PALERMO. Dopo l’incontro con il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, l’assessore alla salute Ruggero Razza ha voluto chiarire in una conferenza stampa alcuni dei punti presi in considerazione dall’ente nella divisione dell’Italia che ha relegato la Sicilia in zona arancione. Durante la conferenza ha anche anticipato quelli che saranno alcuni degli argomenti che verranno trattati domani in una riunione con il Ministro della Salute Roberto Speranza.

I criteri presi in considerazione dall’Istituto Superiore di Sanità nella divisione delle regioni italiane sono, secondo quanto affermato da Razza in conferenza stampa, divisi in gruppi.

Un primo gruppo si baserebbe sulla capacità di monitoraggio del virus. Il minimo per considerare la prova superata è il 60% in quattro diversi gruppi di analisi, nei quali la Sicilia ha ricoperto il 90%, 99,9%, 100%, 99,1%.
“Quindi- afferma l’assessore- nessuno degli indicatori sulla capacità di monitoraggio è stato preso in esame negativamente”

Un secondo gruppo riguarderebbe la capacità di accertamento diagnostico quindi “come il virus si va espandendo sul territorio”. In questo caso viene preso in considerazione l’aumento del numero dei positivi sul totale dei tamponi effettuati, che come ha affermato Razza: “al 25 ottobre era il 7,9% e cresce un po’ in seguito arrivando al 9,4%. In altre regioni  la percentuale di crescita è più alta”

Viene poi tenuto in considerazione anche il personale sanitario (da chi si occupa del contact tracing, a chi lavora nei laboratori  fino alle risorse umani) presente sul territorio. Il rapporto deve essere 1 professionista ogni 10mila abitanti. Secondo quanto affermato dall’Assessore alla Salute: “La Sicilia ha una rilevazione di 1,2 quindi non c’è carenza strutturale”

Altro elemento preso in considerazione dall’Istituto Superiore di Sanità riguarda “la trasmissione del virus e la tenuta dei sistemi sanitari”. Razza controbatte alla decisione anche in questo caso mostrando come i dati presi in analisi dall’ente corrispondano al 25 ottobre, quando l’indice r.t. era a 1,42 (contro quello di altre regioni, che superava anche il 2) e che “nei giorni successivi l’indice ha anche segnato un calo”

Preso in analisi anche il tanto discusso tema dei posti letto. Il report dell’Iss relega la Sicilia in zona arancione anche perchè il dato di occupazione dei posti letto sarebbe in pericolo. Questo sempre secondo la rilevazione fatta sui dati del 25 ottobre ma: “a quella data le terapie intensive siciliane avevano un’occupazione del 15% e il tasso di occupazione in area medica era dello 0,19% -ha commentato Razza- Con l’aumento dei casi si arriva a un indice di occupazione del 19% che comunque non tiene conto del piano di sviluppo approvato pochi giorni fa

Un altro punto preso in considerazione dall’Istituto e polemizzato dall’Assessore siciliano alla Salute è poi legato alle zone rosse “deunciate” in Sicilia, a questo Razza ha aggiunto l’importanza di uno screening mirato “È corretto ed è giusto effettuare operazioni di screening sulla porzione di popolazione che si trova in situazione di fragilità? È più utile andare a cercare il virus e provare ad anticipare o diventa una colpa farlo?

“Ho chiesto al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro se queste misure fossero state le uniche adottate ai fini della decisione dell’indicazione della Sicilia come zona arancione -afferma Razza- mi è stato detto che questo sistema non è l’unico previsto e intervengono altri due criteri, indice r.t e la classificazione del rischio. Ma se la classificazione del rischio è quella da scenario 3 in funzione dell’ r.t. attendo sapere perchè è stata presa in considerazione solo la Sicilia. In questo momento la lettura dei dati non può essere affidata alla libera interpretazione di qualcuno e anche di questo parleremo domani con il Ministro Speranza.”

“Il sistema -ha concluso Razza- non ha difficoltà superiori ad altre regioni, se l’indice di posti letto ci porta al di sotto dei parametri, se la diffusione del contagio c’è ma ci sono anche azioni di screening, la decisione che è stata assunta appare difficilmente spiegabile dal punto di vista tecnico e scientifico. Non sta a me valutare la classificazione del rischio però ho il diritto di chiedere che il metodo sia uguale per tutti”

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