MESSINA. Diciassette favorevoli su diciotto, e l’unico astenuto, il presidente del consiglio comunale Claudio Cardile, per “terzietà” istituzionale: il consiglio comunale di Messina delibera all’unanimità l’indicazione, all’amministrazione, di appoggiare il Pride 2019 fornendo il patrocinio, e rompere così il tira e molla che per un mese ha lasciata sospesa l’adesione di Palazzo Zanca alla manifestazione dell’8 giugno.

Votazione rigorosamente bipartisan, con i favorevoli quasi equamente divisi tra Lega, Forza Italia, Pd, Cinque stelle, Sicilia futura e Più Europa: non solo quindi i firmatari (centrosinistra e M5s), ma anche chi teoricamente dovrebbe essere più “tiepido”, quando non apertamente ostile, al tema. E invece no: della delibera è stata promossa la forma (l’adesione alla manifestazione), ma soprattutto lo spirito: riconoscimento di più diritti per tutti, e lotta alle discriminazioni, qualunque siano.

La delibera l’ha illustrata il proponente Alessandro Russo (LiberaMe): “Non è solo un’adesione al corteo, ma alla piattaforma programmatica e valoriale: significa che Messina riconosce ed estende a tutti, nessuno escluso, quei diritti che oggi sono riconosciuti alla “maggioranza” e che spesso sono preclusi per ignoranza e paura di qualcosa che non si conosce. Il Pride è aperto non solo alle differenze di carattere sessuale e di genere, ma nei confronti di tutte le “minoranze” che si trovano a vivere in segretezza e paura. Quest’aula può mandare un segnale chiaro: siamo vicini a chi ha necessità e urgenza di chi ha necessità che siano riconosciuti i diritti che il nostro ordinamento riconosce a tutti”.

Poi l’attacco politico: “L’amministrazione ha preso in giro queste comunità, convocandole più volte sul tema il comitato organizzatore e poi gli ha sbattuto la porta in faccia senza nessun rispetto per chi questi diritti li pretende. Se non è stata l’amministrazione, sarà questo consiglio comunale a dare un messaggio a queste comunità. Siamo, e lo dimostreremo, una città civile, accogliente e tollerante“.

Da lì in poi gli interventi sono stati brevi ma non meno incisivi: battagliera la seconda firmataria Cristina Cannistrà (M5s): “Pretendiamo equità di trattamento per tutti e tutte le associazioni che chiedono ed ottengono il patrocinio, mentre per il Pride si è sollevato un immotivato polverone: da non tralasciare anche il fatto che, in qualità di manifestazione a carattere regionale, rappresenterà una possibilità non indifferente di indotto per la città“.

Piuttosto polemico anche Gaetano Gennaro (Pd): “Vorrei capire quale è la differenza tra una festa della ciaramedda e un pride, e perchè alla prima si dà per scontato il patrocinio e al secondo no. Incredibile pensare che il riconoscimento di diritti ad una persona sia una limitazione dei diritti altrui. Il fatto stesso di parlare di diversità ci mette in una condizione di arretratezza culturale”. Poi l’avvertimento al presidente: “Si faccia garante della volontà del consiglio, se la delibera dovesse essere approvata: non vorrei che l’atto di indirizzo fosse disatteso come è successo altre volte“.

Inizia con una provocazione Andrea Argento (M5s): “Io, fosse per me, voterei per l’eliminazione del Pride, perchè alle soglie del 2020 è incredibile che ci siano persone che debbano rivendicare diritti che gli spettano. Chiunque ha il diritto di vivere la propria vita nella maniera che preferisce“.

Alessandro De Leo di Più Europa puntualizza ulteriormente, nel caso in cui non fosse stato già abbastanza chiaro: “E’ una manifestazione a favore dei diritti e contro le discriminazioni. Tra l’altro l’associazione che organizza la manifestazione è nata proprio in Sicilia, e per questo non è accettabile l’ambiguo atteggiamento da parte dell’amministrazione“.

Antonella Russo plaude all’iniziativa del collega. “Alessandro Russo ha dimostrato coraggio, anche sui social dove non ci si mette la faccia. Chi ha il diritto di erigersi a giudice e custode del buoncostume? Io non lo so, ma di certo non partecipo al corteo dei giudici della vita altrui”.

Conclude Massimo Rizzo di LiberaMe, che “allarga” il terreno di discussione: “Ci sono ancora atteggiamenti liberticidi, soprattutto sui social che sono la latrina dell’opinione pubblica. Io voto favorevole perchè è una manifestazione di libertà e deve esserlo di tutti: quello che è più grave è che anche il nostro legislatore cade in queste contraddizioni, come quella approvata dall’Ars, che impone a tutti coloro che rivestono un incarico pubblico di dichiarare se o meno appartengono a logge massoniche. Io non l’ho fatto, non lo farò mai perchè non esiste legge che possa impormelo”.

Si va al voto, con un paio di uscite “strategiche” dall’aula: chi non sarebbe favorevole, in linea di principio, non vuole comunque che la delibera sia macchiata da voti contrari. L’aula si esprime praticamente all’unanimità, e oltre al risultato conseguito, ne guadagna un altro, non indifferente. Uno schiaffo politico all’amministrazione.

 

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