MESSINA. Nel ricovero dei Cappellini entravano fino a ottocento cristiani, sotto i bombardamenti. E la Badiazza nacque per la scelta di due giovenche. Ma anche la Chiesa di Gesù e Maria del Buon Viaggio, che di solito apre soltanto per la messa, come San Tommaso il Vecchio e il Buon Pastore; i forti a difesa della città, le ville private. E ancora, leggende, sacrari, cripte monacali e giardini romantici, come quello amato dal Kaiser Guglielmo II: Messina è nata, cresciuta e si è disperata sempre affacciandosi allo Stretto. Le Vie dei Tesori la racconterà nella maniera inedita che è ormai il segno distintivo del Festival palermitano che dopo 10 anni ha deciso di allargarsi all’intera Sicilia. 

Un Festival insignito per il secondo anno consecutivo della medaglia di rappresentanza del presidente della Repubblica e dei patrocini di Senato, Camera, ministero dei Beni culturali, che ha contribuito alla designazione di Palermo a Capitale della Cultura 2018. L’anno scorso ha chiuso l’edizione 2016 con 215 mila visite in 15 giorni, poco meno del Colosseo, il luogo più frequentato d’Italia, con una ricaduta di ricchezza turistica per Palermo di oltre due milioni e mezzo di euro.

E così esplorerà – per due weekend, dal 15 al 17 settembre, poi dal 22 al 29 –  Zancle, la “falce”, l’antica Messina affacciata sullo Stretto, tra Scilla e Cariddi, la città eroica, sopravvissuta a invasioni, conquiste, rivolte, amata da Antonello, di cui si cerca ancora la tomba, e ricovero del Caravaggio in fuga. Devastata prima dalla peste, poi dal terremoto del 1908, ma rinata sempre, seppur spezzata e dolente. Da quel cataclisma sono sopravvissuti chiese, ipogei, forti, ville, opere d’arte raccolte nel Museo Regionale appena restituito. Un patrimonio straordinario che, con Le Vie dei Tesori, si mostra con l’orgoglio della sua storia: ai cittadini, che attraverso i luoghi, recuperano memoria e senso d’identità; e ai turisti, che possono scoprire una città ancora fuori dai principali itinerari culturali del Paese. Quasi trenta luoghi delle più diverse titolarità (Regione, Comune, Curia, privati) che aprono le porte insieme, visitabili con un contributo che va da 1 a 2 euro. Interessanti e coinvolgenti le “passeggiate”, veri e propri tour immersivi a tema lungo i luoghi, condotte da specialisti, botanici, guide, appassionati.

Il Festival Le Vie dei Tesori approda a Messina grazie alla volontà e al supporto dell’Assessorato regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana. “D’intesa con gli ideatori dell’iniziativa abbiamo voluto estendere anche ad altre città siciliane il modello vincente de Le Vie dei Tesori, che a Palermo ha registrato numeri straordinari in termini di visitatori e siti riscoperti – spiega l’assessore ai Beni culturali e all’Identità siciliana Carlo Vermiglio – Messina, partendo dalla cultura, può ritrovare la sua identità perduta nel terremoto del secolo scorso, facendo del proprio patrimonio, il traino efficace per lo sviluppo del sistema socio economico, aggiungendo valori e contenuti sia alle attività produttive già presenti, sia a quelle da creare e innestare. E’ successo con il Museo Regionale, appena restituito alla città, che in sole due settimane ha totalizzato il numero di visitatori dell’intero anno scorso. Una trentina di luoghi della cultura, dalla Badiazza a Villa Pace, saranno aperti e raccontati a visitatori e turisti: siti dove far rivivere il genius loci di una città con un grande passato da narrare e un presente da plasmare. E’ questo il valore del progetto a cui abbiamo aderito con convinzione: riuscire a generare dalla cultura e dalla valorizzazione del patrimonio, modelli innovativi di sviluppo e di crescita sociale ed economica puntando sul  “fare rete” e sulla collaborazione tra le istituzioni e le realtà territoriali che di questo tesoro sono eredi e custodi”.

“Si tratta di un’iniziativa lodevole per fare conoscere e apprezzare i tesori di Messina al prezzo simbolico di un euro –commentano il sindaco di Messina Renato Accorinti e l’assessore alla Cultura Federico Alagna – incentivando la popolazione a visitare i siti storici simbolo di cultura e tradizione, affinché la città sia sempre più amata e difesa. Sarà un’occasione importante anche per i turisti che potranno vedere le nostre bellezze. Nell’ottica di una crescita culturale, anche in termini di riappropriazione dell’identità e di appartenenza al territorio, desidero sensibilizzare verso questo progetto di approfondimento formativo i genitori che avranno l’opportunità di far conoscere ai propri figli radici e tradizioni della città di Messina”.

