MESSINA. Il pubblico ministero chiede la condanna alla pena dell’ergastolo nel processo per l’omicidio di Francesco La Boccetta ucciso a Messina il 13 marzo 2005  nei pressi dello svincolo di San Filippo. Un delitto interno ai clan mafiosi cittadini già al centro di indagini della Dda che alcuni anni fa portarono all’individuazione di mandanti ed esecutori materiali. Altre indagini nel 2016 allargarono il cerchio dei mandanti. Il processo è nei confronti di Angelo Bonasera e Giuseppe Pellegrino. Per entrambi il pubblico ministero Maria Pellegrino ha chiesto la condanna alla pena dell’ergastolo  con l’isolamento diurno per 12 mesi ai giudici della Corte d’Assise.

 “Qui non siamo solo di fronte alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che potrebbero già ritenersi sufficienti – ha detto il pubblico ministero al conclusione del suo intervento  durato oltre tre ore prima di formulare le richieste di pena – ma ho mostrato alla Corte tutta una serie di riscontri che arrivano da atti e documenti”.  Subito dopo sono cominciati gli interventi della difesa rappresentata dagli avvocati Antonello Scordo, Alessandro Billè e Salvatore Silvestro. Prevista un’altra udienza la prossima settimana.

 La Boccetta, personaggio noto nel panorama della criminalità messinese,  considerato uomo del gruppo Trischitta quella sera stava facendo ritorno in auto presso una casa di accoglienza di Mili superiore dove era ai domiciliari ma con il permesso di uscita. I killer lo sorpresero al semaforo dello svincolo di San Filippo uccidendolo a colpi di pistola. L’omicidio fu l’inizio di una catena di omicidi e ferimenti che insanguinarono la primavera del 2005.

La possibile guerra di mafia fu evitata con le operazioni “Ricarica” e “Mattanza”  condotte da polizia e carabinieri su indagini coordinate dalla Dda che portarono all’arresto di autori materiali e mandanti di altre tre omicidi  ed alcuni ferimenti avvenuti nel 2005.  Alla base dell’uccisione di La Boccetta, come hanno raccontato i collaboratori di giustizia, contrasti interni al clan per la gestione dei traffici illeciti. Secondo i collaboratori, l’omicidio fu deciso in carcere nel corso di due riunioni.

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