MESSINA. Segni evidenti di tortura. Nei polsi soprattutto, ma anche nel resto del corpo. Appena sbarcato sullo Stretto, Amir li ha mostrati subito al personale dell’Asp presente sul posto. Si tratta di un uomo di 55 anni adesso ricoverato al Papardo di Messina. Oltre lo stato di disidratazione dovuto al viaggio, Amir (nome fittizio per non permetterne l’identificazione) ha traumi da percosse diffusi in tutto il corpo, lesioni evidenti di legatura agli arti superiori e inferiori, forse addirittura causati da scosse elettriche. È stato torturato in Libia mentre era detenuto in carcere, questo ha raccontato e denunciato appena arrivato a Messina ai medici e agli agenti della questura presenti ieri al molo. L’arrivo in Sicilia è però per Amir un sollievo ancora da assimilare, parla a stento, rivolgendo lo sguardo altrove, i segni emotivi non vuole mostrarli ancora. Non esita invece a porgere i polsi, perché possano essere fotografati e perché tutti “vedano cosa mi hanno fatto e a mia figlia anche di peggio”, racconta lui, adesso in un ospedale diverso da quello del resto della sua famiglia. Era con loro nel viaggio che lo ha finalmente portato in Italia dopo il terribile passaggio in Libia. Sono lesioni che potrebbero risalire a tre mesi fa, grosso modo, secondo gli esperti. Segni che restano negli occhi che chiude più spesso che può mentre chiede soltanto “dov’è la mia famiglia, fatemi andare da loro”. Ma i medici del Papardo vogliono essere sicuri che Amir stia bene, lo trattengono ancora per verificare che quelle evidenti lesioni non abbiano lasciato complicazioni interne. 

 

 

 

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