“Per Palermo Le Vie dei Tesori è stata ed è una grande occasione di riappropriazione della città da parte dei cittadini e di promozione verso il mercato turistico – dice Laura Anello, giornalista e presidente dell’associazione Onlus che organizza la manifestazione – speriamo che anche a Messina, dove l’identità e la memoria sono state spezzate dal terremoto del 1908, questo possa accadere, in collaborazione con le istituzioni e le associazioni cittadine. Le Vie dei Tesori nasce dall’impegno di un gruppo di giornalisti, operatori culturali e professori universitari decisi a impegnarsi per la valorizzazione della Sicilia e vuole agire da lievito delle energie che già esistono. Il nostro obiettivo è costruire e favorire reti, perché solo facendo rete si va lontano. E proporre un modello innovativo e virtuoso di gestione dei beni culturali, messi a sistema, promossi insieme, fruibili con un unico strumento”.

“Le Vie dei Tesori – aggiunge Bernardo Tortorici di Raffadali, presidente degli Amici dei Musei siciliani, partner della manifestazione – non apre e basta. Apre e racconta. Le visite guidate sono il valore aggiunto della manifestazione, quelle che possono trasformare anche un rudere in un luogo imperdibile, se racconta una bella storia. Per questo voglio ringraziare i nostri volontari che anche quest’anno, con enorme fatica, accoglieranno i fiumi di visitatori, coadiuvati dai ragazzi delle scuole in alternanza scuola-lavoro che abbiamo formato negli scorsi mesi”.

Per due weekend Messina aprirà le sue porte offrendo visite guidate con un contributo da 1 a 2 euro. E c’è pure Le Vie dei Tesori Card, per chi vuole sostenere il Festival e non perdersi nulla in tutte le città del circuito, realizzata in collaborazione con Trenitalia. Un passaporto per l’arte, con cui visitare la Sicilia come non l’avete mai vista. 

Le Vie dei Tesori racconterà anche Agrigento, Caltanissetta, Siracusa, prima di dedicarsi come sempre a Palermo. E dove quest’anno aprirà a 110 luoghi, proporrà 110 tour urbani, organizzerà una grande Notte bianca dell’Unesco, un Festival tutto dedicato ai bambini e un calendario di incontri, concerti, spettacoli.

 

Di seguito l’elenco e una breve descrizione dei 28 monumenti messinesi del circuito:

 

1. Basilica Cattedrale

Non si può parlare del duomo di Messina che attraverso suggestioni, tante sono le vicissitudini che ha attraversato fin dalla sua edificazione, nel periodo normanno. Nel 1254 un incendio distrusse il soffitto a travature lignee; dal Seicento in poi fu la volta della lunga teoria di terremoti, seguita dai bombardamenti del  1943. Eppure, il duomo è tutto da riscoprire, a cominciare dalla facciata, un trionfo di marmi policromi e portali gotici. Tre, come le navate. Quello centrale, quattrocentesco, di Antonio Baboccio da Piperno, è un racconto scultoreo di santi, e in tutta la facciata si sviluppano suggestive scene di vita quotidiana. L’organo è il secondo più grande d’Italia, splendidi il ricco tesoro medievale e il campanile. 

Piazza Duomo | Visite: venerdì, sabato dalle 10 alle 18. 

 

2. Chiesa di Gesù e Maria del Buon Viaggio al Ringo 

La chiesa è detta “del Ringo”, dal nome della contrada in cui si trova. Di origine medievale, deriva dal francese haranguer, che a quel tempo indicava il mettersi in riga dei cavalieri. Da lì, infatti, i cavalieri andavano a gareggiare nel vicino quartiere di Giostra, suddivisi in ténant (chi lanciava la sfida) e vénant (chi l’accettava). Tanto sangue fu versato e perfino la Chiesa si pronunciò per evitare che queste feste si trasformassero in occasione di morte, ma alla fine nacquero anche giostre poco cruente, spesso dedicate a una dama, di cui è rimasta traccia nella toponomastica di Messina. Edificata per volontà del signore messinese Lorenzo Abbate fra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, questa chiesa serviva da conforto ai viaggiatori. 

