I recenti e continui “finti blitz anti prostituzione” non hanno nulla a che fare col diritto e con la legalità. Sembra infatti, che si faccia finta di non sapere che la criticabile attività della prostituzione, in Italia, dopo la famosa Legge Merlin, è assolutamente legale, tanto che chi viene trovato con una escort in auto non rischia nulla a meno che non stia commettendo atti osceni nella pubblica via, sebbene anche questa fattispecie è stata depenalizzata con Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, e sanzionata con una semplice pena amministrativa pecuniaria.  

Comprare sesso in Italia non è reato, si può fare liberamente sulle strade e nelle case, e anche se trattasi di un mercato clandestino che non chiede tasse e non pretende garanzie di qualità, vengono tuttavia punite alcune diffuse condotte collaterali alla prostituzione, quali il favoreggiamento, l’induzione, il reclutamento di prostitute, lo sfruttamento e la gestione di case chiuse, ma non chi volontariamente sceglie di esercitare questo discusso e antico mestiere.

Dal punto di vista della legalità del gesto, come si fa a verificare se la donna o la persona trans in servizio, presti il proprio corpo secondo il principio dell’autodeterminazione o perché costretto e sfruttato? Può un Vigile Urbano suonando il campanello stabilire se si è di fronte ad un reato? Chiaramente la domanda è retorica, questa non è certamente la corretta modalità investigativa, questa non è da considerare neanche un’attività di polizia giudiziaria, infatti è impossibile verificare e accertare un reato con questi presupposti, anche se ci sono i preservativi, anche se c’è un uomo, anche se ci sono dei soldi, tutti indizi del nulla che non provano nulla, ma che se buttati in pasto ai “pesci” della piattaforma digitale hanno un effetto dirompente.

Il finto blitz del “sindaco sceriffo” Cateno De Luca si conclude con una finta segnalazione/denuncia per prostituzione, per un fatto che in Italia, si ribadisce, non è previsto come reato e si sequestrano oggetti non pertinenti al reato che, tra l’altro, fanno parte della sfera personalissima dell’individuo, laddove semmai, l’unico evento da ipotizzare è lo sfruttamento della prostituzione ad opera del titolare dell’immobile, ma solo se costituisce reale ausilio ad essa.

Sul punto, è orientamento costante e consolidato della giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui dare in locazione appartamenti a prostitute non costituisce reato se non sono finalizzati a favorire il meretricio. A tal proposito, l’Alta Corte specifica nella sentenza n. 1773/2017 che spesso chi concede in affitto appartamenti è ignaro dell’utilizzo che se ne farà. Per questo se l’immobile viene destinato a un uso illecito, il proprietario non può essere considerato colpevole.

Successivamente, in una recente sentenza, la Suprema Corte completa l’impostazione giuridica, spiegando che affittare casa pur sapendo che l’affittuaria è una prostituta non è reato, Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 4571/18, Il reato di favoreggiamento della prostituzione non si configura per il semplice fatto di dare in locazione un immobile ad una prostituta, ciò anche se il locatore sia a conoscenza che la conduttrice, oltre che utilizzarlo come abitazione, vi eserciterà l’attività di prostituzione.

Perché non ci si chiede se i vigili stanno eseguendo un decreto di perquisizione domiciliare su delega della procura oppure se è un intervento di iniziativa? Se per caso fosse di iniziativa si potrebbe sapere con quale articolo del cpp (codice di procedura penale) o del tulps (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) stanno procedendo? C’è un’indagine alle spalle che raccoglie fonti di prova da giustificare un’irruzione o semplicemente si scrive escort/incontri/bakeca su google? Alle donne accompagnate in Questura e prelevate dalla propria abitazione è stato rilasciato un verbale di accompagnamento? È stata avvisata la procura? Il sequestro dei profilattici, se non vi è reato a norma di quale articolo è stato effettuato? È stato convalidato?

