Dopo il primo racconto pubblicato qualche mese fa in esclusiva, ospitiamo per la seconda volta su Lettera Emme il messinese Graziano Delorda, autore eclettico dall’anima “pulp” che abbiamo inserito fra i cinque (giovani) scrittori più validi e promettenti nati in riva allo Stretto. Una storia “horror” dai tratti surreali illustrata dal fumettista Fabio Franchi (in calce al racconto una sua breve bio).

 

Se mi avessero detto che avrei passato gran parte delle giornate annoiandomi sugli scranni del consiglio comunale della mia rinata città, probabilmente non avrei accettato di fare il capolista del Movimento Z. Questa è la quarta, forse quinta convocazione in una settimana, le precedenti sono saltate per mancanza del numero legale dei colleghi consiglieri, umani e non umani. Interi giorni buttati al vento, con tutto quello che ci sarebbe ancora da fare, attese inutili come l’argomento oggetto delle sedute: la gestione dei rifiuti nel nostro territorio. Dopo tutto quello che è accaduto nel mondo, siamo ancora a discutere di ‘sta cazzata dei rifiuti?! Ma non l’avevamo definitivamente risolta già un paio di anni fa a livello globale? Ormai è un dato di fatto, non esiste più un solo grammo d’immondizia in ogni città, paese, vicolo o luogo sperduto del pianeta, tutto è pulito, immacolato come mai lo era stato prima, e noi siamo ancora qui a scannarci a vicenda, dopo i terribili scannamenti che ci sono stati, per cosa? I soliti giri di potere, finanziamenti, deleghe, società farlocche, nell’ennesima seduta fantasma che anche oggi – scommetto l’unico braccio che mi è rimasto – salterà come le precedenti. Ed eccomi qui ad annoiarmi a morte (ops!… forza dell’abitudine) e pertanto, seduto tra i banchi dell’opposizione, nell’aula deserta, ricordo e scrivo.

 

 

Tutto ebbe inizio circa tre anni fa, quando la Terra cambiò come mai era accaduto nel corso della sua storia. Da un giorno all’altro i cieli del nostro pianeta si colorarono di verde, oscurati da strani uccellacci dal becco rosa che qualcuno in Italia non so perché denominò buzzelli. Milioni d’indomiti esemplari mai apparsi prima, forse di origine extraterreste, resistenti a tutto e ingovernabili, dagli escrementi intossicanti, letteralmente di fuoco, mortali per gli esseri umani. Nessun ornitologo, etologo, scienziato, religioso, politico o militare riuscì a contrastare l’invasione di questi terribili volatili che in brevissimo tempo portarono la pandemia a livello mondiale, trasformando con le loro copiose e letali deiezioni incandescenti ogni singolo abitante del pianeta in un mio simile, in uno zombi. Esattamente, avete letto bene, uno zombi!… proprio quelle cose lì dal passo instabile, tutte versacci e intestini srotolati al vento, che si vedevano solo nei film e nei fumetti: esseri morti a causa della merda infuocata piovuta dal cielo e tornati in vita dopo poche ore, più dementi di prima, erranti e affamati di carne umana, tranne qualche piccola eccezione come il sottoscritto e pochi altri. Gli escrementi dei buzzelli infettarono e uccisero oltre cinque miliardi di persone, il 95% dell’intera popolazione del pianeta tornò dalla morte trasformata, si salvarono soltanto poche decine di migliaia di individui in tutto il mondo. Nel giro di qualche mese il caos si diffuse ovunque, la razza umana fu vicina a scomparire, i pochi fortunati (!) furono costretti a sopravvivere in un contesto di violenza e anarchia assolute, del genere uomo uccide zombi che mangia uomo che uccide uomo. Non tutti i non morti però si trasformarono in zombi “classici”, diciamo carnivori, poiché, ripeto… come il qui presente primo rappresentante del Movimento Zombi della mia città, alcuni di noi tornarono in vita non troppo inebetiti e soprattutto senza quel famelico istinto di spolpare ogni essere vivente a tiro. Inspiegabilmente sostituimmo il mangiare carne umana con un ben più gestibile e meno inquietante nutrirsi di rifiuti e spazzatura; semplice questione di gusti. La cosa però non venne subito notata dagli amici umani poiché anche noi zombi vegetariani, tutt’oggi, conserviamo alcuni tratti tipici degli zombi classici, in particolare l’andatura spastica, la parlata non proprio forbita e il sempre annoso problema della decomposizione.