Viale della Libertà |Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 17.40. 

 

3. Chiesa di San Giovanni di Malta 

Prima di essere ucciso come martire cristiano, Placido era un giovane di ricca e nobile famiglia romana ma di origini messinesi per parte di madre, Faustina. Nacque nel 515, e presto rimase folgorato dalla nuova religione, ascoltando incantato Benedetto da Norcia. E proprio nella terra natale della madre, ormai abate, Placido viene inviato con l’ordine di fondare il primo monastero benedettino in Sicilia. Trova la morte, insieme alla sorella Flavia, ai fratelli Eutichio e Vittorino e a circa trenta monaci proprio in riva allo Stretto. Nel 1588 questa chiesa diventa meta di pellegrinaggi, con il ritrovamento delle reliquie dei martiri e, secondo la leggenda, la nascita di una sorgente d’acqua miracolosa. Da qui, nel 1608, passa anche Caravaggio in fuga da Malta, sotto la protezione di fra’ Antonio Martelli, priore dell’Ordine a Messina, durante la sua permanenza a Messina densa di misteri. 

Via San Giovanni di Malta, 2 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

4. Chiesa di san Tommaso il Vecchio

Sembra una scatola colma di meraviglie e sorprese, questa chiesa piccola e preziosa a unica navata con volta a botte, dalla quale emergono l’abside e il tamburo sormontato dalla cupola. Profuma di Medioevo, di quel periodo in cui i normanni riempirono di meraviglie la città, ma è nel 1530 che viene dedicata a san Tommaso Apostolo. Ecco la ragione per cui, ancora oggi, viene chiamata “di San Tommaso il  Vecchio”,  quasi in ricordo di un passato ancora più lontano. È difficile pensare che questa chiesa, in cui ogni pietra sembra raccontare una storia, sia stata utilizzata anche come forno, eppure è così per un lungo periodo: dal 1866, con le leggi eversive e la vendita ai privati, fino al terremoto del 1908. 

Via Romagnosi, 3 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

5. Chiesa di Sant’Elia

Pare che sia stato proprio Antonello da Messina a siglare, nel 1462, un atto notarile per la realizzazione di un gonfalone destinato alla Confraternita di Sant’Elia dei Disciplinanti. Così nasce, come luogo di culto a tutti gli effetti, la chiesa di Sant’Elia. Il nome del santo qui è tenuto in molta considerazione: durante la terribile epidemia di peste del 1743, il Senato messinese lo elesse compatrono della città. E la “protezione” funzionò anche per le non poche calamità a venire: questo edificio religioso è uno dei pochi sopravvissuti alle avversità di Messina, salvo qualche danno al soffitto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. 

Via Sant’Elia, 45 | visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

6. Chiesa di Santa Maria della Valle – Badiazza 

Poco fuori città, fu fondata nell’XI secolo da monache Benedettine che, accanto alla Badia, avevano anche un monastero. Nel Medioevo era chiamata Santa Maria della Scala per un’antica leggenda legata all’immagine sacra della Madonna omonima, trasportata a Messina da una nave. Si racconta che l’imbarcazione non riuscì a salpare fino a quando non venne scaricato a terra anche il quadro che venne messo su un carro tirato da giovenche senza guida, che si fermarono proprio nell’eremo di Santa Maria della Valle. Anche Guglielmo II il Buono amò profondamente questo luogo, tanto da farne, nel 1168, la Cappella reale. Nel 1282, durante la guerra del Vespro, le truppe di Carlo d’Angiò che assediavano la città la saccheggiarono e la incendiarono. Ricostruita e ampliata da Federico II d’Aragona, fu abbandonata dopo la peste del 1347. Cessato il pericolo, le monache decisero di trasferirsi in città, nel monastero di Santa Maria della Scala, ritornando alla Badiazza solo d’estate. Il recente restauro consente di respirare l’atmosfera medievale che ancora regna tra le mura. 

Villaggio Scala Ritiro, Contrada Badiazza | visite: venerdì, sabato e domenica 10-18 

 

7. Chiesa della SS. Annunziata dei Catalani

È una delle massime espressioni dell’arte arabo-normanna in Sicilia, una fusione affascinante di stili bizantino, romanico, arabo e normanno. Venne edificata nel XII secolo dove probabilmente sorgeva un tempio dedicato a Nettuno. Da ospizio per i trovatelli divenne sede dei chierici regolari teatini, poi dei domenicani e di altri ordini religiosi. Ma fu solo con la confraternita dei mercanti Catalani, da cui prende il nome, che raggiunse il suo massimo splendore. I catalani subentrarono quando la chiesa era sull’orlo del fallimento e la riempirono di bellezze, costruendo l’altare a Nostra Signora della Soledad e la cripta per la sepoltura dei confrati. La chiesa sorge a una quota più bassa del livello stradale: per l’ammasso delle macerie del terremoto del 1908, la città fu ricostruita a una quota di qualche metro più alta.

