Sembrerebbero realtà affatto distanti tra loro, le supermacchine lunghe cinque metri e gli escrementi canini. Eppure costituiscono dei formidabili indicatori sociali utili a delineare l’identità della strana gente che in misura sempre maggiore popola la nostra città.

Un sintetico ma puntuale articolo di Marino Rinaldi e Alessio Caspanello, apparso recentemente su questa testata, ci offre una radiografia esaustiva della presenza di veicoli a Messina, secondo gli autori non superiore alla media nazionale. Se però proviamo a uscire di casa e a guardarci intorno non possiamo non essere colpiti e quasi schiacciati da un traffico sporco, confuso e in qualche caso cialtrone che ha ben poche analogie con paesaggi urbani propri di altre città italiane, anche più popolose.

Altro aspetto che colpisce l’ipotetico flaneur messinese è l’abnorme presenza di SUV, fuoristrada, gipponi o comunque li si voglia denominare. Automezzi con ruote da camion, lunghi come due Panda messe l’una dopo l’altra e incredibilmente aggressivi, quasi sempre con il conducente unica presenza a bordo e assai spesso lasciati in sosta in seconda o terza fila, quando non prepotentemente fatti salire sull’intero marciapiede, tanto con quelle ruote puoi fare ciò che vuoi.

Sigmund Freud sosteneva che ogni arma costituisce un’estensione del pene. Ma di che minchia sono estensione questi macchinoni? Forse solo del tasso di vanità e di anima buddace dei loro proprietari.

Piccola digressione personale. Anch’io alcuni anni fa ho acquistato una splendida Jeep Grand Cherokee di seconda (o terza, non ricordo) mano, e l’ho tenuta per qualche anno divertendomi come un pazzo a guidarla. Ma (cazzu cazzu, direbbe Cetto!) non la usavo certo per scendermene in centro e parcheggiarla malamente di fronte al Bar alla moda giusto per farmela ammirare; anzi mi sarei vergognato come un ladro a mostrarla in città, e l’ho utilizzata solo per gli scopi per cui l’avevo acquistata, andarmene in giro per luoghi scoscesi della Sicilia (in quegli anni tra l’altro mi recavo per lavoro a Mistretta e d’inverno trovavo neve e gelo sulle strade), fare lunghi viaggi sentendomi sicuro anche in condizioni atmosferiche difficili, o addirittura eseguire un minitrasloco da Forlì a Messina carriandomi le masserizie  di una figlia universitaria…

Ho viceversa l’impressione che gran parte dei proprietari di questi SUV facciano fare ai loro automezzi una monotona vita da travet: o (nel caso dei proprietari giovani) la corvée di giungere da casa fino al luogo in cui deporre il mezzo acciocché possa essere ammirato o invidiato dagli amici, o (nel caso dei proprietari più adulti) il brivido di accompagnare i figli a scuola con un mezzo che potrebbe farsi strada nella Giungla.

Così è (naturalmente in un buon numero di casi). E se così è, contenti loro. Quelli, dico, convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili.

Andiamo all’altro indicatore sociale, le cacche dei cani. Potrei affrontare l’argomento in modo aulico, citando uno splendido studio di Alain Corbin, la Storia sociale degli odori, o il non meno delizioso libro di John Gregory Burke Gli sporchi rituali, entrambi a vario titolo dedicati agli escrementi e alla loro storia. Ma sarebbe questo un voler nobilitare un comportamento che, viceversa, più sporco e vigliacco di così non si potrebbe. Il fatto è questo. Centinaia, forse migliaia di messinesi portano a spasso i propri cani e li lasciano defecare allegramente sui marciapiedi delle strade che percorrono. Poi, quando l’animale ha esaurito i suoi bisogni, si girano con eleganza e se ne vanno lasciando in loco il prodotto degli sforzi anali delle loro bestioline. Non li sfiora minimamente il sospetto che quelle cacche loro dovrebbero raccoglierle e depositarle in un cassonetto o negli appositi cestini. E dire che c’è pure una normativa in merito, ci sono disponibili dei comodi sacchettini di plastica atti ad agevolare la presa in carico delle feci in modo igienicamente ineccepibile….. Ci sarebbero anche delle multe per chi contravviene alla normativa, ma – come accade per fattispecie di più grave portata – si vive ormai in un contesto nel quale non c’è certezza della pena. E quindi, avanti tutta a scacazzare in libertà, ci penseranno le suole di chi viene dopo a rimuovere la materia fecale.

Anche in questo caso, come in quello dei SUV, sarebbe ingeneroso e qualunquistico generalizzare. Ho visto qualche volta leggiadre ragazze mettere la mano dentro il sacchetto di nylon, prelevare così protette la cacca e poi, rivoltando il sacchetto, depositare il tutto in un contenitore. Si tratta però di eccezioni, a quanto è dato constatare dalle ingombranti presenze il cui olezzo accompagna chi cammina per le vie di Messina.

Se le considerazioni fin qui svolte appaiono impertinenti, tatànte scùsese (come diceva il buon Alex dell’Arancia Meccanica). Quello che mi premeva mettere in luce è mostrare come ci vorrebbe poco a migliorare la qualità della vita a Messina, basterebbero un po’ più di educazione, buon gusto, pudore, senso del bene comune, e un po’ meno di arroganza, cialtronaggine, refrattarietà alle regole, selvatichezza.

Ricordo a tutti i candidati a Sindaco di Messina quello che Lenin diceva essere una buona definizione del Comunismo: i Soviet, più l’elettrificazione del Paese.  

 

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andrea
andrea
10 Aprile 2018 16:01

…l’elettrificazione soprattutto.. con le sedie adatte