettibrutti: Materia Degenere è la passione stessa per il racconto, oltre il genere. Materia Degenere è una raccolta di racconti. Cinque racconti a fumetti. Cinque racconti di genere in cui i generi hanno subito un processo degenerativo che li ha fatti collassare ed esplodere, li ha frantumati e stravolti, rigenerandoli in un lussureggiante caleidoscopio di personaggi folli, situazioni assurde e trame sincopate. Esperto negromante dell’inverosimile e dell’incerto, Marco Galli è il responsabile di quest’anomalia letteraria e fumettistica: l’ha incubata, l’ha coltivata nel suo personalissimo immaginario narrativo, per poi contagiare le cinque giovani autrici che hanno scritto e disegnato queste storie straordinarie.
Questo volume è il primo della trilogia, con cadenza biennale, da leggere in toto, non solo per la sua altissima qualità grafica ma anche perché offre un nuovo approccio al linguaggio stesso del fumetto, consentendo di superare la distinzione di genere anche in ambito letterario.
Kristin Lavransdatter – La ghirlanda
(Sigrid Undset; Utopia; 1922/2023)
Dal sito dell’editore: Kristin è la figlia di Lavrans, fattore stimato ed estremamente religioso, cui la protagonista è molto legata. È una bambina vivace, rispettosa della religione ma nel contempo animata da una forte volontà, insolita nella Norvegia medievale per una donna. La sua tenacia, tuttavia, non è sufficiente quando la famiglia ne combina il matrimonio con un uomo che Kristin non ama. La decisione dei genitori sembra perentoria ma, dopo un tentativo di violenza da parte di un giovane del posto che macchia la reputazione di Kristin, malgrado la ragazza ne sia ovviamente la vittima, il matrimonio è posticipato. La protagonista ottiene il permesso di trascorrere un periodo in convento e, per puro caso, si imbatte in Erlend, rampollo di un’importante famiglia, già scomunicato per aver avuto due figli da una donna sposata. Kristin ed Erlend intraprendono una relazione clandestina che la famiglia non può accettare, per paura di uno scandalo. Tra eventi inattesi e presagi malinconici, la serenità sembra rimanere per la donna un desiderio irrealizzabile. A cent’anni dall’uscita in Norvegia, e dopo decenni di oblio in Italia, torna in una nuova traduzione il primo volume della trilogia che valse a Sigrid Undset il premio Nobel per la letteratura, uno dei capolavori della letteratura mondiale.
Consigliato ai temerari che pur di leggere un capolavoro della letteratura europea non temono di districarsi tra luoghi e nomi ostici da ricordare. Lo sforzo sarà ampiamente ripagato.
A Milano con Luciano Bianciardi
(Gaia Manzini; Perrone editore; 2021)
Milano detestata eppure mai lasciata, Milano di Feltrinelli, delle vie nebbiose percorse a piedi senza sosta da Bianciardi, che amava camminare e anche per questo era stato soprannominato Piedone. Nella città lombarda Luciano trova la miccia che fa esplodere la propria rabbia, quell’energia che lo legherà per sempre al luogo per lui difficile e tormentato. Luciano Bianciardi, un nome quasi parlante. Arriva prima la luce, subito definita dal cognome: è un chiarore bianco, mattutino. Eppure questa leggerezza è in contrasto col suo sguardo, col suo animo di lottatore in tumulto che si scaglia con rabbia contro le storture che vede intorno a sé: contro il lavoro da impiegato, contro lo sfruttamento, contro la vacuità, perfino contro Milano. Gaia Manzini ripercorre passo dopo passo una Milano fervente e in espansione, ritrovando nelle sue strade la “vita agra” di Bianciardi, le sue abitudini da bohémien, le sue lotte e i suoi furori.
Gaia Manzini, attraverso lo sguardo di Bianciardi, ci riporta indietro nel tempo alla Milano degli anni ‘60 dove per chi migrava in città l’alienazione delle fabbriche strideva ancora con la vita contadina lasciata “tra i campi”.
Sabrina e Corina
(Kali Fajardo Austine; Racconti; 2021)
Dal sito dell’editore: Feste, matrimoni, compleanni: il menu di casa Cordova è sempre lo stesso. Una volta varcata la soglia però, stavolta Corina troverà ad aspettarla donne che, solerti e silenziose, si spalleggiano preparando da mangiare per uomini intontiti dal dolore, catatonici davanti a una tv impostata su muto. Solo una persona mancherà all’appello. Sabrina.È in questa sorellanza fragile, sempre sul punto di essere spezzata, su questa solidarietà di sangue, che confidano le Sabrine e le Corine di Kali Fajardo-Anstine. Hanno appreso fin da piccole che la loro bellezza sarà fonte di guai, lo hanno intuito leggendo i volantini affissi agli alberi con sopra la faccia di una loro coetanea scomparsa, oppure lo hanno sentito nei racconti delle nonne, convinte della necessità di uno specchio per ogni parete del bagno, per meglio riflettere tutti gli angoli della figura femminile.Nel piccolo mondo di Denver, in Colorado, sono ancora gli antichi rimedi familiari, tramandati di generazione in generazione, a scacciare il mal di testa o a togliere il malocchio. Protetta dalle montagne, la città si va gentrificando quartiere dopo quartiere, ma càpita ancora che una vecchia casa in cui si sono portati via tutto, persino i cuscini, resista in mezzo ai grattacieli o che un bambino troppo curioso possa imbattersi in un antico cimitero indiano alle porte della città.
Quelle di Kali Fajardo-Anstine sono storie di donne accomunate dal fatto di essere vittime del contesto in cui vivono. Da leggere perché Le sue storie sono capaci di incrinare il patriarcale e bianchissimo mito del West americano per come ci è stato, troppo spesso, falsamente raccontato.
Camminare l’antifascismo. La memoria come ribellione all’ordine delle cose
(Lorenzo Guadagnucci; Gruppo Abele; 2022)
Dal sito dell’editore: Un piccolo gruppo di donne, uomini e ragazzi partecipa a una Camminata per la pace da Monte Sole a Sant’Anna di Stazzema, luoghi della Resistenza e delle stragi di civili fra le più feroci del periodo della guerra di Liberazione.
Fra silenzi, riflessioni, ricordi e fortissime emozioni, prende via via corpo la domanda cruciale che ciascuna e ciascuno si porta dentro: «Che cosa significa – oggi – dichiararsi antifascisti?». Le risposte sono difficili, sofferte e per nulla scontate, ma alla fine convergono: impegnarsi con i fatti nella costruzione di un mondo liberato dagli orrori del Novecento, che ancora incombono, magari con altre forme, ma che fingiamo di non vedere. Il nazionalismo, i fascismi, l’odio razziale, le discriminazioni, il genocidio dei migranti, le guerre. Soprattutto le guerre, quelle ingiuste e quelle giuste, che non esistono; quelle presenti e quelle che minacciamo di fare; quelle degli altri e le nostre. Questa è la lezione che le persone uccise su quelle montagne ci chiedono di ascoltare.
In un momento storico in cui si moltiplicano episodi di violenza e apologia al fascismo è bene celebrare il 25 aprile ogni giorno riflettendo sul significato profondo della Liberazione.