Via Giuseppe Garibaldi, 111 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

 

8 – Ex chiesa del Buon Pastore

Una chiesa dal sapore antico e dalle linee semplici, il cui progetto originario risale agli anni Trenta. L’edificio avrebbe dovuto essere molto più grande, e completato con la costruzione di un orfanotrofio femminile. Ma la terra, a Messina, parla più che altrove, e visto che la natura del suolo non lo consentiva, si pensò di ridimensionare l’intero plesso. All’interno, tra decorazioni a tempera e “finti stucchi” con stampi a rosetta, si trovano i dipinti del “pittore delle chiese”, ma non fu solo questo, Michele Amoroso, che elesse Messina come suo luogo di residenza e di lavoro. Oggetto di lavori di recupero, dal 1989, il Buon Pastore è sede della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali, ma anche scrigno in cui sono custoditi di preziosi reperti archeologici provenienti dagli innumerevoli scavi.

Viale Giacinto | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

9. Chiesa di Santa Maria di Gesù Superiore – Il Ritiro – Presunta Tomba Antonello 

È il luogo del mistero, su cui da secoli si affannano storici, archivisti, geologi, appassionati: la tomba di Antonello da Messina. Secondo un autorevole filone di studi, capitanato da Gioacchino di Marzo, il pittore quattrocentesco è sepolto nella cripta del convento accanto alla chiesa, sorto nel 1166 su preesistenti terme romane (primo dei frati Carmelitani in Europa), poi nel 1418 rifondato dai Frati minori osservanti in Sicilia con il titolo di Santa Maria di Gesù, e riemerso casualmente nel 1989 durante lavori di costruzione della corsia laterale di viale Giostra. Sarebbe questo il convento di S. Mariae de Iesu indicato nel testamento di Antonello – che era un terziario francescano – redatto il 14 febbraio del 1479 dal notaio Mangianti. Ma delle sue spoglie, nonostante lavori di scavo e indagini con georadar, non è mai stato trovato nulla. Restano il mistero, i ruderi struggenti, la chiesa sopravvissuta a tutte le piaghe della città: peste, alluvioni, terremoti. Resta l’incanto di immaginare il giovane Antonello seguire la messa con Eustochia Smeralda Calafato, nobildonna messinese destinata a diventare santa. Bellissima, si dice, tanto da prestare il suo volto all’Annunciata.

Viale Giostra, accanto la Palestra Comunale | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

10. Forte San Salvatore e Madonnina 

È il simbolo di Messina. Da qui lo sguardo abbraccia la costa della Sicilia e quella della Calabria. È la Madonnina del porto di Messina, collocata nel 1934 sul torrione del Forte San Salvatore che con la sua forma di falce protegge il porto. Proprio falce, Zankle, i greci chiamarono Messina nell’VIII secolo avanti Cristo. Una terra fertile, con un facile approdo verso il mare. Zankle era anche una zona sacra, che mantenne questa sua energia anche in periodo cristiano. Il forte deve infatti il suo nome al preesistente monastero del Santissimo Salvatore, voluto del Conte Ruggero nel 1086 in ricordo di alcuni suoi soldati uccisi. Il monastero diventò ben presto una fucina di cultura, con monaci dediti allo studio e ai testi sacri, classici e musicali; vi fu ospitato Papa Urbano VI e si ha notizia di una chiesa annessa decorata con mosaici, tra i primi utilizzati in Sicilia. 

 

11. Forte Gonzaga

Carlo V d’Asburgo fa parte di quella categoria di regnanti dall’animo gentile, che arrivò al trono giovanissimo. E con lui Messina accarezzò il sogno di tornare capitale della Sicilia. Non venne accontentata. Ma in compenso, questo sovrano che, per un difetto alla mandibola, spesso faceva fatica a farsi capire, nel suo viaggio verso la terra dello Stretto la volle proteggere, potenziando le strutture difensive. Così nacque questa piccola ma solida fortezza dalla pianta a forma di stella, fatta costruire da Ferrante Gonzaga, condottiero e viceré di Sicilia e progettata da Antonio Ferramolino, all’epoca un innovatore in fatto di fortificazioni moderne. Non è un caso, forse, che Forte Gonzaga sia rimasto integro nonostante le calamità naturali. Nel suo viaggio verso Messina, Carlo incontrò una ragazza del popolo e la volle: ne nacque una poesia popolare ancora oggi conosciuta.

