MESSINA. Violazione della direttiva relativa alla “conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche”, violazione della direttiva sugli appalti, ed “Esclusione dell’Autorità di regolazione dei Trasporti dalla procedura di approvazione del Piano EconomicoFinanziario“: sono i tre punti sollevati dalla Corte dei conti, rispetto ai quali le spiegazioni della Stretto di Messina Spa sono state considerate insufficienti, per cui i magistrati contabili non hanno apposto la “bollinatura” alla registrazione al Cipess del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina. Ieri sera sono arrivate le motivazioni della bocciatura, in cui si parla, nero su bianco, di “illegittimità ritenute dal Collegio di immediata e decisiva rilevanza”.
Sul primo punto, la violazione dell’art. 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva europea Habitat che rende illegittima la delibera Cipess sul progetto definitivo, la Corte dei conti ha eccepito tirando in ballo la relazione “Iropi” (Imperative Reasons of Overriding Public Interest), che assegnava all’opera valenza strategica. “Trattasi di un passaggio procedurale di particolare rilevanza che ha consentito di superare la valutazione di incidenza ambientale negativa e di proseguire l’iter volto all’approvazione del progetto definitivo senza necessità di acquisire il previo parere della Commissione europea essendo sufficiente, ai predetti fini, la mera informativa”, scrive la Corte, concludendo che “l’iter procedurale osservato non risulta coerente con il riparto di competenze e la doverosa distinzione tra attività di indirizzo politico e attività amministrativa”. Particolarmente rilevante è il passaggio in cui i magistrati contabili sottolineano come “Le assunzioni relative ai diversi “motivi di interesse pubblico” non risultano validate da organi tecnici e corroborate da adeguata documentazione”.
Più sostanziose le lamentazioni sulla violazione della direttiva Appalti (art. 72 della direttiva n. 2014/24/UE), che tirano in ballo il piano economico e finanziario che, tra l’altro, contiene “il costo complessivo dell’opera e le voci di spesa che lo compongono”. Secondo la Corte, va verificata la conformità degli affidamenti al contraente generale Eurolink, di cui Webuild ha la maggioranza, (pari a euro 10.508.820.773), al project management consultant Parsons Transportation Group (pari a euro 289.474.195) e al monitore ambientale, il raggruppamento temporaneo di imprese guidato da Edison Next Environment (pari a euro 43.763.671). Affidamenti che, puntualizza la delibera con un tono piuttosto piccato, “per la prima volta pervengono all’attenzione dell’Ufficio di controllo e della Sezione del controllo preventivo di legittimità”. Su questo si concentrano i rilievi della Corte: i corrispettivi sono supportati solo da un parere legale non allegato in atti, e “in assenza di dati finanziari di riferimento”. I magistrati ritengono ci sia “la necessità di un nuovo confronto concorrenziale”, cioè un’altra gara d’appalto, dato che il costo del ponte è superiore del 50% a quello stabilito prima che nel 2013 la Stretto di Messina Spa fosse messa in liquidazione e tutta l’operazione fosse messa in stand-by. Tra l’altro, “condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero attratto ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione”, non mancano di notare, anche in considerazione del fatto che nel 2003 il ponte era previsto si finanziasse con project financing, con il 40% dall’aumento di capitale della società Stretto di Messina e per il rimanente 60% con finanziamenti da reperire sui mercati, mentre oggi è interamente a carico dello Stato. “La procedura nel 2012 è stata interrotta proprio per l’impossibilità di reperire idonei capitali sul mercato”, annota la Corte, che riserva altri colpi di bacchetta ipotizzando che i tredici miliardi e rotti del costo attuale potrebbero non bastare: “Per completezza ricostruttiva, da ultimo, osserva il Collegio come ogni valutazione in merito al rispetto del vincolo del 50% risulti, allo stato, condizionata dall’incerta definizione dei costi dell’opera. Sotto tale profilo si osserva come detti costi sono in parte meramente stimati e, comunque, non includono alcuni oneri i quali, pur se ricompresi nel quadro economico dell’opera, non sono stati contrattualizzati; tra questi ultimi, rientrano, tra gli altri, i costi dei lavori indicati nella relazione del progettista per 787 milioni di euro.
Il terzo punto sollevato dalla Corte dei conti riguarda l’esclusione dell’Autorità di regolazione dei Trasporti dalla procedura di approvazione del piano economico-finanziario. E i magistrati la toccano pianissimo: “La delibera CIPESS all’esame esclude, espressamente, la necessità di acquisire, nell’ambito della procedura di approvazione del piano economico-finanziario, e con specifico riguardo al sistema tariffario posto a fondamento dello stesso (elaborato sulla base dello studio redatto da una società privata individuata dalla società concessionaria), il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti”. Cosa che, manco a dirlo, viene fatta a pezzi dalla delibera della Corte. Qui entra in ballo la dichiarazione di Pietro Ciucci sui pedaggi, estremamente bassi, cosa che ha suscitato lo scetticismo dei magistrati contabili: secondo quanto dice il Ministero dei Trasporti, “il pedaggio sarebbe, dunque, sprovvisto della sua funzione remunerativa del capitale, essendo configurato esclusivamente quale provvista finanziaria volta ad assicurare la sostenibilità della fase di gestione e come uno strumento di governance pubblica e di attuazione di politiche di coesione territoriale e sociale”. Il che potrebbe essere un bene per gli utilizzatori del ponte: senonchè la Corte obietta che “si tratta di argomentazioni non rinvenibili nella delibera Cipess, introdotte per la prima volta nella fase finale dell’interlocuzione istruttoria, che, in ogni caso, non appaiono coerenti con la previsione di cui all’art. 2, comma 8, lett. c), n. 2, del d.l. n. 35/2023 che, nel definire i contenuti del PEF, prevede che i ricavi complessivi previsti e le tariffe di pedaggio per l’attraversamento del collegamento stabile, pur idonei a promuovere la continuità territoriale tra la Sicilia e la Calabria, siano “in misura tale da perseguire la sostenibilità economica e finanziaria dell’opera”. Poi la ramanzina: “In un contesto connotato da profili di novità, specialità e – da fisiologica – incertezza, l’apporto partecipativo dell’Autorità avrebbe fornito all’istruttoria sul piano economico-finanziario, oggetto di approvazione con la delibera all’esame, un doveroso contributo tecnico“.