 

Fummo chiamati “zombi vegetariani” e dopo un’inevitabile fase in cui si fece tabula rasa di ogni non morto, carnivoro o vegetariano che fosse, quando questa nostra caratteristica alimentare venne finalmente rilevata, diventammo un’inattesa risorsa per i pochi scampati all’Apocalisse, dando così il nostro contributo alla veloce ricostruzione già in atto. I buzzelli, raggiunto il picco massimo del contagio, così come erano apparsi scomparirono, gli umani superstiti si organizzarono con inventiva e ferocia, smettendola di sterminarsi a vicenda e unendo le forze contro gli zombi carnivori. In seguito, orde di zombi vegetariani, sempre più inseriti nel rinato contesto civico globale, furono protagoniste di eccezionali opere di smaltimento di quanto, dopo anni di lotte devastanti, aveva invaso ogni parte del pianeta. Ci fecero mangiare di tutto, qualsiasi tipo di rifiuto, scarto, materiale al limite della commestibilità. Non potendo morire se non per lenta ma inesorabile decomposizione, nel giro di qualche mese diventammo una preziosa risorsa, dapprima sfruttata dagli uomini solo per i loro fini, da qualche tempo sempre più attivamente inserita nei gangli del convivere sociale. Debellati in modo definitivo gli zombi carnivori, la Terra tornò a risplendere sotto i raggi della speranza e della ricostruzione, pulitissima e molto più vivibile di prima.

La mia città, per esempio, che per decenni era stata sudicia e maleodorante all’inverosimile, costantemente in emergenza, invasa in ogni angolo dalla sporcizia e sommersa da montagne di rifiuti, escrementi, scarafaggi, topi, è diventata in pochi mesi di libagioni organizzate dal Movimento Z un vero e proprio gioiellino, almeno da questo punto di vista. Adesso si potrebbe tranquillamente mangiare per terra tanto è linda, e il dimenticato profumo di pulizia è tornato ad accompagnare quello del mare vicino. Purtroppo però l’essere umano difficilmente fa tesoro dei propri errori, infatti eccoci qui ancora a dibattere di gettoni di presenza, dimissioni, elezioni e altre stronzate simili, come accadeva prima dell’arrivo dei buzzelli verdi e di noi zombi vegetariani.

Per fortuna il bar del municipio si è adeguato ai tempi e, nonostante l’interminabile fila di colleghi umani alle prese con caffè, aperitivi e sollazzamenti vari, anche oggi dovrei trovare qualche cacca di cane appena raccolta o magari delle appetitose polpette di cicche e volantini. Certo, sarà forse l’inutile attesa, seduto a scrivere in questi banchi ricordando il recente passato, lo smacco e la rabbia per tutto questo tempo perso, ma oggi tengo proprio uno strano languorino zombi vecchio stampo che se ci fosse stato qui accanto a me quel panciuto consigliere dal linguaggio stentato… no, no, no, lungi da me strani pensieri, meglio di gran lunga la cacca di cane!

http://grazianodelorda.altervista.org/

https://www.facebook.com/FabioFranchiArt/

 

Fabio Franchi, classe ’89, nato a Messina, sviluppa la sua passione per il fumetto e il disegno fin dai primi anni di vita. Dopo il liceo e una breve parentesi universitaria, decide di trasformare quella che era una semplice passione nel suo lavoro cambiando obiettivi e città. Così nel 2009 si trasferisce a Palermo dove inizia il suo percorso alla “scuola del fumetto”, conclusosi nel 2011. Nello stesso anno collabora con la Grafimated Cartoon nella produzione del corto animato “I Vespri Siciliani”.
Disegnatore freelance, tramite Lelio Bonaccorso, ha collaborato con la rivista online igiovanisiciliani.it, illustrando alcuni momenti dell’occupazione del teatro Pinelli, e con altre testate web cura una piccola rubrica di satira. Ha partecipato alla realizzazione delle copertine dei romanzi “Quando finisce la notte” e “Cemetery Hotel” di Oscar Mario Venuti editi da La feluca edizioni. Nel 2014 crea graficamente i personaggi del video “Batuka” di Joe Bertè ft Don Cash e nello stesso anno tiene un corso per classi elementari all’istituto comprensivo “Elio Vittorini” sul fumetto e la lotta alla mafia. Ha prestato la sua collaborazione al progetto “Le scalinate dell’arte” curando il laboratorio per le ultime classi elementari.

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