Via Montepiselli, 64 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

12. Forte Ogliastri 

È un’altra fortezza che presidiava Messina, stavolta di epoca umbertina. Ormai da anni qui si organizza una Festa del Lavoro alternativa, che nel tempo ha visto coinvolti studenti, artisti, musicisti, intellettuali, senza tralasciare le attività sportive né quelle dedicate ai bambini. Dell’antica fortezza sono rimasti il ponte levatoio, da cui ancora oggi si accede alla struttura, la capponiera  (opera difensiva addizionale di una fortificazione, a forma di piccola capanna a fior di terra) e le feritoie.

Località Colle Ogliastro, 71 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

13. Galleria d’arte Moderna 

L’esposizione permanente è intitolata a un grande messinese, il critico d’arte Lucio Barbera, scomparso nel gennaio 2011, che si spese moltissimo per la nascita della galleria d’arte cittadina. Di grande pregio la sua collezione, che comprende opere di artisti internazionali del calibro di Emilio Tadini e Joan Mirò. All’interno della Galleria d’arte moderna e contemporanea Lucio Barbera, trovano anche spazio opere di artisti che hanno fatto grande il Novecento messinese e, più in generale, siciliano: tra questi, Antonio Freiles (pittore e collezionista), Bruno Samperi (che mise a punto la particolare tecnica degli inchiostri tipografici su carta) e Salvatore Fiume (pittore, scultore, architetto, scrittore e scenografo).

Via XXIV Maggio, accanto gli uffici della Città | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

14. Monte di Pietà 

È la Quaresima del 1541. La cattedrale è gremita di nobili che si preparano al periodo pasquale: è a loro che si rivolge fra’ Egidio Romano, dell’Ordine degli agostiniani eremitani. Li esorta a costituire una confraternita che si preoccupi di confortare i condannati a morte nel viaggio, reale e metaforico, verso il patibolo, per evitare il pubblico dileggio.  Il 10 marzo del 1545, la confraternita, che ha sede proprio al Monte di pietà (costruito però solo nel 1616) inizia la propria attività. I confratelli sono vestiti di azzurro: un messaggio di speranza di salire al Cielo, per i condannati.  Oggi sede di eventi culturali, la struttura venne anche utilizzata dalla confraternita per concedere prestiti alle vittime dell’usura con credito su pegno con un basso tasso di interesse.

Via XXIV Maggio, accanto gli uffici della Città | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 18,30

 

15. Museo provinciale di Messina del ‘900

Chi ha vissuto la seconda guerra mondiale ricorda un suono costante che infestava giorni e notti, che costringeva a lasciare tutto e a precipitarsi fuori. Erano le sirene, che avvertivano di un imminente bombardamento. Non è difficile immaginare i lunghi momenti dei messinesi proprio qui, in questo bunker ricovero capace di sopportare i colpi inflitti da bombe di grosso calibro, sorto alle spalle del Convitto Alfredo Cappellini. Scavato a vivo nella collina alluvionale, è un esempio unico nel suo genere a Messina, con la sua enorme superficie e la capacità di ospitare 800 persone. Un vero e proprio tuffo in un recente passato, all’epoca in cui si condividevano momenti e speranze in attesa che le bombe cessassero di devastare. E nel frattempo, nei ricoveri, ci si raccontava la vita.

Strada Comunale Scoppo, 2 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

16. Museo delle Ceramiche dell’Università di Messina 

Dici ceramica e pensi subito a Caltagirone, ai colori seducenti di brocche e vasi, che più passa il tempo e più belli diventano. E se per alcuni quest’arte venne portata dagli arabi in Sicilia, per altri quella della ceramica era una cultura nata sull’isola, che venne solo perfezionata. Ma non esistono soltanto le ceramiche siciliane. La collezione Cesare e Doris Zipelli comprende ben 170 pezzi  antichi di irripetibile bellezza, provenienti dal resto d’Italia e dalla Spagna. È stata donata nel 2008 dal professor Cesare Zipelli, che all’università insegnò fino al 1989, e che volle che questo tesoro fosse condiviso. Nei locali ricavati sotto la scalinata dell’Università, si scoprono i resti dell’isolato del XVII secolo, contiguo ad est al Collegio dei Gesuiti, sede del primo studium messinese.

