MESSINA. Nuova puntata per la telenovela che vede protagonista il villaggio “Le Rocce” di Taormina: con un atto di indirizzo datato 18 maggio, il sindaco metropolitano, Rentato Accorinti, ha dato mandato al dirigente dei Servizi tecnici generali della ex Provincia di Messina, di “avviare nel più breve tempo possibile la procedura per acquisire le manifestazioni di interesse alla valorizzazione del compendio immobiliare”.

Il complesso, in passato simbolo della “dolce vita” taorminese e poi finito in abbandono, era uscito dall’oblio il 18 novembre del 2016, quando la stessa Città Metropolitana, gestita allora dal commissario Filippo Romano, aveva affidato il villaggio in concessione gratuita, per un periodo di 99 anni, alla Fondazione Fiumara D’Arte del mecenate di Tusa, Antonio Presti, intenzionato a realizzare un museo naturalistico sul mare, un vero e proprio laboratorio di progettazione aperto a tutto il mondo dell’arte,  Un provvedimento che, però, era stato impugnato subito dopo da La Pineta Sport Managment srl, con un ricorso dapprima rigettato dal Tar di Catania e accolto nel gennaio scorso dal Consiglio di Giustizia amministrativa. Una sentenza che aveva costretto la Fondazione a restituire gli spazi.

La Pineta, in passato, Sport Management Srl, società che aveva proposto la realizzazione di una struttura alberghiera di lusso nel villaggio di Mazzarò, con relativo project financing. Un progetto di riconversione che era stato bocciato in precedenza dall’Urega (Ufficio regionale per l’espletamento di gare per l’appalto di lavori pubblici), con conseguente decisione della Città Metropolitana di non dare seguito all’iter a suo tempo avviato dalla Provincia di Messina, che prevedeva l’assegnazione quarantennale delle Rocce.

Fra i motivi della sentenza del Cga, la concessione dell’affidamento senza gara, che violava “le più elementari regole di concorrenza di derivazione eurounitaria, come anche dei principi di evidenza pubblica”, la durata del comodato, giudicata “eccentrica”,  e “la gratuità solamente apparente dello schema di contratto”.

Dalla lettura dello schema di contratto – si leggeva nella sentenza – “se ne ricava più di un’affinità tra questa operazione e la concessione in project financing che non è stata aggiudicata. Il che, se non rende per ciò sola illegittima e ingiustificata la scelta di non aggiudicare la seconda, avrebbe dovuto indurre l’amministrazione a procedimentalizzare qualunque via percorsa in alternativa, ovvero in sostituzione; seguendo quindi modalità più trasparenti, rispettose dei principi generali che governano la materia dei contratti pubblici”.

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