Orbene, in questa confusione generale, in città, “il sindaco sceriffo” ha trasformato il modo di fare comunicazione, attaccando le testate giornalistiche e i loro direttori, dando in pasto alla folla i classici stereotipi italiani quali l’impiegato pubblico, oggi l’autista di autobus, ieri gli stessi vigili (non allineati), l’altro ieri il custode comunale, con un continuo attacco alla classe dirigente perché teoricamente rappresenta il potere, facendo dimenticare alla massa che lo segue che il potere stesso in un comune soggiace nelle mani del suo principale rappresentante, cioè il sindaco. Perché nessun politico (o quasi) si oppone a questo metodo di sfruttamento personalistico della polizia municipale? Esiste un’opposizione in questa città?

Si può svilire un corpo di polizia che fa servizio armato per interessi politici? Come mai, pochissimo tempo fa, due giovani migranti con regolare richiesta di protezione internazionale sono stati videoripresi in diretta durante una azione di polizia giudiziaria? Come mai quel video invece di finire agli atti della procura finisce nella pagina personale del sindaco? C’è una violazione istruttoria che obbliga le forze di polizia ad operare nel segreto d’ufficio? C’è per caso una violazione della privacy?  Siamo in presenza di continui abusi che strumentalizzano episodi quotidiani di vita civile per mera propaganda politica?  I vigili rappresentano un corpo di sicurezza cittadino o la cabina di regia di una segreteria politica?

Oggi le vecchie case chiuse non esistono più, la nuova generazione di prostitute è costituita perlopiù da extracomunitarie, che scappano da guerre e carestie, provenienti dal continente africano e che affollano i nostri parchi e gli angoli bui dei nostri centri urbani, una prostituzione d’impatto che stride col nostro concetto di decoro urbano e che in qualche modo, dimenticando che si tratta di donne che non commettono nessun reato, si cerca di limitare ed osteggiare: infatti per contrastare il fenomeno della prostituzione, si interviene, sempre più spesso, con ordinanze sindacali in materia di sicurezza urbana, con il pretesto di tutelare la salute pubblica o il decoro urbano, accanendosi su chi è già vittima di se stessa e della propria condizione. Altro fenomeno in forte espansione è quello di alcune ragazze italiane ed altre spesso provenienti dal sudamericana o dai paesi dell’est, che svolgono i servizi nei propri appartamenti, vivendo uno stato di disagio economico, la cui emigrazione spesso, è volontariamente circoscritta nel tempo, poiché si trasferiscono appositamente, anche fingendo di venire in Europa per studiare, con lo scopo di fare un gruzzoletto per poi tornare ricchi in patria a riprendere la vita da dove era stata lasciata. Parliamo di una prostituzione nascosta, riservata: in questo caso non è possibile emettere ordinanze e il decoro urbano è  tutelato.

Non a caso, lo spirito della legge Merlin era un appello alle donne con lo scopo di difenderle, tutelarle e proteggerle, non avendo la donna ancora ottenuto all’epoca della sua entrata in vigore, l’emancipazione dei nostri giorni e per questo, il sesso femminile veniva diviso in due categorie che ancor oggi vivono nella mente degli stolti: “puttana” o “sposa”, portando oggigiorno gli aguzzini del web e tutti gli sciacalli dalla facile esaltazione ad usare quella stessa legge e la sua opposta ratio giuridica per condannare, incriminare e additare certe donne, riuscendo persino a far passare le vittime come carnefici attraverso l’avvio di una persecuzione “a contrario”, offrendo la loro fragilità in pasto alla folla, che vuole le streghe sul rogo, ragion per cui, vengono messe sul fuoco della piazza facebookiana, dove esce fuori, in una perversa logica giustizialista, il peggio dell’individuo, al grido “Morte alle streghe!”.    

Costruitosi la sua roccaforte informatica tra opinionisti, finti profili e persone pronte ad abboccare che creano opinione pubblica, l’unica priorità del sindaco è raccontare un episodio intriso di presunta verità e buttarlo in pasto alla folla, mistificando, insinuando il dubbio, creando quell’intimidazione informatica e quell’appiattimento dove il terrore regna sovrano, quindi il dipendente ha paura di essere licenziato, il cittadino di essere multato e l’intellettuale o il politico di essere attaccato pubblicamente.

 

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