 

17. Museo Regionale Interdisciplinare

Due Caravaggio e due Antonello: non sono in tanti i musei che possono vantarli nella loro collezione. Tra questi c’è il Museo Regionale di Messina che da pochi mesi ha restituito al pubblico un sito completo e all’avanguardia, inserito in un parco museale di oltre 17mila mq che ospita i reperti estratti dalle macerie del terremoto del 1908. Il MuMe riunisce in un ampio percorso – riorganizzato secondo criteri cronologici – sia il patrimonio storico della città (faticosamente messo in salvo da chiese ed edifici storici danneggiati dal sisma), sia i pezzi della collezione del Museo Civico Peloritano, solo in parte esposto, a rotazione, all’ex Filanda Mellinghoff. Fra i pezzi da non perdere, i due capolavori del Caravaggio in fuga in Sicilia – la “Resurrezione di Lazzaro” e l’“Adorazione dei Pastori”- e i due Antonello da Messina, il “Polittico di San Gregorio”, e la tavoletta bifronte, acquistata nel 2006 da Christie’s con un “Ecce Homo” e una “Madonna con Bambino e francescano”.

Viale della Libertà 465 | Visita: domenica 24 settembre dalle 10 alle 18.

 

18. Parco Horcinys Orca 

Dai pesci abissali agli incontri clandestini tra il mare e l’uomo, fino agli elefanti nani e al mito dei ciclopi, che una volta, proprio qui, si credeva di avere scoperto. Ma si trattava, appunto, di teschi di elefanti nani, in cui l’incavo centrale della proboscide sembrava proprio un unico bulbo oculare. Al visitatore che entra nella sede di Torre Faro viene proposto un percorso interdisciplinare che comprende alcune sale attrezzate dedicate all’ecosistema dello Stretto, altri spazi riservati all’arte contemporanea e uno scavo archeologico che ricostruisce, strato per strato, le dominazioni e le culture alternatisi in questa zona della Sicilia. Come il viaggio di ‘Ndrja Cambrìa  nel romanzo di Stefano D’Arrigo: un viaggio che vorrebbe essere di ritorno a Messina, ma che è un incontro con le figure devastate dalla guerra e con se stessi. La lente attraverso cui guardare tutto è proprio lì, lo Stretto.

Località Torre Faro | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

19. Parco Sociale di Forte Petrazza a Camaro 

Inaugurata nel 1998, la galleria raccoglie 45 opere di grande rilievo del XX secolo Tra queste, “Il Picconiere” di Renato Guttuso e “Ragazza al mercato” di Mario Mafai. C’è anche spazio per il “Polittico” di Alighiero Boetti, e “Black Nero 2177”, la tela di Agostino Bonalumi. Il fiore all’occhiello della galleria è il “Concetto spaziale” realizzato nel 1956 da Lucio Fontana, ma anche la “Ragazza con il libro”di Felice Casorati. La Pop Art italiana è invece documentata da uno dei famosi “Half Dollar” di Franco Angeli, mentre una sezione della galleria è dedicata alla produzione artistica messinese degli ultimi due decenni del secolo scorso.

Località Forte Petrazza | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

 

20. Palazzo Zanca

È la sede del Municipio di Messina ma anche una casa della memoria per la città. A cominciare dal luogo originario in cui si trovava una volta: la Palazzata, la monumentale cornice al porto falcato distrutta dalla natura e dalle smanie speculative dell’uomo. Venne ricostruito nel 1924 nel luogo attuale in stile neoclassico. Ancora a proposito di memoria, se all’interno del palazzo si trovano i resti delle mura greche, tra le sculture della facciata non potevano mancare quelle di Dina e Clarenza, la cui memoria è arrivata fino a noi dal Medioevo. Quando la sollevazione del Vespro contro Carlo I d’Angiò si propagò anche a Messina, furono loro a salvare dall’assedio la città. Nella notte dell’8 agosto 1282, Dina difese i suoi scagliando sassi sui soldati nemici, Clarenza suonando le campane dal campanile del Duomo da dove svegliò tutta la città. La ebbero vinta. 

Via Ghibellina, 65 | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18.

 

21. Pinacoteca dell’Università di Messina 

Qui il tempo sembra essersi fermato a un’epoca in cui il terribile terremoto del 1908 non aveva ancora offeso Messina. Si tratta di una preziosa collezione di quadri accomunati da un unico denominatore: la protagonista è lei, la città. Con i suoi castelli, le sue vedute a volo d’uccello, le atmosfere irripetibili di un luogo che sembrava nato dalle spume del mare per incantare chiunque lo visitasse. Nella collezione, da sempre di proprietà dell’ateneo cittadino, si trovano opere di pittori locali tra Sette e Ottocento, molte delle quali sono delle autentiche chicche: come l’elegante gouache settecentesca raffigurante il castello di Roccaguelfonia.

Palazzo dell’Università, piazza Pugliatti, 1 | Visite: sabato e domenica dalle 10 alle 17.30

 

22. Sacrario Cristo Re e Torre Ottagona

Qui convivono il passato remoto e quello prossimo: la torre ottagonale, merlata, fa parte delle fortificazioni medievali che resero imponente e protetta la città. Su questa testimonianza del Duecento, però, si trova una campana che parla di un passato abbastanza recente: è stata fusa con il bronzo dei cannoni requisiti nel primo conflitto mondiale. Il sacrario, ispirato alla basilica di Superga di Filippo Juvarra e inaugurato nel 1937, è invece una celebrazione di chi perse la vita in quella che avrebbe dovuto essere una guerra lampo e durò invece lunghi anni. In basso si trova il monumento al milite ignoto del 1935, di Antonio Bonfiglio. Sopra è la chiesa, con due grandi tele di Salvatore e Guido Gregorietti, mentre in una nicchia della scalinata esterna è la statua marmorea del Cristo Re realizzata da Tore Calabrò.

Visite: sabato dalle 10 alle 15 e domenica dalle 12 alle 18

 

23. Santuario della Madonna di Montalto 

Primo edificio di culto ricostruito dopo il terremoto del 1908, questo santuario è legato al racconto dell’apparizione della Madonna che, nel corso della guerra del Vespro, venne in difesa dei messinesi assediati dai francesi, prendendo così il nome di Madonna delle Vittorie. Dopo il terremoto, il prospetto è stato rifatto nel 1930 con due campanili a cuspide che affiancano la facciata, al culmine della quale si trova la statua marmorea della Madonna delle Vittorie. Da non perdere l’interno, una statua mariana del Seicento cesellata in oro e rame e un crocifisso ligneo del primo Cinquecento.  Fin dalla fondazione, il santuario fu affidato alle suore cistercensi che avevano già una dimora. Le religiose vollero però costruire un monastero accanto a Montalto, e edificarono un convento che conobbe periodi di grande floridezza.

Via Dina e Clarenza, 16 | Visite: sabato dalle 10 alle 15 e domenica dalle 12 alle 18

 

24. Teatro Vittorio Emanuele II 

Il primo dei teatri ottocenteschi di Sicilia, sorge tra la via Garibaldi e il corso Cavour, costruito per volere di Ferdinando II di Borbone tra il 1842 e il 1852. Venne realizzato su progetto del napoletano Pietro Valente in stile neoclassico e inaugurato nel 1852. In origine fu chiamato Teatro Elisabetta dal nome della madre del re, poi, dopo l’impresa garibaldina in Sicilia cambiò il nome nell’attuale in omaggio al primo re d’Italia. L’esterno ha conservato intatta la sua originaria struttura con il portico d’ingresso a tre arcate sulla cui sommità svetta il gruppo marmoreo “Il Tempo che scopre la Verità e Messina” dello scultore messinese Saro Zagari che ha realizzato anche i bassorilievi della facciata. A inaugurare il Teatro, il 30 marzo 1870, fu Marie-Louise-Emma-Cécile Lajeunesse, giovane soprano canadese, nome d’arte Emma Albani, che interpretò il ruolo di Amina ne La Sonnambula di Vincenzo Bellini. La volta del Teatro è decorata con la grande pittura eseguita da Renato Guttuso, che raffigura la Leggenda di Colapesce .

Via Pozzo Leone, 5 | Visite: sabato dalle 10 alle 15 e domenica dalle 12 alle 18

25. Vecchie carceri del Castello di Rocca Guelfonia 

Sono le vecchie carceri del perduto Castello di Matagrifone o di Rocca Guelfonia, la cui fondazione come struttura difensiva sulla città e sul porto – su una collina dominante il centro storico – affonda nelle origini di Messina. C’è chi sostiene sia stato costruito o rinforzato da Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra, in viaggio nel 1190 verso il Santo Sepolcro, per tenere a freno i “Greci” messinesi che non vedevano di buon occhio la sua presenza in città (MataGriffones significherebbe ammazza Greci). Residenza regale nel XV secolo, teatro della disperata resistenza dei cittadini durante la rivoluzione antispagnola dal 1674 al 1678, bombardata a più riprese tra il Settecento e l’Ottocento, poi devastata dal terremoto. Nel 1838 l’antica fortificazione fu trasformata in prigione per ospitare i detenuti fatti sloggiare dalla struttura abbattuta per fare posto al Teatro Santa Elisabetta, oggi Teatro Vittorio Emanuele. Della vecchia fortezza rimangono la Torre poligonale restaurata dopo il sisma con l’iscrizione del XV secolo e resti imponenti delle mura insieme all’ingresso cinquecentesco della fortezza, ancora oggi visibile in via delle Carceri, che si presenta come un portale monumentale a bugne sormontato da un mascherone. Nonostante un decreto del Ministero della Pubblica istruzione del 1925 avesse posto sotto vincolo i resti della Rocca, si procedette a una quasi totale distruzione dell’area su cui nel 1937 fu inaugurato il Sacrario di Cristo Re.

Sacrario Cristo Re | Visite: sabato dalle 10 alle 15 e domenica dalle 12 alle 18

 

26. Villa Cianciafara 

Filippo Cianciafara, raffinato fotografo e incisore, nacque e visse tra queste mura e tra questi giardini, condividendo la propensione all’arte e alla natura  dei suoi più celebri cugini: Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Lucio Piccolo. La dimora venne edificata alla fine del Settecento su un preesistente edificio medievale. È uno dei pochi edifici del suo tempo che si presenta pressoché intatto, come dimostra la disposizione di ambienti e spazi. Originariamente la dimora doveva essere destinata alla produzione agricola, con l’edificio padronale circondato dalle case coloniche, il lavatoio, il palmento e il frantoio, il magazzino per il vino e il forno, la cappella, le ville di diletto, il pergolato e, infine, defilati nei pressi dell’orto, la stalla e il fienile.

Via Comunale Zafferia, 17 | Visite: sabato 10-15 e domenica 12-18

 

27. Villa De Pasquale

Uno spaccato di quella Sicilia in cui l’imprenditoria illuminata si fondeva con una concezione armonica di sviluppo delle risorse naturali, in cui si riteneva che l’arte fosse essenza, e non ornamento. Dopo decenni di completo abbandono, la villa liberty di Contesse è finalmente tornata a risplendere l’anno scorso.

E sembra quasi di vedere Eugenio De Pasquale – imprenditore che lavorava agrumi e gelsomini per farne essenze – aggirarsi tra i giardini di questo luogo in cui doveva essere sempre estate. O per le stanze della villa, che riecheggiano di suggestioni di pittori antichi. Basta chiudere gli occhi per vedere all’opera le gelsominaie, che lavoravano proprio nel giardino della villa, raccogliendo i preziosi fiori nei loro grembiuli di lino, attente a non intaccarne i petali. Una realtà che sembrava eterna, ma che venne spazzata dal terremoto del 1908, insieme alla famiglia De Pasquale.

Via Marco Polo, 266 | Visite: venerdì 22, sabato 23 e domenica 24 10 -18 

 

28. Villa Pace Sanderson e Museo Fotografico

Un giardino romantico in riva allo Stretto, che accolse tra i suoi ospiti più celebri il Kaiser Guglielmo II e i reali di Casa Savoia. Villa Pace racconta di una Messina ricca e dolce, di una borghesia cittadina operosa. Il complesso nacque nel 1817, con l’arrivo dell’imprenditore britannico William Sanderson. Furono molte le famiglie inglesi che tra Otto e Novecento decisero di trasferirsi in Sicilia, attratti da quella che ai loro occhi era una prodigiosa estate perenne, ma anche dalle opportunità economiche. Sanderson si specializza infatti nel commercio di estratti agrumari, e fa della villa lungo la “strada al faro” l’espressione della propria prosperità. Opulenza, però, mai pacchiana: Franz von Wantoch Rekowoski, diplomatico tedesco e fidanzato di Luisa Leila Sanderson, ricordando i suoi soggiorni, definì questo posto incantato “un luogo dell’anima”.

Via Consolare Pompea | Visite: venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18.

 

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